Il futuro della disabilità

Ricevo da Luca Spaziani un suo bel contributo sul futuro della disabilità che pubblico volentieri e che vi invito a leggere.

IL FUTURO DELLA DISABILITA’

di Luca Spaziani

Innanzitutto ringrazio Stefano per aver accettato con entusiasmo la mia proposta di ospitare sul suo blog un contributo in merito ad un argomento del quale non è mai facile trattare. E proprio da questa considerazione vorrei partire.

Per qualcuno, infatti, parlare di futuro della disabilità potrebbe suonare strano: i “futuri” che Stefano ci ha presentato nel suo libro si riferiscono ad ambiti che socialmente hanno una connotazione neutra o positiva.

La disabilità, inutile nasconderlo, è un qualcosa che nel comune sentire suscita emozioni e sensazioni negative o reazioni quali paura, rifiuto, compassione e imbarazzo.

(clic per continuare)

Accostare ciò che a pelle vorremmo veder scomparire dalla condizione umana ad un’idea di futuro può apparire stridente. Eppure, razionalmente, tutti sappiamo che per quanti progressi la scienza potrà compiere nel campo della prevenzione e della cura, non è possibile ad oggi immaginare un mondo, nemmeno nella sua parte più avanzata, senza persone colpite, anche solo temporaneamente, da una qualche limitazione delle capacità fisiche o psichiche.

Ciò che dovremmo cercare di fare, quindi, è riflettere su cosa vuol dire essere disabile oggi, almeno nel mondo occidentale, e cosa potrebbe voler dire domani.

Scopriremmo allora come negli ultimi 30 anni la tecnologia abbia contribuito in modo determinante a migliorare le condizioni di vita delle persone con handicap, tanto da portare ad una ridefinizione della nozione stessa di disabilità. Un cambiamento radicale e ancora in pieno svolgimento, del quale non è ancora possibile comprendere del tutto le ricadute. C’è ancora molta distanza tra le opportunità che le persone disabili hanno all’interno e grazie alla dimensione immateriale e le barriere di ogni tipo (fisiche, sociali, culturali, legislative etc…) nelle quali si imbattono ogni giorno nella dimensione materiale. A causa di questo, molto del potenziale offerto dalla tecnologia rischia di rimanere inespresso o poco sfruttato, e chissà ancora per quanto tempo. Forse fino a quando la dimensione immateriale (nella quale, come vedremo, i disabili si sentono proprio agio) non sarà divenuta predominante nella vita di ciascuno di noi. Oggi non è ancora così. La dimensione fisica suscita un’attenzione maggiore anche agli occhi del Legislatore: mentre, ad esempio, la legge n. 13/1989 sulle barriere architettoniche impone il rispetto di vincoli perentori in fase di costruzione e ristrutturazione di tutti gli edifici, la legge n. 4/2004 sull’accessibilità dei siti Internet si limita a dare disposizioni riferite ai soli portali delle pubbliche amministrazioni o di soggetti che offrono servizi di pubblica utilità. Peraltro non è previsto alcun tipo di sanzione effettiva in caso di inadempienza e nulla viene imposto ai soggetti privati (aziende, banche, digital store etc…) se non la possibilità di esporre un logo di accessibilità qualora il sito rispetti determinati requisiti.

Quello della disabilità è però uno degli ambiti nei quali la politica, almeno quella delle Dichiarazioni e delle grandi istituzioni internazionali, sembra aver dimostrato di compreso meglio il cambio di prospettiva in atto e ha tentato di dettare la linea. Nella Dichiarazione Universale Onu dei diritti delle persone con disabilità del 2009, ad esempio, leggiamo che essa è “il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e

barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”.

Qualche anno prima,

Qualche anno prima, nel 2001, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel formulare la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), era stata se possibile ancora più netta definendo la disabilità come “una condizione di salute in un ambiente sfavorevole”. L’Oms ha elencato una serie di fattori ambientali che possono influire sulla disabilità come elementi “facilitatori” se contribuiscono a ridurne gli effetti o “barriere” se invece li amplificano: al primo posto figura proprio la voce “prodotti e tecnologie”. Se ve ne sono a disposizione in abbondanza tanto da poter scegliere quali utilizzare, se l’ambiente circostante è “digital oriented” e “digital friendly”, se le persone che circondano il soggetto disabile sono tecnologicamente alfabetizzate, queste condizioni semplificano la vita dei disabili; se le tecnologie scarseggiano, se il disabile è costretto a vivere in un ambiente analogico, ciò diventa una barriera che aggrava il peso della sua minorazione.

Siamo di fronte ad una vera rivoluzione copernicana: non c’è più la persona disabile al centro ma la società tutta, chiamata a sentirsi in parte responsabile, nel bene e nel male, di una determinata situazione di handicap. Una visione totalmente nuova, nella quale la tecnologia ha un ruolo fondamentale.

Ma come e perché la tecnologia può essere un fattore così importante tanto da determinare la misura di una disabilità?

Fondamentalmente mediante l’azione di tre fattori che, mescolati tra loro, formano un mix vincente:

la disponibilità di ausili tecnologici specifici e diversificati per ogni tipologia di disabilità, in grado di rispondere efficacemente ai bisogni derivanti da un determinato handicap

una maggiore sensibilità da parte dei colossi di Internet nei confronti degli utenti con disabilità, che ha portato alla messa sul mercato di dispositivi già di per sé accessibili grazie ad accorgimenti tecnici o software specifici preinstallati (tutti i dispositivi Apple, ad esempio, sono immediatamente utilizzabili dai non vedenti poiché hanno a bordo il sistema VoiceOver che vocalizza tutto quanto riportato sullo schermo e consente l’utilizzo del touch screen tramite gesti semplificati)

La diffusione di servizi digitali rivolti a tutti gli utenti ma che per le persone disabili hanno un valore maggiore perché le abilitano a compiere una serie innumerevole di azioni che nel mondo fisico non potrebbero svolgere autonomamente (vedremo più avanti alcuni esempi).

Nei prossimi paragrafi analizzerò alcuni ambiti della vita quotidiana, importanti per ciascuno di noi, nei quali l’innovazione digitale ha permesso alle persone disabili di fare cose che fino a qualche anno fa non avrebbero neanche immaginato di poter realizzare. Proverò anche a dare un’idea di ciò che potrà accadere in futuro grazie ai trend di sviluppo che si affacciano all’orizzonte.

Prima, però, un’ultima premessa: parlare di “disabilità” vuol dire tutto e niente. Sotto quest’etichetta, infatti, vengono ricomprese le limitazioni più diverse e con impatti molto differenti. E’ evidente che la tecnologia può offrire benefici tanto maggiori quante sono le cosiddette “abilità residue” della persona. Ciò non vuol dire che pc e smartphone non possano essere di aiuto anche a persone con gravi deficit cognitivi: essi, infatti, costituiscono degli ottimi strumenti di stimolazione e riabilitazione che possono aiutare, specie se usati in età infantile, a sfruttare al massimo e al meglio le risorse che la persona possiede. Chi fosse interessato ad approfondire quest’argomento può contattarmi in privato ai recapiti indicati sotto.

CONOSCERE

Per secoli e fino a qualche decennio fa l’accesso all’enorme patrimonio del sapere umano è stato possibile solo attraverso pochi canali: o si disponeva di una biblioteca in casa o bisognava recarsi fisicamente in un luogo dedicato alla cultura (scuole, conventi, Università, musei, centri di ricerca etc…).

Ciò era realizzabile solo per un limitatissimo numero di persone, e tra queste non figuravano certamente quelle affette da una qualche menomazione, tenute segregate in casa lontane da tutto e d atutti. In ogni caso, la conoscenza a cui si poteva accedere era molto limitata e circoscritta ad ambiti specifici.

L’obbligatorietà dell’istruzione ha consentito di estendere la diffusione delle conoscenze di base. Grazie a persone illuminate ed Enti caritatevoli, questo ha riguardato anche alcune categorie di disabili come i ciechi e i sordi che grazie all’invenzione dell’alfabeto Braille e della lingua dei segni, fin dalla seconda metà dell’Ottocento hanno potuto aver accesso ai saperi minimi insegnati loro all’interno di scuole speciali.

Nel corso del Novecento sono arrivati i media di massa che hanno portato la cultura (almeno quella popolare) e l’informazione nelle case di tutti. Ma anche questi mezzi, per un motivo o per l’altro, non sono accessibili a tutte le persone con disabilità, specialmente sensoriali. Limiti evidenti riguardano anche la fruizione della carta stampata (con i dispositivi analogici per trascrivere un quotidiano in Brille occorrerebbe un mese!).

E’ solo l’avvento di Internet che, come ben sappiamo, ha reso l’accesso alla conoscenza universale e dunque finalmente accessibile anche ai portatori di handicap che possono così studiare e informarsi esattamente come gli altri.

Ciò è possibile grazie a due caratteristiche proprie del digitale: la multimedialità e la versatilità, che consentono di accedere ad uno stesso elemento informativo in diverse modalità. Mai era stato possibile prima d’ora.

Così, ad esempio, un non vedente tramite uno specifico software denominato screen reader (lettore di schermo) può leggere un articolo di giornale in Braille tramite un apposito display che riproduce i caratteri in rilievo, ma può anche decidere di ascoltarlo tramite sintesi vocali dalle voci sempre più “umane” o, se ha un residuo visivo sufficiente, leggerlo a caratteri ingranditi.

Una persona sorda può “leggere” in tempo reale un discorso o una lezione grazie ad un software di riconoscimento vocale che traduce in testo le frasi pronunciate, può guardare qualsiasi film grazie a sistemi automatici di sottotitolazione oppure imparare moltissime cose guardando dei tutorial su Youtube.

Pensiamo poi a quante cose può apprendere un disabile con difficoltà motorie senza muoversi da casa sua facendo corsi online, assistendo a videoconferenze o visitando le gallerie dei musei più belli del mondo grazie alla realtà virtuale.

Consultare una voce di Wikipedia, sfogliare un ebook, scorrere le notizie dell’Ansa, sono tutte azioni che oggi possono compiere anche persone completamente paralizzate o bloccate a letto, grazie a potenti sensori che rilevano gli stimoli più disparati (battito delle palpebre, soffio, piccoli movimenti del capo o delle dita) e li trasmettono al pc, al tablet o allo smartphone come fossero clic del mouse.

Un’evoluzione significativa sta riguardando anche il mondo della scuola: da anni gli studenti disabili, prima dei loro compagni, fanno ricorso a strumenti tecnologici per leggere e scrivere. Ora che si va verso l’adozione di testi e sussidi digitali per tutti, i disabili non possono che essere i primi a trarne giovamento. L’ampia disponibilità nelle aule di dispositivi hardware e software è la condizione fondamentale perché si realizzi quel modello definito di “didattica inclusiva” all’interno del quale ciascun alunno con bisogni educativi speciali (Bes) trova risposta alle sue necessità senza dover uscire dalla classe o seguire programmi differenziati, ma studiando al pari dei compagni sfruttando l’estrema versatilità del digitale. Alcuni esperimenti di successo sono stati condotti anche nel nostro Paese.

Ora che abbiamo (tutti, anche i disabili) lo scibile umano in tasca grazie allo smartphone, è difficile immaginare quali altre evoluzioni potranno aumentare e migliorare ulteriormente l’accesso alla conoscenza. Bisognerà piuttosto riflettere sulle implicazioni che queste facilitazioni comportano: oggi i disabili studiano, si laureano, frequentano corsi di specializzazione, dottorati di ricerca, diventano esperti di una determinata materia, e poi? Cos’accade se il mondo del lavoro non è in grado di adeguarsi a quest’evoluzione? C’è il rischio che tutto questo sapere e questo saper fare vadano dispersi…

COMUNICARE

La tecnologia moltiplica le opportunità di comunicazione: è un’affermazione quasi banale, tutti noi lo constatiamo ogni giorno. Basti pensare a quanti canali comunicativi possiamo attivare tramite il nostro smartphone: per dire a qualcuno dove siamo possiamo inviargli una foto del luogo, scrivergli un messaggio, dirglielo tramite messaggio vocale oppure inviargli la nostra posizione. Ben quattro codici diversi per trasmettere la stessa informazione.

Basta probabilmente questo piccolo esempio per capire come quest’abbondanza di soluzioni possa offrire anche ai disabili nuove opportunità di interagire con gli altri: all’interno di una gamma così ampia di scelte una persona con una specifica minorazione troverà quasi certamente una forma di comunicazione adatta alle sue esigenze. Con un vantaggio non trascurabile: che questa forma sarà universalmente accettata e condivisa, compresa dal destinatario che potrà utilizzarla per rispondere.

Sistemi come il Braille per i ciechi, la LIS (Lingua Italiana dei Segni) per i sordi, il Malossi per i sordociechi, le tabelle simboliche per le persone con deficit nel linguaggio, sono tutti molto evoluti ed efficaci ma condividono il grande limite di poter essere utilizzati solo tra persone che li sanno decifrare, come fossero dei codici criptati.

Grazie a dispositivi software e hardware specifici, ma anche all’evoluzione e moltiplicazione dei canali comunicativi, il digitale consente di abbattere queste barriere permettendo ad una persona disabile di comunicare con chiunque e in mille modi diversi. Può accadere anche che il destinatario di un messaggio non sia nemmeno consapevole di interagire con una persona con disabilità: per accedere a Facebook, Twitter o LinkedIn un utente non vedente non deve certo dichiarare la sua condizione, a meno che non abbia voglia di farlo. Gli utenti che interagiranno con lui, infatti, non avranno idea, né forse interesse, di sapere se stia utilizzando lo smartphone toccando un display Braille, ascoltando una sintesi vocale o leggendo a caratteri ingranditi.

Il massiccio ricorso alla comunicazione scritta e per immagini ha aperto nuove vie di comunicazione alle persone sorde, che grazie ai sistemi di riconoscimento vocale possono anche partecipare ad una conversazione al bar con gli amici leggendo sullo schermo del telefono ciò di cui si parla. I sistemi di riconoscimento automatico delle immagini, sempre più evoluti anche grazie agli investimenti di colossi come Facebook, consentono alle persone con problemi di vista di avere anche una descrizione del contenuto delle foto postate dagli amici.

Le vecchie tabelle simboliche o alfabetiche di plastica, utilizzate da persone con deficit comunicativi, sono dapprima state caricate su comunicatori elettronici realizzati ad hoc (ne vediamo un eccellente esempio nel film La teoria del tutto sulla vita dello scienziato Hawking), mentre oggi sono mostrate sugli schermi di normalissimi pc e, grazie a sofisticati sistemi di interazione, possono essere utilizzate come fossero una tastiera tramite la quale poter scrivere mail, navigare su Internet e interagire sui social.

Queste opportunità hanno ricadute enormi per le persone con disabilità perché consentono loro di interagire alla pari con tutti, non solo con persone colpite dalla stessa minorazione, familiari o operatori specializzati come accadeva in passato. Ciò migliora notevolmente il loro livello d’inclusione sociale e fa sì che possano avere un ruolo attivo nella società come mai era accaduto nella storia. Ecco perché urge un cambiamento culturale radicale, capace di riprodurre questi mutamenti anche nel mondo fisico.

Tutto ciò che espanderà e moltiplicherà le nostre capacità comunicative non potrà che favorire chi ha difficoltà ad esprimersi e interagire con l’ambiente esterno. E il meglio, forse, deve ancor venire.

LAVORARE

La digitalizzazione di molti mestieri e la nascita di nuove professioni strettamente legate al digitale aumentano le possibilità per i disabili di inserirsi nel mondo del lavoro.

Non più solo centralinisti o fisioterapisti: oggi i non vedenti possono programmare, scrivere per il web, tradurre, occuparsi di marketing e comunicazione. I sordi possono fare i grafici pubblicitari, i web designer, gli insegnanti. Le persone con deficit di linguaggio possono scrivere libri, gestire database, fare gli artigiani digitali.

Ma è proprio nell’ambito lavorativo che si registra il divario più grande tra ciò che la tecnologia consentirebbe di fare e ciò che realmente accade: uno scenario legislativo basato su un modello assistenzialista ormai superato, una crisi che non induce i datori di lavoro a lanciarsi in nuove sfide come l’assunzione di un disabile, una classe dirigente ancorata a stereotipi e vecchi schemi di pensiero, sono tutti elementi che rendono molto difficile per un giovane con disabilità trovare lavoro.

Bisognerà mettere mano a questo quadro per rinnovarne almeno gli aspetti su cui si può intervenire subito e cogliere quanto prima le opportunità del cambiamento: la virtualizzazione di processi lavorativi e decisionali, lo smart working, l’eliminazione dei vincoli spazio-temporali, faranno sì che una persona con disabilità, senza bisogno di spostarsi (non tutti i giorni almeno) né di adattamenti costosi e ghettizzanti, potrà lavorare dall’ambiente che preferisce e con sempre meno strumenti fare sempre più cose.

E’ bene ricordare, comunque, che digitale non è sinonimo di accessibile: il ricorso alla tecnologia nello svolgimento di una mansione non la rende in automatico praticabile per i disabili. Saranno richiesti alle aziende preparazione, investimenti e attenzioni particolari. Ma potrebbe valerne la pena.

ABITARE

La casa è forse il luogo nel quale assisteremo ai maggiori cambiamenti nel prossimo futuro con l’introduzione di dispositivi e impianti che la renderanno sempre più intelligente e connessa. Per molti si tratta di una novità, per alcuni lo è solo in parte: in molte delle abitazioni di persone con mobilità ridotta, infatti, dispositivi a controllo remoto e sistemi domotici più o meno evoluti sono presenti già da tempo. Fin dagli anni Ottanta aziende specializzate hanno iniziato a produrre ausili che consentissero a persone anziane o comunque con limitazioni nei movimenti di gestire la propria abitazione nel modo più autonomo possibile: telecomandi universali per controllare diversi elettrodomestici, sensori in grado di rilevare i parametri ambientali, sistemi programmabili in grado di realizzare una serie di azioni al verificarsi di una o più condizioni (ad esempio: quando apro la porta per uscire spegni tutte le luci e abbassa le tapparelle).

Ora che questi dispositivi cominciano a destare l’interesse anche del grande pubblico, che li vede come comfort utili per risparmiare tempo e migliorare sicurezza ed efficienza energetica, le persone con disabilità possono contare su un’offerta più ampia e a prezzi più bassi. Inoltre, sfruttando la rete Internet, sempre più elementi dell’abitazione potranno essere controllati mediante il solo smartphone e, si spera, tramite una sola App, il che faciliterà le cose per le persone con disabilità che non dovranno più utilizzare interfacce anche molto diverse tra loro.

COMPRARE E PRENOTARE

Fare acquisti nel mondo fisico significa mettere in atto una lunga serie di azioni: uscire di casa, andare al negozio, guardare e confrontare i prodotti, interagire con commessi e commercianti, prendere la merce, pagare e tornare a casa. A ben vedere si tratta quindi di un’attività che comporta l’utilizzo di quasi tutti i nostri sensi e la piena mobilità degli arti, tanto che una limitazione ance di lieve entità alle nostre capacità motorie o sensoriali impedisce di compiere quest’azione in piena autonomia.

Fare e-commerce nella dimensione immateriale consente di bypassare molti di questi gesti: si può comprare ovunque ci si trovi, si possono fare domande sugli oggetti via chat, si può pagare digitalmente e l’oggetto arriva a casa. E le possibilità di scelta e di confronto sono infinite. Anche in questo caso, grazie alla multimedialità e all’aiuto di specifici ausili, ciascun disabile in base alla propria minorazione compirà lo stesso processo con modalità diverse. Ma ciò che conta è il risultato finale: aver concluso un acquisto da soli.

Poter comprare vuol dire anche poter prenotare: voli, treni, alberghi, ristoranti, trattamenti, spettacoli, concerti, eventi sportivi, parchi divertimento etc… Ma ecco un altro punto di contrasto tra dimensione materiale e immateriale: se infatti per una persona con disabilità oggi acquistare un biglietto è un gioco da ragazzi, non è altrettanto facile usufruire del servizio prenotato o partecipare all’evento desiderato per la presenza di un gran numero di barriere. Ma i disabili non sono degli sprovveduti e prima di muoversi si informano sull’accessibilità di un luogo, sui servizi di assistenza su cui possono contare, confrontano opinioni e recensioni e alla fine decidono cosa fare.

Ecco perché albergatori, ristoratori, gestori di impianti sportivi e servizi di trasporto, dovranno adoperarsi sempre di più per far sì che ciò che offrono sia accessibile ad un numero sempre maggiore di persone. Non tanto (o comunque non solo) per motivi di carattere morale, ma anche economico: l’Unione europea stima che siano 125 milioni i cittadini europei con bisogni speciali anche solo lievi o temporanei. Sono tutti potenziali consumatori, viaggiatori e turisti, in una parola: clienti.

INTERAGIRE CON BANCHE E PA

Andare in banca o in un ufficio pubblico non è molto diverso dal fare un acquisto: le implicazioni e le abilità fisiche che ci vengono richieste sono simili.

Va da sé, quindi, che il trasferimento nella dimensione immateriale di un numero sempre maggiore di servizi semplifica non poco la vita delle persone disabili. L’home banking ad esempio consente di gestire autonomamente il proprio conto e disporre operazioni sempre e ovunque. Lo stesso vale per i servizi digitali offerti dalla PA, in costante aumento ma certamente ancora estendibili. Si tratta di opportunità che rappresentano un vantaggio per tutti ma per le persone disabili rivestono un’importanza ancora maggiore. Una spinta sempre più forte in questa direzione, unita ad una crescita del livello di alfabetizzazione informatica, può rendere anche questi ambiti della vita molto più smart di quanto lo siano già oggi.

FUTURI POSSIBILI

Finora abbiamo analizzato fenomeni in gran parte già attuali, che subiranno ulteriori sviluppi nel prossimo futuro.

Pensando ad un futuro di medio termine, le novità tecnologiche che si intravvedono e che potrebbero offrire benefici alle persone disabili non mancano: basti pensare alle auto a guida autonoma che potrebbero agevolare la mobilità di chi ha disabilità motorie o sensoriali; o ai progressi in campo sanitario come la telemedicina che consentirà di effettuare diagnosi a distanza senza bisogno di spostare pazienti con gravi invalidità.

L’impianto di protesi e ortesi personalizzate e stampate in 3D si diffonderà su larga scala fino a diventare una prassi. Lo sviluppo della robotica consentirà di automatizzare molti dei movimenti umani e creare arti intelligenti, esoscheletri in grado di restituire la mobilità a persone con difficoltà motorie.

Gli ambienti “a realtà aumentata” saranno a tutti perché saranno caratterizzati dalla presenza di un gran numero di informazioni erogate tramite canali diversi.

Si tratta di un futuro tutto da scoprire nel quale una delle poche certezze che abbiamo è che il concetto di disabilità è destinato a cambiare profondamente.

RECAPITI

Chiunque fosse interessato ad approfondire uno o più aspetti degli argomenti trattati potrà contattarmi direttamente e sarò lieto, per quanto di mia conoscenza, di fornire ulteriori dettagli e riferimenti:

Facebook: Luca Spaziani

Twitter: @luspaziani

LinkedIn: it.linkedin.com/in/luspaziani

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