Incentivi alla banda larga ed effetti sull’occupazione

Massimo Chiriatti mi ha mandato questo PDF e questa PPT, che sono molto interessanti.

Vedi sotto una breve spiegazione..

Il primo (PDF) è un articolo di LSE Enterprise  e ITIF (Information Technology and Innovation Foundation) che illustra perchè gli investimenti in infrastruttura ICT oltre a dare una spinta immediata all'economia contribuiscono a creare le basi per crescita economica a lungo termine, guadagno di competitività internazionale ed aumento di qualità della vita.

Il secondo (PPT) è uno studio fatto dallo stesso Massimo Chiriatti su Broadband ed occupazione in Italia. Nello studio viene presentato in modo semplice l'applicazione del modello ITIF per un investimento di 800 milioni di euro nella banda larga.

Grazie allo studio, si capisce come, dall'investimento in questione, si possa generare occupazione per più di 59.000 addetti. Teniamo presente che il "network effect", stimato nello studio a 1, in altri paesi (USA) è stimato ad 1,7, per cui lo studio risulta cautelativo.

Il numero di occupati non va inteso come "nuovi posti di lavoro", bensi' come occupazione in Full Time Equivalents, che puo' tradursi in nuova occupazione, riduzione del numero dei licenziamenti o dei part-time, riduzione del ricorso a sostegni pubblici diretti. In ogni caso, un effetto benefico.

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5 thoughts on “Incentivi alla banda larga ed effetti sull’occupazione”

  1. Condivido l’osservazione e l’analisi di Massimo (che saluto 😉 ); in fin dei conti si tratta dell’applicazione “da manuale” del modello di sviluppo Keynesiano. Oltretutto il caso della banda larga è particolarmente adatto in quanto da un lato è un’utilities di base, dall’altro è un “semilavorato” ideale per fare da speedup a mille altre cose.
    Il punto è quanto “l’azione pubblica” rischia di perturbare il mercato innescando un fenomeno di concorrenza sleale indotta o di riduzione della capacità di competere. Questo “rischio” potrebbe depontenziare se non addirittura “invertire” il benefico effetto secondo Keynes.

  2. Capisco la necessita’ di formalizzare in un documento e in cifre facilmente leggibili le implicazioni di una scelta piuttosto che un altra ma le discussioni che ne conseguono mi sembrano surreali nel loro cercare di spiegare quello che e’ ovvio. Si provi ad applicare lo stesso concetto se si dovessero spiegare i vantaggi della rete telefonica con il vantaggio del senno del poi per immaginare il mondo senza, le dinamiche che ha permesso, i servizi che non esisterebbero (e sarebbero stati impossibili da immaginare) e di come ha condizionato i ritmi e gli eventi di ogni singolo aspetto di quello che siamo come Persone.
    Siamo di fronte a nuovi paradigmi sociali e culturali e stiamo a discutere di quanto l’informatizzazione dei trasporti pubblici permetterebbe di risparmiare su una tratta quando piu’ probabilmente si potrebbe facilmente eliminarne l’80% con una mentalita’ diffusa di telelavoro e commercio online tanto per dimostrare quanto paradossali certi discorsi mi sembrano. La situazione in Italia e’ particolarmente sconfortante: si discute di costruire strade per permettere di andare piu’ veloci e trasportare una quantita’ di beni praticamente illimitata quando solo un terzo possiede un automobile (il terzo che non ha alcun potere decisionale/economico tra l’altro) e la usa per muoversi in ambiti prettamente locali e per spostare enormi quantita’ di rifiuti (la pirateria di contenuti prodotti all’estero come base per la diffusione dell’ADSL). Non e’ possibile costruire servizi quando non c’e’ nessuno in grado di apprezzarli; non c’e’ nessun vantaggio nel costruire un infrastruttura per collegare nullita’ fra loro.

  3. Non sono del tutto d’accordo con il sistema adottato. Definire “posti di lavoro” quelli equivalenti a una generica cifra (50mila? 45mila?) pari al costo del lavoro medio (medio secondo chi? OD&M definisce 50mila euro lordi / anno lRTA di un Quadro, non saranno mica tutti Quadri nel mondo del manufactoring…) è troppo sbrigativo. Se così fosse, cioè che 50mila euro lordi all’anno = 1 posto di lavoro, avremmo una disoccupazione paurosa in Italia.. Credo occorra raffinare questo punto del calcolo, magari facendo riferimento a ULA e Costo Orario, così si può parlare di nuova “occupazione” usando gli stessi parametri di Istat e portando valori corretti nel dibattito macroeconomico sulla crisi.. Interessante comunque il tentativo.

  4. @Dario, ti ringrazio per la precisazione in quanto mi aiuta a dettagliare i dati del modello e delle mie assumptions.
    La fonte del dato cui ti riferisci è il BLS, sempre ricco di informazioni interessanti e complete, ecco il link:
    http://www.bls.gov/oes/current/naics4_334200.htm
    Vedrai che è riportata la paga oraria, il numero degli addetti -per tutte le centinaia di mansioni- delle “Communications Equipment Manufacturing”. Il valore medio riportato per gli USA è $65,140. E’ stata una mia valutazione, basata sui differenziali OECD, sugli inferiori stipendi e un costo del lavoro in Italia più alto, ridurla a 50.000€. Sembra troppo, ma non lo è considerando la media di tutte le occupazioni. Però concordo con te, infatti se avessi preso e semplicemente copiato il costo medio americano ($65,140) le restanti industrie elettroniche in Italia avrebbero già chiuso. Grazie e ciao.

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