Sviluppo sostenibile della rete

Questo e’ un altro post lungo, molto denso e sicuramente potrebbe scorrere meglio in lettura. C’e’ qualche amico professionista (un giornalista) che mi da’ una mano a riscriverlo meglio ? ditemelo!.

«lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni
delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le
generazioni future riescano a soddisfare i propri”»

Rapporto Brundtland, 1987

Il concetto di sviluppo sostenibile e’ tradizionalmente associato all’ecologia.

In realtà io credo che ci avviamo, con le modalità di sviluppo attuale, ad una involuzione della rete, come se avessimo fin qui fatto (i pochi che ne abbiamo beneficiato), una scorpacciata di risorse e il futuro sia meno roseo del passato.

Implicitamente ci basiamo tutti su una convinzione: crediamo che il futuro della rete sara’ con maggiore throughput, maggiore ubiquità, minori costi, maggiore diffusione di quanto sia oggi.

Io credo invece che abbiamo accumulato un po’ di rifiuti e che il modello di mercato che oggi abbiamo sia inevitabilmente votato alla tragedia (nel senso greco).

Ci sono alcune considerazioni di base che faccio, ma mi piacerebbe leggere la vostra opinione al riguardo ed eventualmente altre considerazioni (che rafforzino l’associazione rete-ambiente per quanto concerne la necessità di tutela )

Le tecnologie  di rete si concentrano necessariamente su porzioni della stessa; una riduzione dei costi di una porzione della rete implica nel breve-medio termine un aumento dei prezzi del resto della rete.

Per chiarire con un esempio, attacchiamo un ultimo "5 miglia" con wimax-like ad un accesso alla rete fissa a milano e consentiamo di accedere (per servizi di base a prezzi marginali) a migliaia di utenti (non interessati a servizi evoluti, il 60% della popolazione, non si puo’ servire il 100% della utenza di milano); questi disdirranno il loro collegamento alla rete fissa facendo mancare alcuni ricavi (una riduzione tutto sommato marginale).

Ma la riduzione significativa del prezzo marginale ottenuta come effetto della introduzione di una disruptive technology su una parte anche non maggioritaria della popolazione implica una riduzione importante sul prezzo medio dell’operatore ospitante con effetto disastroso sui margini.

Ovvero, una infrastruttura ospitata su una infrastruttura ospitante che consente di ridurre i costi di una porzione della rete da cui dipendono i ricavi dell’infrastruttura ospitante, genera una riduzione della remunerazione della infrastruttura ospitante.

Come dire, tutti quelli che stanno attaccati all’infrastruttura vecchia, per poter coprire i costi, devono pagare di piu’ perche’ alcuni pagano di meno.

Ovvero, per il beenficio dei pochi, la collettività ha dei costi. (certo, se ci fosse un unico operatore di rete all’ingrosso potrebbe spegnere la rete meno efficiente e in modo pianificato introdurre la tecnologia piu’ economica)

Ovvero, una innovazione tecnologica su una porzione del sistema di rete ha delle esternalità a carico del resto della popolazione (come chi butta i rifiuti per strada).

Immaginiamo poi un operatore che faccia pagare un canone per un accesso telefonico wireless wimaxlike che sia il 40% del canone per accesso di rete fissa; l’operatore della rete fissa, se va anche al dettaglio, dovra’ ridurre i suoi prezzi incidendo pesantemente sulle marginalita’ e poniamo scenda al 60% del suo canone precedente.

(Questa dinamica puo’ avvenire anche solo con il pay per use, non necessariamente per il canone.)

Sebbene l’accesso wireless sia locale ad una citta, una riduzione di canoni in una zona praticati dall’operatore della rete fissa, non puo’ non essere adottato anche nel resto del paese, le pressioni politiche in tale senso sarebbero immani. (vi immaginate milano con canone 8 euro e bergamo con canone 15 ?).

Detto in altri termini, l’operatore dominante di rete non ha la flessibilita’ operativa per poter fare pagare tariffe differenziate (come invece possono fare implicitamente i suoi concorrenti che si scelgono dove operare) in quanto in contrasto con il principio di servizio universale.

Se poi guardiamo all’Italia, con la popolazione fortemente distribuita (diverso dagli USA o dalla francia o da UK ..)

Ma fare servizio universale "perdendo" a favore di operatori locali i ricavi delle grandi citta, non e’ economicamente sostenibile senza un innalzamento generale delle tariffe praticate al di fuori di queste "zone fortunate".

In questo scenario, ci saranno le risorse per fare ammodernamento di rete ?

Se chiediamo oggi agli utenti (non ai pochi, alla generalita’, e lo vediamo dalle dinamiche di vendita) se preferiscono pagare 1/3 le telefonate e magari poterlo fare andando in giro per la citta’ o avere un accesso in fibra a 100 Mbps pagando il doppio o il triplo, cosa rispondono ?

Io non ho dubbi.

Basta pensare a cosa avrebbero risposto a questa domanda nel 1900 "volete il sistema telefonoicopagando quello che costa ?" (nessuno poteva immaginare il fax, o internet, o i telequiz, …)

Ci sono decisioni strategiche per il Paese che devono essere frutto di profonda riflessione e non possono essere fatte solo sulla base di dinamiche di mercato. Il mercato poi le sviluppa, ma la decisione deve essere frutto di riflessione (anche Internet e’ nata grazie a finanziamenti decennali del governo USA).

Detto in altri termini, i clienti sono interessati ai benefici di breve termine e quindi la realizzazione di un sistema strategico e’ incompatibile con i costi che gli operatori sono in grado di sostenere in quanto non remunerati dalla clientela, esistendo possibili alternative tecnologiche che soddisfano i loro bisogni "fisiologici" a costi  marginali.

Non si puo’ vivere di solo cioccolata..

Ovvero, la rete, sebbene di proprietà  di soggetti privati, e’ un bene per la collettività ed i suoi sviluppi devono essere stabiliti in base all’interesse generale e non solo in considerazione di dinamiche di settore. I costi relativi a questi sviluppi devono essere distribuiti sulla generalita’ dell’utenza.

Se e’ vero come e’ vero che il sistema TLC è di base alla economia, non puo’ essere pensato  e riferito unicamente sulla base di dinamiche di settore  ma sulla base di strategie di sistema.

Le dinamiche di settore, se lasciate a loro stesse ed alla scelta dell’esigenza momentanea dell’utente, porterebbero inevitabilmente al minimo comune denominatore di servizio; la Legge di Moore assicura che si puo’ avere la cioccolata che costa sempre meno.

Ma non si puo’ vivere di sola cioccolata..

Personalmente, quindi, credo proprio che la politica DEVE tornare ad occuparsi di strategia delle TLC.

Si faceva cosi’ con le tariffe approvate dallo stato che finanziavano gli sviluppi, quando avevamo in Italia la quinta multinazionale di TLC al mondo, che vinceva premi, sviluppava tecnologie, non aveva debiti… nel 1997.

Riassumo gli elementi, che secondo me vanno considerati, per un Sviluppo Sostenibile della Rete:

  • Innovazioni tecnologiche disruptive applicate localmente ad una porzione della rete generano esternalità non locali  (chi scarica in falda inquina piu’ estesamente)
  • Non è accettabile socialmente che un sistema generale come la rete venga meno al principio del servizio universale (l’acqua deve esserci ovunque a qualita’ sufficiente)
  • L’evoluzione tecnologica impedisce lo sviluppo di strategie di medio periodo a favore di soluzioni tecnologiche de minimis (non si fanno volontariamente investimenti a favore dell’ambiente)
  • Le dinamiche di settore TLC sono contrarie agli interessi generali di medio-lungo termine del Paese (preservare l’ambiente e’ interesse generale).

Io credo sia abbastanza per dire che bisogna mettere mano ad un ripensamento strategico del sistema di TLC, e che bisogna farlo in fretta..

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6 thoughts on “Sviluppo sostenibile della rete”

  1. Stefano, il post è davvero pesante: un “buon” pugno nella pancia per chiunque abbia a cuore l’innovazione. Ci devo pensare un po’ di piu’. Per adesso ti dico che mi riporti in mente la “distruzione creativa” di Schumpeter. Il quale, come sai, affermava che il capitalismo si rinnova per onde lunghe intermittenti di progresso tecnico, che ri-plasmano il modo di fare industria e business. Non c’è dubbio che i cicli alla Schumpeter siano sempre più rapidi e frequenti dalla fine del secolo scorso. Le TLC sono alla vigilia di questo nuovo tipo di cambiamento strutturale, ma ciò è vero anche nelle nanotecnologie e nelle bio-tecnologie, per molti versi. Il capitalismo si adatterà, vedrai,…anche Schumpeter come Marx non ci ha azzeccato sul declino e/o sul crollo del sistema per via dell’automatico sviluppo delle forze produttive. A noi che viviamo in mezzo a queste crisi (dovute, in fondo, al progresso tecnico) tocca di aguzzare l’ingegno. Bisogna trovare nuovi modelli di business compatibili con una maggiore democrazia economica, battere i monopoli e garantire pluralismo: uno scherzo mica da niente! A presto.

  2. Ocio che questi sono sistemi a rete. I due pensatori che citi non avevano idea delle dinamiche di questo genere..
    io penso che la strada sia come con l’olio usato: il consorzio obbligatorio per gli operatori. Tradotto: One network partecipato dagli operatori..

  3. Stefano,
    il tuo post non è denso è piombo liquido!
    se ricordi abbiamo parlato di sviluppo sostenibile prima delle vacanze, tu maggiormente focalizzato rispetto alle infrastrutture io maggiormente preoccupata rispetto a mantenere un ambiente comune dei contenuti. Ma in questo campo contenuti e infrastrutture marciano insieme.
    Come dici tu non si può vivere di sola cioccolata. Io aggiungo: solo un numero ristretto avrà strumenti per approvvigionarsi di questa cioccolata il resto della popolazione non solo non avrà la cioccolata ma vedrà venir meno anche il pane a sua disposizione.
    Nei contenuti è avvenuto questo.
    Certo che il concetto di sviluppo sostenibile deve essere applicato alla rete, la rete è un ambiente comune e sottintende che la società presidi un uso “socialmente compatibile” e uno sviluppo tale da distribuire i benefici su tutta la popolazione. Ci vuole pensiero strategico.
    I meccanismi alla base della concorrenza e del mercato, sono di tipo darwiniano ossia non sopravvive il migliore ma quello che più velocemente si adatta al contesto. Ossia vince la tattica rispetto alla strategia.
    Se ci pensi bene è lo stesso meccanismo per cui la finanza ha preso il sopravvento sull’economia. La tattica vince sulla strategia e rende questo mondo sempre più virtuale e lontano dalle reali esigenze delle persone.
    Un’ ultima riflessione: chi ha l’obbligo di “servizio universale” non sarà mai competitivo rispetto a chi offre analoghi servizi senza obbligo di servizio universale. Di più: le sue tariffe saranno sempre percepite come “inique” dal cliente.
    E allora che facciamo? torniamo al monopolio? Separiamo gestione della rete e servizi?
    Urge attivare pensamenti e lavoro!

  4. Come si fa a fare il servizio universale sul broadband se esistono concorrenti con coperture geografiche diverse, quindi tecnologie diverse ed economie diverse ?
    io non credo che ci sia il modo di conciliare tutti questi aspetti in un contesto di promozione di concorrenza verticalmente integrata.
    Credo ANCHE PER QUESTO che l’unica strada sia come scrivevo a Saverio, la separazione orizzontale con una rete all’ingrosso, come diceva anche Chirichigno in tempi non sospetti (quando era Amministratore Delegato di Telecom e telecom era una multinazionale, ecc. ecc.)

  5. Michele Favara Pedarsi

    Sono felice di leggere questo post perchè ho potuto apprendere sfumature nuove in un discorso che condivido da tempo al 100% (e convergere su argomenti come questi, con percorsi completamente diversi, è molto indicativo: segni di una maggiore diffusione di questa coscienza). Purtroppo però non vedo le condizioni per ragionare in questi termini e questa cosa mi spaventa un po’.
    Verio: Marx non ci azzeccava perchè metteva al centro di tutto il lavoro, ma prova a rivedere il discorso del crollo in funzione della “paresse”… come ha poi fatto il suo genero Paul Lafargue in “Le droit a la paresse”. Vedi che il crollo non solo è possibile, ma è già in fase avanzata di realizzazione 🙂

  6. La storia insegna che non insegna nulla..
    Sembra che, da quando impariamo a camminare in poi, per imparare dobbiamo sempre prendere delle botte di qualche genere.
    Io credo che la botta finanziaria insegnera’ e che non ci vorra’ molto; bisogna vedere se impareremo in fretta o no..

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