Alza lo sguardo, oltre lo steccato.

Il nostro Pil è in crescita. Soffriamo, arranchiamo, ci contraiamo: ma questo avviene se ci consideriamo chiusi nella gabbia territoriale italiana. E invece cresciamo, miglioriamo, creiamo opportunità: se riusciamo a vedere che la nostra economia è quella del pianeta. Questa non è la negazione di una realtà difficile: è una prospettiva per uscire dalla difficoltà.

Le aziende italiane che esportano sono pensate per stare in un’economia che cresce. Quella del Pil mondiale. Il Sole 24 Ore oggi riporta i dati di una crescita che continua. Dai macchinari agli alimentari, le aziende che esportano crescono. E Adriano Moraglio mostra nel suo libro quali sono le imprese che restano agganciate all’economia internazionale.

Questa non è una soluzione: è una prospettiva.

Ma vedendo l’economia in questo modo, cioè considerando prima di tutto il contesto internazionale, si pone il problema in modo che appare almeno degno di una soluzione. Internazionale significa, per l’Italia:
1. trovare chi riconosca il valore aggiunto delle nostre conoscenze, del nostro gusto, della nostra ricerca
2. trovare domanda crescente
3. imparare a stare alle regole, a mantenere gli impegni, a innovare continuamente: perché all’estero e soprattutto per gli italiani non vale la furbizia, non vale la rendita di posizione, vale la capacità di dare valore.

Questa è la strada anche per attrarre investimenti (siamo scesi al livello della Colombia da questo punto di vista). E’ la strada per modernizzare il paese. E’ la strada per comprendere il valore della rete. E’ la strada per acquisire una mentalità cosmopolita, non solo come aziende, ma anche come professionisti, giovani, creativi…

Se ci si svela davanti agli occhi che la nostra economia cresce, allora cominciamo a progettare in modo sensato e vincente. Improvvisamente acquista senso la necessità di apprendere e informarsi seriamente sulle regole, le opportunità, i comportamenti accettabili all’estero. E acquisisce senso informare in modo trasparente e intelligente sulle nostre qualità e i nostri difetti. Perché il valore aggiunto della cultura italiana è tale se è riconosciuto: all’estero è riconosciuto, se è conosciuto.

Agganciarsi con la mente all’economia internazionale che cresce è la premessa per dipingere una prospettiva costruttiva, in base alla quale scrivere progetti sensati e puntare a una nuova forma di prosperità. Coerente con i valori italiani. Che in fin dei conti sono concentrati intorno al tema della qualità della vita, della qualità delle relazioni, della qualità dell’ambiente, della qualità della cultura.

Restare chiusi nella gabbia della nostra piccola e disorganizzata nazione, invece, non fa che aumentare la litigiosità, abbattere la progettualità, definire una prospettiva di declino. Il cui unico effetto è quello di spingere il sistema ad avverare le più negative previsioni.

Se impariamo a vedere che il nostro contesto è quello internazionale, impariamo a riconoscere le opportunità, comprendiamo i nostri difetti e assorbiamo profondamente l’esigenza di imparare a innovare. La globalizzazione è la competizione tra tutti i territori del pianeta. Quelli che vincono valorizzano le loro capacità: per gli italiani si tratta di valorizzare l’unicità di una cultura e di un amore per la qualità che genera valore aggiunto e che si dimostra attraente e riconoscibile. Il nostro punto di vista locale, con una buona dose di umiltà, va superato. Imho.

via blog.debiase.com

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3 thoughts on “Alza lo sguardo, oltre lo steccato.”

  1. Se non fosse che quando ti metti a competere sul mercato internazionale ti scontri con aziende il cui costo della manodopera è un decimo e con regimi fiscali molto più favorevoli di quelli che abbiamo in italia, dove per lavorare non devi avere decine di consulenti, dozzine di permessi e di pratiche burocratiche (e alla fine, in ogni caso, essere sempre certo che ci sia almeno qualche normativa che stai violando).
    Quindi, se alzi lo sguardo e vedi cosa c’è oltre lo steccato non ti limiti a guardare ma lo salti e vai a vivere dall’altra parte, dove potrai fare impresa molto meglio.
    Ed è proprio quello che sta succedendo… in italia rimangono solo quelli che lavorano sul territorio (magari spostando comunque gli utili altrove, se sono abbastanza grossi da poterselo permettere) e i pensionati (anzi, nemmeno tutti i pensionati visto che alcuni preferiscono percepire la pensione italiana ma vivere altrove, dove vale molto di più.. e quindi non rientrano nella nostra economia nemmeno le loro spese).

  2. Ma sarà un testo recente? Credo che chiunque sia oramai già arrivato alle conclusioni di Stefano Bagnara e abbia tanti esempi in merito.
    Senza offesa, ma mi sembra un post al massimo del 2007.

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