Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-01-07 – pag: 11 autore: |
|
di Alessandro Longo Le reti tlc mondiali vanno verso l’era della quality of service. Una nuova fase, in cui gli operatori faranno sì che i propri utenti accedano molto meglio a certi contenuti piuttosto che ad altri. Già hanno fatti passi in questa direzione, tanto che alcuni invocano regole per evitare che la svolta danneggi gli equilibri su cui si sono finora poggiate internet e la concorrenza. «È chiaro lo scenario verso cui stiamo andando – dice Paolo Nuti, presidente di Mc-link (uno dei primi provider internet italiani) – In futuro gli utenti saranno collegati a internet, da casa, attraverso vari canali configurati dall’operatore. Sul primo accederanno all’internet normale. Su ognuno degli altri avranno un accesso dedicato, veloce, a un contenuto specifico, per esempio la tv o Youtube». I canali dedicati sono come autostrade dirette verso quel servizio/contenuto, il cui traffico è regolato quindi secondo i principi della quality of service (qos). Cioè a qualità garantita. Il primo canale segue invece il principio di best effort, quello con cui comunemente ora ci connettiamo a internet: accediamo ai servizi al meglio della banda disponibile, ma senza che l’operatore ne favorisca qualcuno in particolare. Quali saranno i contenuti favoriti e come saranno scelti? Queste sono l’incognite. Dipenderanno appunto da come si svilupperà il dibattito, se regole e istituzioni interverranno oppure no. «Tre notizie recenti ci dicono che sta accadendo una svolta storica – spiega Nuti –. Primo, Google ha chiesto agli operatori di poterli pagare per ottenere in cambio che gli utenti accedano meglio ad alcuni suoi servizi. Secondo, il provider Virgin, nel Regno Unito, ha detto che d’ora in poi venderà accesso solo in base a criteri di qos. Terzo, Telecom Italia ha messo un canale con qos, per la prima volta, nel nuovo listino banda larga all’ingrosso (rivolto agli altri operatori)». È troppo presto per prevedere la portata di queste tre notizie. Non si sa ancora, con precisione, come Google voglia che i propri contenuti siano accelerati, se con veri e propri canali qos oppure no. La tendenza ad avere sempre più canali in qos sembra però inevitabile, perché il traffico sulla rete continua ad aumentare. Diventa sempre più difficile tutelare con il semplice best effort la qualità di alcuni servizi. Prende piede il dibattito su come affrontare la svolta. Secondo alcuni, «bastano le regole che già ci sono e ci penserà l’Antitrust, eventualmente, a rimediare a eventuali distorsioni», dice Tiziana Talevi, responsabile affari regolamentari di Fastweb. Secondo cui sarebbe sbagliato solo se gli operatori si mettessero d’accordo per rallentare l’accesso ad alcuni contenuti. «Qualsiasi offerta di operatori internet che discrimini la qualità di servizi o contenuti di terzi dovrebbe essere sospesa nell’attesa di regole della Commissione europea », dice invece Guido Tripaldi, presidente del consorzio VoIPex e uno dei massimi esperti di qos in Italia. Finora la Commissione si è limitata a dichiarare di stare seguendo attentamente la questione. «Senza regole, gli accordi tra operatori e fornitori di contenuti, sulla qos, favorirebbero troppo i soggetti più forti in entrambi i settori. Per esempio, se Google facesse un accordo simile solo con Telecom, gli utenti degli altri operatori vedrebbero Youtube peggio di quelli di Telecom. Gli equilibri della concorrenza sarebbero alterati». |