A cosa serve il wimax ?

Scrive Luca:

Il mio pensiero sul WiMAX è che dato l’esiguo spretto in assegnazione e i limiti di capacità per unità radio e BTS non potrà che essere una tecnologia (come Hyperlan2 del resto) per fare piccole coperture. Quindi anti-digitaldivide o zone economiche particolarmente interessati come sostituito di (S|H)DSL.

A questo scopo il modello migliore è quello di avere licenze ad assegnazione provinciale e regionale con un alto punteggio dato dal beauty contest. Solo aziende locali potranno avere la sensibilità di territorio e di tessuto economico per sviluppare velocemente una copertura funzionante, e non fare la fine delle licenze WLL.

Quello che mi auspico è un modello in franchising e/o consortile come successe ai tempi della nascita di Internet commerciale. Mi auguro un operatore nazionale che abbia le capacità organizzative e finanziarie per raccoglie in consorzio o in franchisee tante aziende locali che si occupino del marketing locale, delle installazioni, dello scouting delle zone da coprire e di trovare le location dei siti.

Il WiMAX per non essere un bagno di sangue deve essere gestito localmente.

I clienti potenziali per BTS saranno pochi e gli investimenti dovranno quindi essere bassi: uso di tralicci di privati (usati da radio/TV locali) e accordi locali per marketing sul territorio.

Il WiMax in mobilità a 3.5ghz è una chimera. A 3.5ghz è quasi impossibile entrare nei building con una modulation decente e ci si ridurebbe a offrire un altro clone non funzionante all’UMTS. A 2.5ghz le cose migliorano un pochino ma il problema rimane la scarsa larghezza di banda disponibile.

Cosa ne pensate ?

Andrea, Maurizio, Sandro  ?

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7 thoughts on “A cosa serve il wimax ?”

  1. Condivido pienamente l’analisi. WiMAX come tutte le tecnologie wireless digitali offre interessanti possibilità applicative, ma ha dei limiti imposti dalla fisica, e non ha senso realizzare infrastrutture duplicate in competizione sovrapposta su di un medesimo territorio, così come è impossibile la pianificazione locale da parte di un soggetto nazionale scollato dalle realtà localistiche.
    Oggi viene WiMAX “venduto” in modo molto, troppo demagogico. La panacea di tutti i mali del cosiddetto digital divide. Vista l’assonanza con la familiare, economica e semplice tecnologia WiFi, WiMAX viene percepita come una altrettanto semplice ed economica tecnologia, solo più potente. Non è così.
    Non è WiMAX lo strumento necessario per “portare la larga banda lì dove non è conveniente portarla in rame”. Innanzitutto perchè WiMAX non è propiamente “larga banda” (il termine broadband, oltre che impropriamente abusato, è molto relativo), ed inoltre perchè non serve a “portare” bensì a “distribuire” la banda agli utenti. Nasce infatti come tecnologia di last-mile wireless, in grado di offrire capacità di copertura anche in condizioni di non visibilità ottica tra la BTS e la CPE (cioè tra il “ripetitore” ed il terminale utente).
    Il problema di copertura delle zone marginali deriva dalle distanze di queste dai centri urbani dove la larga banda c’è. Tirare della fibra per tratte di cento o più kilometri non è propriamente economico, e WiMAX è inadeguato per la scarsa capacità in termini di banda e per le distanze effettivamente superabili. In questi casi si usano ponti radio in PDH. La distribuzione locale poi può benissimo avvenire in rame alimentando un dslam xdsl, o wireless usando hyperlan (che costa poco, se vi è portata ottica e bassa probabilità di interferenze) o WiMAX (che costa moolto di più, ma è più flessibile).
    Ma siamo certi che il digital divide italiano è un problema esclusivamente infrastrutturale?
    O il D.D. è un problema culturale?
    Ci sono più abitanti nelle zone marginali che non possono, infrastrutturalmente, godere della largabanda (o, meglio, dell’always-on abilitato dalle tecnologie BB) o ci sono più abitanti, che so, a Roma, che pur potendo sottoscrivere un abbonamento adsl a costi irrisori non lo fanno perchè non capiscono che vantaggio ne avrebbero?
    Purtoppo è vera la seconda.
    imho,
    G

  2. Partendo dal fondo, Guido, sono vere tutte e due le tue ipotesi, esiste sia il d.d. culturale che quello strutturale.
    Anche io sono perplesso per sul Wi-Max come panacea per tutti i mali e sul battage pubblicitario che lo accompagna.
    Non vorrei che ci ritrovassimo con una altro WLL, con licenze acquisite e fatte dormire in un cassetto per non dare fastidio al cavo e all’UMTS.
    Comunque è triste andare in un istituto di credito, parlare con un direttore di banca praticamente coetaneo, spiegargli che stai offrendo connettività wireless al pubblico, che hai bisogno di investire e capire dopo 10 secondi che non ha la più pallida idea di in che cosa consista la tua attività e più in generale sentirlo vantarsi di non sapere usare un pc…

  3. Maurizio, quello della diffusa incapacità delle nostre banche è un problema diffuso e noto, se poi ci aggiungi il fatto che solo recentemente sono passate delle norme per impedirgli le modifiche unilaterali del contratto senza recissione si ha un immagine del sistema bancario veramente inquietante. E’ una delle tante cose che stanno soffocando inesorabilmente l’economia nazionale.
    Tornando al wimax: sono fiducioso che non farà la fine del WLL. Il governo si è preso un impegno preciso da portare a termine entro la fine della legislatura. Se le frequenze verranno assegnate in logica provinciale/regionale e beauty contest c’è già pronto un humus di imprenditori capaci che svilupperano la rete a grande velocità.

  4. Ma, se le aree fossero regionali o provinciali, le regole non sarebbero di competenza di ciascuna regione ? finiremmo per avere 20 criteri di assegnazione differenti, sbaglio ?

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