Google ha pubblicato questo: Google Public Policy Blog: Making Copyright Work Better Online.
Marco Pancini di Google ha scritto nella mailing list di Nexa questo:
Riteniamo infatti che il sistema di "notice and take down" (segnalazione e rimozione) introdotto negli Stati Uniti con il Digital Millenium Copyright Act e in Europa con la Direttiva sul Commercio elettronico (D.Lgs 70/2003) sia il modo migliore per combattere il fenomeno della pirateria: in conformità con queste leggi, Google risponde velocemente alle richieste di rimozione e lavora costantemente allo sviluppo di nuove procedure e strumenti con i quali affrontare questo grave problema.
I cambiamenti che annunciamo oggi sono 4, e saranno implementati nel corso dei prossimi mesi:
1. Daremo seguito alle richieste di rimozione per motivi di copyright entro 24 ore
2. Impediremo che i termini strettamente associati con attività di pirateria elettronica appaiano su Autocomplete<http://www.google.com/support/websearch/bin/answer.py?hl=en&answer=106230>
3. Miglioreremo le procedure di revisione antipirateria di AdSense
4. Faremo sperimentazioni su come rendere le preview di contenuti autorizzati piu' direttamente accessibili sui risultati di ricerca.
Stavolta, la critica ragionata non la faccio (solo) io, ma attingo alle parti con cui concordo di quanto è girato in lista di Nexa, cercando di sintetizzare:
Paolo Brini di scambioetico si dice deluso perchè dice che il Notice & Takedown, dopo 12 anni, si puo' dire che ha fallito. Aggiunge:
Applicare una pessima legge americana nell'Unione unilateralmente come attore privato, all'interno di un quadro regolatorio che non la prevede, é un passo che considero profondamente errato perché peserà molto, vista l'importanza primaria di Google nel panorama delle UGC platforms (oltre che in tutti gli altri settori), nel processo di revisione del quadro stesso e potrebbe favorire l'inclusione di questa disposizione sgangherata e fallita.
Ricorda Paolo che non è vero che la direttiva sul Commercio Elettronico preveda il "notice and takedown"
Il "notice and takedown" funziona così: chi si ritiene titolare del diritto su un contenuto avverte il gestore della piattaforma della presenza di questo contenuto e il gestore della piattaforma lo puo' rimuovere, anche senza l'ordine di un giudice. In linea teorica il gestore della piattaforma potrebbe anche non rimuoverlo, ma in questo caso egli (gestore) non può piu' beneficiare delle esenzioni di responsabilità. Quindi di fatto, salvo rari casi, viene tolto.
Il problema sorge quando chi afferma di accampare diritti, invece, non li ha. Ci sono stati casi divertenti di gente che si e' fatta un indirizzo mail finto, accampando di essere una fondazione titolare di diritti di autori morti da secoli che hanno scritto a delle piattaforme affermando di essere titolari dei deiritti (che in realtà sono nel pubblico dominio) e queste, per proteggersi, li hanno rimossi (come si fa a sapere che chi scrive e' veramente chi dice di essere ?). Ma ci sono anche casi in cui la titolarità è dubbia, come ad esempio se di un'opera vengono fatte parodie, citazioni, cronache, ecc. che sono tutti usi legittimi di contenuti protetti da diritto d'autore.
La direttiva sul Commercio elettronico prevede l'esenzione di responsabilità per chi, gestendo una piattaforma, non è a conoscenza di materiale che viola il copyright di qualcuno. La semplice presenza di un contenuto sospetto non è sufficiente a fugare i dubbi di cui sopra per cui un gestore di una piattaforma, nell'ordinamento italiano, per non avere responsabilità deve…
b) non appena a conoscenza di tali fatti [presenza di informazioni illecite sulla sua piattaforma], su comunicazione delle autorita' competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.
Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, Articolo 16, ed anche
a) ad informare senza indugio l'autorita' giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attivita' o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della societa' dell'informazione;
b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorita' competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l'identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attivita' illecite.
Articolo 17, come ricordato da Alessandro Mantelero.
Insomma, che il "notice and takedown" sia presente nella direttiva commercio elettronico, come afferma Marco Pancini, è falso.
Marco è persona molto esperta ed accorta, se scrive questo, sapendo di scrivere una palla, ha una ragione, un incarico "aziendale" di farlo…
ad esempio, il "notice and takedown" prevede che sia chi si lamenta della violazione ad indicare puntualmente quale è il contenuto da eliminare. Nella causa Mediaset-Youtube, invece, la presenza di video illeciti è stata accertata con un controllo a campione
Mediaset e i 500M: Vedremo come li metteranno a bilancio – a Quinta 's weblog.
alla data del 10 giugno 2008, dalla rilevazione a campione effettuata da Mediaset sono stati infatti individuati sul sito YouTube almeno 4.643 filmati di nostra proprietà, pari a oltre 325 ore di materiale emesso senza possedere i diritti.
La differenza non è di poco conto. Anzi, su questa differenza ci potrebbe un intero business model…
Vediamo le due versioni:
- Notice & Takedown: a Youtube bisogna dire video per video quale e' illecito
- Direttiva eCommerce: a Youtube il giudice dice "hai dei video illeciti, toglili"
consideriamo questa possibile interpretazione: Youtube è [anche, di fatto] un motore di ricerca che indicizza tutto il video interessante che passa in TV (il lunedi' la homepage è tutta verde dalle partite…), dove gli spider sono gli utenti che digitalizzano e caricano.
I broadcaster che gestiscono servizi di "catch up TV", ovvero la possibilità di rivedere on demand la televisione dei giorni precedenti, sanno che l'80% guarda la TV del giorno prima, il 15% guarda i programmi di due giorni prima, ed il resto si palma sul resto dell'archivio.
se questo è vero, il titolare dei diritti per vedere quali sono i suoi video, per segnalarli a Youtube, ci mette del tempo. Ora che dice a youtube "il video xy e' illecito", anche se Youtube "agisce immediatamente" (come prescrive la norma sul commercio elettronico) per rimuovere questi video, è passato almeno un giorno e l'80% degli utenti interessati nella catchupTV è stato soddisfatto da Youtube.
Ovvero, secondo me è possibile che il meccanismo in atto, con la distribuzione delle responsabilità che sottendono il Notice & Takedown ed il meccanismo di compliance di Youtube, consentono a YT di fare una efficace catch-up TV, in esenzione di diritti, in piena legalità rispetto alle norme USA.
Diverso il caso se un giudice dice "rimuovi i contenuti Mediaset" e la loro individuazione univocamente puntuale spetta a Youtube, da cui, forse, una fonte di incompatibilità con le norme attuali europee…
Passiamo oltre…
Un altro Marco, l'avv. Scialdone scrive
Mi chiedo peraltro quale sia il comportamento che Google/YouTube debba assumere in caso di counternotice posto che l'istituto non trova albergo nel nostro panorama normativo.
In particolare mi chiedo quale sia a quel punto la collocazione giuridica di Google/YouTube qualora decida autonomante di ripristinare un contenuto perchè a seguito della "notifica" della counternotice al soggetto che ha effettuato la segnalazione quest'ultimo non si pronunci in alcun modo.
A mio avviso non ci sarebbe dubbio che da quel momento in poi (rispetto a quel particolare contenuto) YouTube operi come content provider e non come mero hosting provider.
ovvero, se a seguito di una"notice and takedown", il soggetto che si è visto rimuovere il contenuto fa una "counternotice" ovvero una sorta di appello al gestore della piattaforma (ad esempio gli dice "è parodia") e quello fa un "putback", ovvero un ripristino del contenuto, il gestore della piattaforma che fa queste scelte puo' insistere a sostenere di non avere responsabilità editoriale ?
Hanno detto tutto loro.
Io invece ho scritto a Marco Pancini sul punto 4
come prima cosa ti esprimo simpatia e solidarietà, probabilmente non c'è posto piu' in trincea del tuo, di questi tempi, un po' come in microsoft tempo fa.
ti è già stato illustrato cosa si intende con questa frase ?
4. Faremo sperimentazioni su come rendere le preview di contenuti autorizzati piu' direttamente accessibili sui risultati di ricerca.
io sarei portato ad interpretare che..
- "piu' direttamente accessibili sui risultati di ricerca." significa o implica "in maggiore evidenza"
- "preview" non capisco a cosa si riferisca, forse le 3 righe del contenuto ? [che vengono mostrate nei risultati delle ricerche]
- "contenuti autorizzati" mi pare implchi una autorizzazione che, se è una cosa nuova, da sperimentare, non puo' essere l'assenza di robots.txt (il modo attuale per gestire l'autorizzazione), quindi un procedimento nuovo per cui alcuni contenuti saranno "autorizzati" diversamente da altri.
il mio blog sarà autorizzato come panorama/espresso ?
potresti spiegare cosa significa questa frase ?
Risponde Marco e commento io (in mailing list, trascritta e resa piu' leggibile qui):
Credo ancora che ci siano molte peculiarità nel nostro approccio:
molti nostri prodotti di punta sono open source (Chrome e Android su tutti);
la portabilità dei dati per i nostri utenti è un valore assoluto per noi (DLF);
la concorrenza è sempre ad un click di distanza.
questo va assolutamente riconosciuto. aspettiamo quando lo staff di Facebook comincerà ad essere attivo in Italia… 😉 (anche se io non sono un vero utente facebook…)
La frase significa che lavoreremo per rendere l'offerta di contenuti legittimi online sempre piu' prominente. Esempio cerco Negramaro su Google, trovo in modo chiaro ed evidente i link su dove acquistare la loro musica online.
non è il mio caso, perchè non tratto musica.. 😉
ma se io parlassi di musica e avessi un blog che parla di Negramaro, un blog oggi molto popolare (ipotizziamo), un blog che oggi fosse nelle prime posizioni in homepage dei search results, questo significa che domani potrei avere sulla pagina, in maggiore evidenza rispetto al mio blog, i venditori di musica ?
altra sottodomanda, il criterio di ranking degli N venditori di musica, si sa già se sarà basato su una algoritmica tipo quella che sottende le ricerche o se sarà piu' basato su un meccanismo tipo inserzioni a pagamento ?
è chiaro che io, da utente appassionato, ho un piu' un timore di uno snaturamento da "engine" di ricerca a "catalogo" …
La risposta, prossimamente su questi schermi, appena disporrà di precisazioni, ammesso che le possa anticipare.
A mio avviso vanno fatte alcune precisazioni di carattere giuridico.
E’ errato dire, come ha detto Pancini, che il sistema di “notice and take down” sia stato introdotto in Europa con la Direttiva sul Commercio elettronico (D.Lgs 70/2003) perchè come detto da Bruno Saetta in questo suo intervento
http://blog.quintarelli.it/blog/2010/03/circa-il-recepimento-della-avmsd-aka-legge-romani-migliorata-ma-ce-un-bug-nel-testo.html?cid=6a00d8341c55f253ef0120a8fb8810970b#comment-6a00d8341c55f253ef0120a8fb8810970b
la procedura disciplinata dalla dir.2000/31/CE è diversa da quella americana.
Tuttavia il risultato, in termini pratici, del “notice and take down” (segnalazione e rimozione) introdotto negli Stati Uniti con il Digital Millenium Copyright Act, si può ottenere ugualmente nel nostro ordinamento interno (in virtù delle clausole di salvaguardia degli artt.12, 13 e 14 della dir.2000/31/CE che consentono agli Stati membri di disciplinare autonomamente le modalità specifiche di attuazione delle norme della direttiva, armonizzandole con quelle di diritto interno) invocando il meccanismo della chiamata in garanzia da parte di Google del terzo “notificante”. E’ quello che sostenevo nella parte finale di questo mio intervento:
http://blog.quintarelli.it/blog/2010/03/circa-il-recepimento-della-avmsd-aka-legge-romani-migliorata-ma-ce-un-bug-nel-testo.html?cid=6a00d8341c55f253ef0120a8fbd752970b#comment-6a00d8341c55f253ef0120a8fbd752970b
E’ chiaro che la scelta di Google di cautelarsi è giustificata dai motivi espressi da Bruno Saetta a questo link:
http://www.brunosaetta.it/diritto/ma-google-ha-ragione.html
Non c’è da stupirsi quindi se la soglia di tutela viene anticipata da Google nelle condizioni generali di contratto dei propri servizi (liberamente accettate dagli utenti al momento dell’iscrizione agli stessi servizi) per prevenire futuri contenziosi che potrebbero pregiudicare sia la propria sfera patrimoniale che quella di propri utenti poco avveduti (con ricadute negative su Google stessa in termini di credibilità e reputazione fra i propri utenti). Il rischio concreto è quello, come dice Scialdone, di perdere la veste virginale di “hosting provider” e di assumere quella di “content provider” con tutto quel che ne consegue.
Onestamente, mi manca un “perchè” in senso temporale.
Sarà perchè con il recente “oscuramento” di alcuni siti di mera ricerca .torrent l’utenza ha percepito anche un’ingiustizia nel lasciare online il *massimo esponente* di tale ricerca ? (il punto 2 mi sembra calzi)
Sarà perchè come riportato da http://tinyurl.com/2f9rhgt BigG pare stia ultimando i suoi servizi di storage online? (ma la “beta” non era GoogleDrive ?)
E’ curiosa la coincidenza del post in concomitanza dei su citati avvenimenti.
anche a me il punto 4 lascia perplesso. se Google sa di avere contenuti “non autorizzati” deve rimuoverli. se non sa di averli, vorrei sapere come fa a penalizzarli.
sul fatto che Chrome e Android siano open source, non capisco cosa c’entri con il resto del discorso.
E’ sempre molto divertente leggere questi dibattiti. Se si chiudono i siti tramite magistratura o la GdF arriva a casa di un ragazzino che fa p2p, allota siamo alla criminalizzazione eccessiva. Se una piattaforma collabora attivamente in forma extra giudiziale,b non va bene lo stesso… Se l’agcom ipotizza il blocco di IP e DNS dei sitoi apriti cielo. Ma ditelo che volete la pirateria indiscriminata come modello di business e non facciamoci piu’ pippe inutili…
@Enzo Mazza: la cosa che colpisce, in quella vicenda, è la chiusura di un sito di mera ricerca in cui compaiono elenchi e non contenuti, il tutto trattato con sistemi automatici, proprio come fa bigG.
Ma non credo sia questo il punto e penso di non aver mai personalmente tenuto gli atteggiamenti da lei citati.
Per quel che mi riguarda, mi riferisco al fatto che Google il 7 c.m. presenterà ufficialmente i suoi nuovi pupilli, ovvero il suo browser Chrome e ,soprattutto, il suo sistema operativo per Desktop/Netbook che pare(condizionale d’obbligo visto che di ufficiale c’è poco o nulla) sia particolarmente indicato per il mercato dei netbook con cui intende bissare il successo che Android ha riscosso su piattaforma smartphone.
I netbook equipaggiati con Chrome OS avranno un cordone ombelicale con le Google Apps integrate da uno storage erede di GoogleDrive e, se non erro, di un apposito GoogleStore.
Personalmente notavo che l’imminente lancio di servizi storage, correlato agli altri annunci riportati da Stefano, porti inevitabilmente ad una rivisitazione della TOS e dei metodi con cui l’engine presenta i risultati delle ricerche (magari bandirà il termine torrent dai suoi suggerimenti) con ovvie rassicurazioni ai detentori di I.P. che potrebbero associare i suoi servizi di storage a quelli tipo megaupload rapidshare e simili.
Tutto qui.
@enzo mazza: non mi sembra che qui si stia discutendo del principio, sacrosanto, della difesa del diritto d’autore, ma di misure pratiche che, con questo principio, non sembrano avere eccessivamente a che fare.
Molti hanno sollevato dubbi sull’utilità pratica del punto 1. Io li solleverei anche sui punti 2 e 4 che, da un punto di vista tecnico, mi sembrano deboli e non credo che indirizzino veramente il problema del diritto d’autore:
“2. Impediremo che i termini strettamente associati con attività di pirateria elettronica appaiano su Autocomplete”
Quali sarebbero questi termini così pericolosi da dover essere messi nella black-list dell’autocomplete? “Torrent” e “Pirate Bay”? In che modo una tale black-list dovrebbe proteggere il diritto d’autore?
“4. Faremo sperimentazioni su come rendere le preview di contenuti autorizzati piu’ direttamente accessibili sui risultati di ricerca.”
Una cosa del genere si può realizzare in due modi: basando il proprio algoritmo su una definizione di “contenuto autorizzato” (quindi tutto il resto è non autorizzato) o, viceversa, su una definizione di “contenuto non autorizzato”.
La seconda via è preferibile ma poco praticabile: se Google sapesse riconoscere in modo automatico i contenuti che infrangono la legge, li toglierebbe/denuncerebbe/etc. e il problema non si porrebbe. Purtroppo questo non è possibile, e allora si fa così:
1. Un contenuto è autorizzato se ha le proprietà A, B, C, etc.
2. Più proprietà ha, più “authoritative” è (e, immagino, va su nei risultati di ricerca)
3. Caveat: un risultato con poche o nessuna proprietà non è “pericoloso/malevolo”, semplicemente non va su.
PS: il punto 3 è importante. Non sia mai che si insinui che Google penalizza. Google non penalizza nessuno, al massimo “premia” qualcuno.
quali sono queste proprietà? A naso, un venditore di musica è più “autorizzato” del sito sui Negroamaro di Stefano, ma allora il sito della Emi (per dirne una) potrebbe essere più “autorizzato” del sito del venditore indipendente e allora…
Insomma, ci siamo capiti: qui non si sta parlando di diritto d’autore, ma della possibilità che, con questa scusa, si rendano ancora più opachi di quanto già non lo siano i criteri di ranking che Google usa in tutti i suoi servizi.
@Enzo Mazza
A proposito delle pippe inutili dottamente citate, penso che 12 anni di applicazione negli Stati Uniti siano più che sufficienti a far capire che il notice-and-takedown sia impotente nella lotta alle violazioni del copyright.
Piuttosto, mi ha interessato il commento “pirateria indiscriminata come modello di business”. Se per pirateria intendiamo la condivisione delle opere senza scopo di lucro, vorrei fornire alcuni spunti di riflessione:
– la EMI promuove le opere degli artisti contrattualizzati facendo upload segreti su RapidShare e MP3Tunes
http://torrentfreak.com/emi-promotes-music-on-piracy-haven-rapidshare-101204/
– MediaDefender, presumibilmente su mandato del suo principale cliente del tempo, la RIAA, eseguiva il monitoraggio di reti P2P per capire quali album e singoli conviene promuovere maggiormente per massimizzare le vendite
http://torrentfreak.com/record-labels-use-piracy-data-to-please-fans-070918/
Infine, la cosa più importante, un insieme corposo di studi indipendenti che mostrano come il file sharing privo di scopo di lucro sia benefico sia per gli artisti sia per il mercato:
http://www.laquadrature.net/wiki/Studies_on_file_sharing_it
Saluti,
Paolo Brini
assolutamente no, enzo.
se la magistratura chiude un sito con contenuti illegali, nulla da dire.
di ip e dns critico il fatto che non funzionano (e soprattutto non scalano), chi collabora extragiudizialmente non può dire sono una piattaforma, non ho responsabilità, non con le norme attuali.
Con il mio post,di qualche giorno fa e pubblicato oggi su agoravox.it non ho approfondito molto la questione in termini legali (oggi le leggi in qualsiasi ambito vengono scritte male e le discussioni che ne conseguono sono ancora più assurde) ma non pensate che piuttosto che imprigionare il web con assurde regolamentazioni sia da ripensare il diritto d’autore?
Se Google va su questa strada non avremo più un motore di ricerca.
@Gowillywonka
Concordo, riformare il copyright è l’unica strada realistica percorribile a mio avviso, ma l’opposizione da parte di chi ha interessi acquisiti dai privilegi dei monopoli intellettuali garantiti dai governi è fortissima (anzi, le parti tentano di rafforzarlo). Il recente discorso del Commissario Kroes ad Avignone e l’ultimo rapporto WIPO sul copyright tuttavia danno qualche lumicino di speranza. Se si sceglierà, come è stato fatto con ACTA, di rafforzare ulteriormente i metodi di enforcement, a mio avviso non si farà altro che ampliare lo scollamento fra disposizioni di legge (oltre tutto spesso inapplicabili) e realtà. A Barcellona Peter Jenner (mitico ex manager dei Pink Floyd) mi ha detto che non ci dobbiamo fare illusioni, le “major”, che lui conosce molto molto bene, spenderanno fino al loro ultimo centesimo in cause legali e lobby presso i policy maker nel tentativo di rendere l’enforcement del copyright sempre più duro.