Quanto pesa la levy sugli hard disk nella filiera ?

Mi sono chiesto quanto potrebbe essere, molto spannometricamente, l'effetto economico sulle aziende italiane per effetto di acquisti fatti in altri
paesi europei (forse anche San Marino ?) per evitare la levy.

Su internet la geografia è un concetto relativo e in europa si può comprare qualunque bene in qualunque paese, pagandovi l'iva.

Ad esempio, per dei supporti vergini (DVD, CD, ecc.), si possono comprare in germania da Nierle (sito in italiano) e farseli spedire in Italia.

I costi di spedizione sono sostanzialmente gli stessi di spedizione all'interno della Germania basta pagare anticipatamente (se poi non paghi, per un tedesco recuperare i soldi in italia e' un problemino… (se proprio vuoi pagare dopo, sono 3 euro in piu' rispetto alla spedizione in germania))

La levy sugli hard disk, c'e' in Italia ma non c'e' negli altri paesi, per cui quello sarà un differenziale di prezzo a carico dei soli acquisti in Italia.

A quanto mi è stato detto, la levy è applicata ai
produttori e importatori, per cui il ricarico che faranno distributori e
retailer ci sarà anche sulla levy. Una levy all'origine di 20 Euro puo' diventare cosi 30+ Eur al consumatore. (un ipotetico PVR che costasse 236 euro in italia, ne costerebbe 204 all'estero; un incentivo notevole a fare shopping all'estero!).

Scrive il report di Casaleggio e Associati sull'eCommerce 2009

La maggior parte degli operatori di e-commerce italiani sta sentendo una pressione competitiva da parte di operatori stranieri sul mercato italiano. La ragione principale (24%) è dovuta alla legislazione europea ancora molto poco omogenea soprattutto in termini di IVA e di costo del lavoro che permette ad aziende estere di essere molto competitive in termini di prezzo.
Gli esercenti esteri beneficiano inoltre di un mercato locale spesso più grande del nostro che gli permette di avvantaggiarsi di economie di scala per tecnologia e promozione.

Il 58% degli operatori italiani sente la pressione dall'estero.

Lo scontrino medio per l'ecommerce di elettronica nel 2008 e' stato 236Euro e il numero di ordini >3,2 milioni, per un totale di 755 milioni di euro. La crescita 08/07 è stata il 31%; la stima per il 2009 era +24%, ovvero circa 950Meur; ipotizzare 1,1miliardi nel 2010 mi pare ragionevole.

Possiamo pensare che su 4,6+ milioni di scontrini di ecommerce di elettronica di consumo (stima con gli stessi trend di crescita) 1 prodotto su 6 sia comprato all'estero a causa della levy ? (basta che si sparga la voce…imho)

Sarebbero 766.000 pezzi, a 236 Euro cad. che sarebbero 180Meur di ricavi; circa 1/3 di questi importi sarebbero ricavi di distributori e retailer italiani pari a 60Meur.

Se distributori e retailer recuperassero margini "leviati" per 60M, riducendo il personale (non specializzato, penso a commessi e magazzinieri) sarebbero piu' di 2.000 persone. Dello stesso ordine di grandezza del numero di persone che, secondo il Corriere della Sera, vivono di diritto d'autore.

Il tutto molto a spanne, ma giusto per capire l'ordine di grandezza…

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10 thoughts on “Quanto pesa la levy sugli hard disk nella filiera ?”

  1. vincenzo vicedomini

    Questo ragionando sui prodotti di elettronica di consumo, personalmente trovo profondamente stupido finanziare la levy anche quando la pubblica amministrazione compra un pc o un server per erogare servizi ai cittadini/contribuenti che pagano un ulteriore balzello alla faccia di qualsiasi taglio di spesa pubblica.
    Comunque sono curioso di vedere anche i risvolti in ambito dei sistemi di protezione dalla copia, mi auguro che qui in Italia software, titoli Multimediali, etc. siano venduti con sistemi che ne consentano la copia personale o di riserva, riconosciuta, tra le altre cose, per legge!

  2. beh però devi considerare anche un pò di evasione degli obblighi da parte dei retalers italiani, ad esempio negli anni 2001 e 2002 (mi riferisco a questi anni per mia esperienza personale) le DVcam in Italia costavano lo stesso che all’estero ma venivano con il video-in bloccato appunto per evitare tassa sui videoregistratori. Per avere il video-in bisognava rivolgersi all’estero, fare lo sblocco in proprio, oppure … c’era un italiano online che te le mandava a casa comunque già sbloccate.
    diciamo che il danno di questo tipo di discriminazioni fiscali stanno non solo dirottare fatturato all’estero, ma anche nel distorcere il commercio a favore dei retailer più spregiudicati, che è peggio, credo.

  3. C’è di mezzo anche la nuova normativa IVA. Non l’ho ancora studiata bene e non è (sorpresa! sorpresa!) nè chiara nè completa, tuttavia pare che il consumatore finale che acquista all’estero da un’azienda priva di rappresentanza in Italia potrebbe accedere a prezzi comunque più bassi.
    Insomma questa storia non solo arriva nella fase di mercato sbagliata, ma fa pure riferimento ad un mercato tutto entro i sacri confini che oggi non esiste più. Il consumatore finale potrebbe acquistare all’estero quasi senza accorgersene, semplicemente cercando il prezzo più basso.
    P.S.: anche in Spagna c’è questa tassa (“el canon”, qui http://www.todoscontraelcanon.es/ per info). Ricordo che per acquistare un hard disk SATA a prezzo più basso ho dovuto portare fisicamente un PC privo di disco in negozio…

  4. Quando ho chiesto a Paltrinieri di incentivare detassando l’ecommerce italiano (proprio per favorire l’effetto contrario di attrarre compratori dall’estero) ha risposto: ah, si, l’ecommerce… Quando arrivera’ il vero ecommerce in Italia ci sara’ un altra ecatombe e un altro pezzettino di Italia morira rumorosamente. Comprare online sta all’acquisto in store come l’mp3 sta al cd.

  5. piccola annotazione. In Francia le chiavette usb con levy costavano meno di quelle italiane senza levy. Quali margini sono statio realizzati tra il 2004 e il 2010 dalle multinazionali che vendevano in Italia prodotti più cari rispetto alla Francia. Visto che si parla sempre e solo dei prezzi dei cd non sarebbe male posri anche questa domanda invece di sostenere presunti danni alle imprese di high tech

  6. “Levy”? E` cosi` che parlano oggigiorno gli itagliani?
    Lo ask perche’ e` da molto time che ho lasciato il terzo mondo
    itagliano. Non che mi piacciano granche’ gli eccessi di sciovinismo
    francofono che si ostina a tradurre anche byte o il computer. Pero`
    inglesizzare anche i termini di uso comune, quelli associati a
    concetti che non abbiamo dovuto importare, mi pare molto
    berlusconiano.
    L’italiano pre-berlusconiano era un ignorante che non sapeva parlare
    l’inglese; oggi l’italiano post-berlusconiano, continua a non sapere
    parlare l’inglese ma, in piu`, non sa parlare la propria lingua.
    L’inglese va imparato per non farsi rubare 13 euro di trasporto dalla
    Nierle, non per fare servilismo culturale.
    “Capisci?”
    (Come direbbe il malavitoso cockney che in Italia non e` mai stato.)

  7. @Enzo Mazza: Sì, sì, quali utili! Quali utili!
    Anche considerando che “in Italia l’incidenza effettiva delle imposte sull’utile lordo è (per le PMI, non ho i dati per le multinazionali) del 49,31%, mentre in U.S.A. è del 38,95% e in Germania del 27,61%.” [Fonte: API – “Analisi della pressione fiscale reale sulle PMI” – 2008].
    Oppure considerando che in Italia il mercato dell’hardware in Italia è calato del 15,7% nel 1 semestre 2009 [Fonte: Rapporto Assinform – confronto 1H2008-1H2009].
    Forse l’impostazione è corretta: se uno resta in un mercato con queste caratteristiche o è un criminale o è un pazzo e in ambo i casi non merita di essere “non penalizzato”. Meglio che i soldi vadano tutti a chi, salvo “incidentini” finanziari, li sa gestire meglio. Anche se, forse, non li sa produrre con il *proprio* lavoro.

  8. Sig. Bread: l’usare termini in inglese e’ il prezzo da pagare per cercare di uniformare le discussioni intorno ad un vocabolario comune. L’economia, come la tecnologia, e’ materia internazionale e mettersi a combattere con interpretazioni tra 5 diverse traduzioni della stessa parola mi sembra controproducente. Capisc??

  9. vincenzo vicedomini

    posto qui, visto che l’argomento prosegue sui costi, anche se su un tema diverso dall’altro post.
    mi sono ricordato di un articolo letto su PI qualche anno fa e che ho ripescato:
    http://tinyurl.com/yllrsvt
    vedendo la pagina SIAE dedicata alle pratiche di rimborso dell’equo compenso, mi sono soffermato su questa dicitura relativa ai supporti acquistati dalle imprese per la memorizzazione dei propri dati:
    cit. ‘si impegni a consentire alla SIAE l’esercizio dell’attività di controllo sulla corretta utilizzazione, per fini diversi dalla “copia privata”, dei supporti vergini per i quali richiede il rimborso del compenso per “copia privata”; ‘
    Ovvero, dovrei consentire ad un “estraneo” l’ispezione di luoghi anche riservati (es. laboratorio informatico) in cui si producono tecnologie (magari coperte da segreto industriale), lì dove normalmente entra solo l’autorità di P.S. dietro mandato di un giudice, per giunta senza avere garanzie formali scritte di riservatezza garantite da un NDA !
    Poi: la pubblica amministrazione scarica o non scarica la levy ? Esiste un modo per saperlo ?
    Sarebbe interessante, da contribuenti, saperlo, non trovate ?

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