Rete Telecom, il modello OpenReach non funziona

Retro Net

Chissà se Franco Bernabè avrà il coraggio di fare la cosa giusta. E, tirato per la giacca nel separare giuridicamente la rete Telecom, deciderà di mantenerla integrata tecnologicamente. In pratica, conferendo a un’unica azienda, societariamente controllata e orientata al wholesale integrato, tutta l’infrastruttura di accesso fisso-mobile che figura sotto l’attuale divisione Network guidata da Stefano Pileri.

Potrà sembrare una proposta indecente, ma si basa su una solida logica industriale. Nessun regolatore lo ha chiesto, e nessun concorrente si è spinto così lontano. Ma ad andare in quella direzione è la naturale evoluzione del mercato e della tecnologia. L’operazione avrebbe anche il non trascurabile effetto di tranquillizzare il mondo politico, da sempre pelosamente attento all’italianità, anche per quanto riguarda l’unica infrastruttura di telefonia cellulare rimasta sotto proprietà tricolore.

L’ipotizzata separazione del solo local loop sul modello inglese di OpenReach avrebbe come effetto certo quello di introdurre grandi inefficienze operative e di fare un passo indietro nell’evoluzione tecnologica e organizzativa, generando forti incertezze sul perimetro ottimale di separazione e su chi debba essere in futuro responsabile degli investimenti sulla rete. La diffusione della banda larga non passa tramite una sola tecnologia, come ha dimostrato il forte sviluppo dei servizi di accesso dati via rete mobile con tecnologia Hsdpa e come si evince dai progetti di interconnessione di punti d’accesso wi-fi sul modello FON supportato da Bt.

È poi illusorio pensare di acquisire l’immunità regolamentare in cambio di un compromesso sulla rete con l’Agcom, come ha dimostrato l’apertura di un dossier autonomo da parte dell’Antitrust di Catricalà. Inoltre il dibattito europeo sul mantenimento della regolamentazione ex ante per l’accesso a rete mobile fa capire che anche le reti cellulari possano rimanere oggetto legittimo di intervento regolatorio, nel momento in cui si evidenza l’asimmetria di condizioni competitive tra i molti operatori di telefonia fissa e i pochi gestori di telefonia mobile.

L’integrazione fisso-mobile è un’evoluzione irreversibile, sia per il mercato consumer sia per quello delle applicazioni business, per la quale Telecom Italia è all’avanguardia nel mondo. Perché gettare al vento uno straordinario vantaggio competitivo, per l’azienda e per il sistema Paese, in nome di un malinteso principio giuridico?

Non si possono celebrare le magnifiche sorti dell’Ict, e poi negare nei fatti le condizioni perché l’intero ecosistema degli attori che utilizza le infrastrutture di Telecom possa beneficiare dell’accesso modulare a tutta la rete. Nell’azienda di servizi che risulterebbe dalla societarizzazione delle infrastrutture di rete, mantenere le competenze It di alto livello consentirà a Telecom di continuare a investire in innovazione, con meno lacci regolatori. Il mestiere di gestire una rete integrata e quello di innovare e offrire i servizi al mercato sono infatti finanziariamente e organizzativamente molto diversi.

Distinte sarebbero le logiche di relazione con i clienti: solo wholesale nella nuova società di rete; retail, business e pubblica amministrazione per la società di servizi. Diverse le competenze distintive: capacità tecniche, ingegneristiche e di manutenzione, nel primo caso; marketing, aggregazione di contenuti e servizi, nel secondo. Infine, le fonti di vantaggio concorrenziale sono bassi costi, standardizzazione e interoperabilità per la società di infrastrutture; differenziazione e innovazione continua per la società di servizi.

Mettere a disposizione in logica wholesale l’accesso integrato a tutte le tecnologie di rete di Telecom Italia può sembrare rivoluzionario. In realtà si tratta di liberare le energie di innovazione e di costituire un laboratorio unico al mondo di integrazione tra tecnologie, anticipando l’inevitabile evoluzione tecnologica e regolamentare in tal senso con un’autonoma decisione aziendale. Bernabè e Galateri, nella loro prima uscita pubblica, hanno parlato di ridare orgoglio e autonomia strategica all’azienda: il mercato aspetta di capire come intendano tradurre tutto ciò in scelte manageriali.

mio commento: io non sono d’accordo, io la rete di accesso wireless me la terrei stretta.