to PON or not to PON ?

Mi scrive Marco:

Ricordo che in passato avevi espresso opinioni positive riguardo alle reti PON. Non mi hanno mai convinto, e qui ho trovato una chiave di lettura interessante (a parte che scartare l’approccio della rete attiva non dovrebbe essere così facile, se non altro bene o male ha funzionato per fastweb):

http://harmonica.typepad.com/fiberevolution/2007/04/the_point_of_po.html

Che ne pensate ?

If you like this post, please consider sharing it.

16 thoughts on “to PON or not to PON ?”

  1. Questo post non sposta di un millimetro le mie convinzioni.
    l’ipotesi greenfield non è realistica.
    Inoltre, IMHO, c’e’ molto rumore da parte dei costruttori che spingono ciascuno nella propria direzione.
    Quetso post mi pare poi anche un pochino fuorviante in quanto GPON è anch’esso fibra passiva.
    Io non ci credo affatto che ci sia una differenza dell’8%. Soprattutto in termini di opex.
    Io resto sull’EPON.

  2. Il discorso QoS non regge, si veda il supporto ad 802.1p.
    Sul discorso efficenza non ha torto, la codifica 8B/10B di EPON lo rende sensibilmente meno performante rispetto a GPON/GPON-Lite. Dovrei fare dei conti precisi ma per EPON direi un’efficenza del 70% in download e un 60% in up contro il 90%/90% di GPON.

  3. L’articolo in questione, o meglio lo studio francese citato dall’articolo, è molto interessante e a mio giudizio plausibile. Però si deve stare attenti a non confondere i termini attivo e passivo, specie se riferiti direttamente alla rete in generale. Nello studio non è presa in considerazione nessun tipo di “rete attiva”, alla Fastweb per intenderci. L’8% di differenza è fra GPON e E-P2P, cioè fra Point-to-multipoint e Point-to-point, entrambe “reti PASSIVE”.
    Sarebbe stato ancora più interessante se lo studio avesse spaccato i costi non solo fra parte passiva e parte attiva delle reti (passive) GPON e E-P2P, ma anche fra costo del cavo, costo della posa, costo dello scavo, costi amministrativi e burocratici. Va detto che ovviamente in tali reti la parte attiva è minoritaria, anche nel caso di un elevato tasso di penetrazione degli abbonati, e quindi la parte passiva è talmente predominante che meriterebbe un’analisi più dettagliata.
    Entrando nel merito della disquisizione, il punto è che la fibra costa poco ed occupa poco spazio, non ha bisogno di cavidotti particolarmente grandi. In un’ipotesi di progressiva sostituzione del rame, può tranquillamente occuparne le vie cavi per le strade, ma soprattutto negli edifici. Quindi per quale motivo gli operatori dovrebbero castrarsi da soli riducendo il numero di fibre che arrivano alla centrale (se non per motivi anticoncorrenziali, aggiunge malignamente l’autore dell’articolo)?
    Laddove in centrale l’operatore gestisce un doppino in arrivo dall’utenza finale, può con pochi problemi gestire una singola fibra. Casomai potrebbe tornare utile installare gli splitter in centrale per allontanare ulteriormente il punto di entrata nel backbone, ed in ultima analisi ridurre il numero di centrali, ma questo eventualmente è un passo successivo, una ottimizzazione.
    Nell’ipotesi di investimento a lungo termine fatto nell’interesse collettivo, io sono un acceso sostenitore di una rete in fibra point-to-point che ricalchi l’attuale topologia della rete in rame. Ovviamente parlo di fibra monomodale, ricordo che fastweb ha installato negli edifici la multimodale, una scelta che la condanna ad avere equipaggiamenti attivi sparsi sul campo con costi di manutenzione certamente proibitivi in prospettiva, e forse già adesso.
    La domanda è, si può fare in una logica di investimento privato e non pubblico (visto che i soldi scarseggiano e la UE ci mette lo zampino)? Forse si, ci sono strumenti come il project financing che potrebbero rendere fattibile, fissando opportunamente la durata della concessione, che un privato investa nella rete con un orizzonte di lungo termine, ovvero con un interesse che più o meno collima con quello della collettività.

  4. Si, infatti.
    Per Milano stanno penando di passare 8000 condomini in GPON, la ragione non è propriamente tecnologica, da quanto mi risulta.
    Pare che il fornitore sarà Alcatel e pare dipenda in buona misura da questioni occupazionali in Italia.

  5. una connessione ethernet diretta utilizza una coppia di fibre dalla centrale all’utente. per quanto oggi la fibra sia poco costosa il il costo della fibra di una connessione p2p ethernet non è così trascurabile ed è più del doppio di una connessione pon. non va inoltre trascurato il costo delle giunzioni. in una soluzione p2p ethernet un cavo multifibra va dalla centrale ad uno stadio di permuta, solitamente tombinato dove le fibre vengono separate per raggiungere successivi stadi di ripartizione dove ci sono altre giunzioni. nella pon tipicamente le giunzioni sono in minore quantità, sia perchè abbiamo una fibra singola, sia per la topologia dell’installazione stessa. in una pon ben progettata inserire un nuovo utente richiede una giunzione solo sulla parte terminale della rete. in una rete p2p bisogna prevedere molte fibre di riserva lungo l’intera tratta. il tema è comunque lungo da trattare e oggi la topologia pon è molto meno costosa della topologia p2p. se poi consideriamoo che molto presto sarà possibile assegnare su una pon una lunghezza d’onda per ogni utente creando una rete con le stesse prestazioni della p2p possiamo affermare che la p2p non ha poi tutti questi vantaggi e ha sicuramente costi in più.

  6. aggiungo che la differenza REALE tra gpon e epon è minima sulla media della banda trasferita, specie se si parla di ip puro. gpon è molto strutturata per il supporto dei servizi legacy atm e tdm, e guarda caso, è stata sviluppata dopo dieci anni di discussioni (non ancora finite) in ambito itu. chiaro che un downstream a 2,5 gbit è più performante del down epon a gbit. ma, mentre ethernet è nativa a 1 gbit, è meno efficiente mapparla a 2,5. poi i transceiver costano di più e la gente di ieee (che è quella che ha fatto internet) non ci mette dieci anni a sviluppare uno standard (con relative gite per il mondo per le riunioni) e presto avremo le pon multilambda e quelle a 10 Gbit…telecom ha scelto gpon sia per ragioni di sbarramento, sia perchè “dopo dieci anni che partecipiamo alle riunioni di standardizzazione in giro per il mondo non possiamo voltare le spalle alla nostra creatura” (Tilab). ogni scarrafone è bello a mamma sua…comunque noi abbiamo una soluzione p2p a singola fibra disponibile con 1 Gbit di banda bidirezionale per utente.

  7. Ho fatto un pò di ricerche in merito e qualche conto, provo a fare un breve sunto.
    L’argomento prestazioni è assai complesso, occorrerebbe considerare la dimensione dei pacchetti in gioco, l’encapsulation overhead, scheduling oh ecc.
    Consideriamo solo due parametri e per il downstream : encoding OH e framing OH:
    EPON, codifica 8B/10B encoding OH = 20%; framing OH=8%
    GPON( GEM ) , codifica return to zero OH = null; framing OH=8%
    quindi efficenza in download del 72% per EPON, 92% per GPON.
    Da notarsi che i calcoli fatti si riferiscono all’utilizzo di GEM, gpon encapsulation method, e non gpon atm. ( With GEM, all traffic is mapped across the GPON network using a variant of SONET/SDH generic framing procedure (GFP). GEM supports a native transport of voice, video, and data without an added ATM or IP encapsulation layer.)
    A livello di QoS il supporto di GPON mi sembra molto più efficente, ma ovviamente bisognerebbe fare delle prove.
    Non so chi vincerà, forse come in tanti casi non sarà lo standard migliore a dominare ma quello che avrà più mercato, personalmente al momento sceglieri GPON, con split ratio 1:32 che vuol dire 75MB/utente in download,come aggregazione un Huawei’s SmartAX OFA5920 GPON. (Terabit)

  8. Mauro,
    scusami, nel mio post ho dato per scontato che si parlasse di P2P con una sola fibra (es. 100Base-BX10 e 1000Base-BX10 secondo IEEE 802.3ah), ma mi rendo conto che non lo è.
    Che la PON sia meno costosa in molti casi lo posso credere. Forse però non in tutti e non di un rapporto 1 a 2, comunque penso che dipenda molto dalla lunghezza delle tratte prima dello splitter (feeder) e dopo (drop).
    Il senso del mio post precedente è che in un’ottica di investimento di lungo periodo (diciamo almeno 20 anni, ma mi piace più pensare ad un’ottica di 30 o più) diventa importante ed acquisisce un enorme valore la possibilità di avere delle opzioni, di non rimanere intrappolati in scelte tecnologiche di respiro breve. Si potrebbero trovare molti esempi a proposito, ma voglio citare l’esempio dei MUX-UCR. Geniali e convenienti per la fonia, bloccanti per l’ADSL.
    Allora in questo senso il P2P acquisisce il valore aggiuntivo di lasciare molte più opzioni disponibili (ovviamente legate alla fibra). Anche se costa di più, in un’ottica di lungo termine, la rete ha un valore molto maggiore. Fra le opzioni possibili c’è ovviamente anche quella di farne una PON con tratte più lunghe (e con molte meno centrali, peccato che Telecom abbia ceduto gli immobili, altrimenti con il valore di quelle che potrebbe dismettere ci entrava un bel pezzo di NGN), praticamente con il drop che è costituito dall’intero attuale ultimo miglio.
    Ripeto, mi sbaglierò ma credo che laddove ora passa un cavo da 200 coppie di rame può tranquillamente passare un cavo da 288 fibre (lasciandone così anche un bel po’ di ridondanza)

  9. vorrei chiarire che la mia posizione non è di contrapposizione epon-gpon bensì di supporto al ftth contro altre soluzioni “ibride”. per il resto credo sia giusto il pragmatismo. se vogliamo che la ngn parta oggi le economie di scala sono sul lato epon a causa della partenza di molti paesi con questo standard. paesi che proprio per pragmatismo in mancanza di uno standard definito e di economie di scala hanno preferito partire comunque e partire con epon.
    a me quello che infastidisce è la posizione talebana di chi sposa tesi viziate poi da interessi molto privati su una rete che volenti o nolenti è pubblica.
    di conti sull’efficienza di uno standard rispetto ad un’altro (epon-gpon) con risultati favorevoli ad uno o all’altro ne ho visti a iosa.
    mi ha colpito però una valutazione, che devo cercare di ritrovare, sugli spazi e l’energia consumata di una soluzione pon rispetto ad una soluzione p2p. era un bell’articolo che confrontava la soluzione Free in Francia (p2p) rispetto ad una soluzione ftth pon ed evidenziava lo spazio occupato dagli apparati di centrale ed i consumi. è evidente che ridurre il numero di centrali ottimizza i costi, ma molti utenti su una centrale pone problemi di spazio e consumi (e conseguente CO2 emessa). qui pon vince sicuramente.
    purtroppo noi vedremo vdsl e purtroppo ancora un arretramento dello stesso al cabinet stradale con minore banda e problemi a nastro sulla qualità del servizio…
    sul tema cavi, sicuramente al posto del rame passano fibre con un fattore di efficienza maggiore, su un centrimetro di diametro del cavo ci stanno un centinaio di fibre, contro una ventina di doppini in rame. il problema non è la fibra ma il costo della manodopera per le giunzioni.
    mi piacerebbe tanto organizzare una tavola rotonda sul tema, chissà che il paese si svegli!

  10. Giuliano Peritore

    Grazie alla segnalazione di un collega ho potuto leggere questo documento: “Be Careful – Cost Effective Fiber Design Is Not Plug-n-Play! Op-ex versus cap-ex verus Ageing of Fiber over 30 years” (http://gordoncook.net/wp/?p=165)
    L’invecchiamento delle fibre a trenta anni, potrebbe minare la desiderabilità del FTTx per ragioni economiche oppure parimenti le valutazioni in tema di manutenzione ?

  11. l’articolo parla di invecchiamento in modo improprio. la fibra, intesa come materiale, praticamente non è soggetta a invecchiamento nel senso proprio del termine. ovvero non si deteriora. questo nelle normali condizioni di utilizzo e con le guaine integre, specie quelle di ultima generazione costruite con materiali particolarmente resistenti (kevlar). l’invecchiamento di cui si parla nel testo è quello “tecnologico”. di fatto però oggi le fibre di ultima generazione (low water peak) garantiscono una banda passante tale da poter gestire evoluzioni per i prossimi trent’anni. credo che soluzioni più “esotiche” (hollow ecc.) saranno utilizzate gradualmente per il backbone. ma qui stiamo parlando di rete di accesso! e se poi tra venti o trent’anni si vorrà o dovrà rinnovarla dov’è il problema? l’a4 che percorriamo oggi mica ha i guardrail o l’asfalto di 20 anni fa…e molti dei doppini che usiamo oggi non sono quelli originariamente installati. vorrei proprio che qualcuno facesse bene i calcoli di ritorno dell’investimento. ho il sospetto che sia molto più breve di quel che si dice e che il freno alla ngn sia di altra natura benchè mascherato con l’alibi degli investimenti. la realtà è che il mondo tlc sta cambiando e vi è una resistenza, a volte patetica, degli incumbent verso il cambiamento. vi ricordate dei giganti Digital, Univac, RCA, Mostek e molti altri? il mondo cambiava e loro non si sono adattati. sono morti. a telecom manca, secondo me, il coraggio di cambiare, di voltare pagina e affrontare il nuovo. come mai una Ryanair ha una flotta di 120 Boeing 737-800 (altri 161 ordinati, più 137 opzionati) da 189 posti a bordo, fa utili e cresce mentre Alitalia viaggia con obsoleti Super80 che consumano il doppio e perde quantità di denaro mostruose? a voler usare troppo lo stesso vestito questo si buca e alla fine ci rende inadeguati, magari comprandone uno nuovo diamo anche una sensazione di maggiore affidabilità…a volte l’abito fa il monaco.

  12. Arrivo per ultimo, ed in ritardo… mi limiterò a qualche considerazione che spero aggiunga qualcosa all’interessantissimo dibattito.
    Se c’è una cosa che ho appreso lavorando nelle TLC è che il successo di un’architettura dipende dai criteri di gestione della complessità. Ora c’è un modo molto semplice di gestire la complessità nelle reti: stratificare. Ogni strato fornisce un servizio all’altro (OSI), ogni strato incapsula complessità verso l’altro.
    Quello che non amo delle PON e delle strutture passive ad albero (ad esempio l’HFC) è che il lo stato fisico e quello di strasporto non sono sufficientemente indipendenti. Ovvero: le prestazioni ed il protocollo di trasporto di cella o di pacchetto dipendono “direttamente” dalla topologia di rete fisica, all’aumentare delle necessità di banda, specialmente in upload, devi diminuire la ramificazione dell’albero, (aumentando gli alberi) ed il numero di splitter passivi, fino a tendere alla fibra diretta punto-punto.
    Questa logica è giustificata in un’economia di fibra ottica come risorsa scarsa. Ma lo è davvero? E davvero cosi caro renderla invece risorsa abbondante ed economica?
    Se albero dev’essere allora preferisco il Passive CWDM (Coarse Wavelenght Demultimexing Muliplexing) che virtualizza una fibra punto-punto senza nessuna discriminazione sul protocollo di livello 2 supportato. Ciascun operatore potrebbe al disopra metterci Eternet, ATM ESCON, Fiber Channel, ecc.).
    Tra l’altro, come ho già avuto modo di esprimere, ritengo che sempre più la rete di accesso dovrà servire la rete radio, serve quindi flessibilità e simmetria, in altre parole dobbiamo pensare la rete di accesso in funzione di una architettura Wireless metropolitana densissima (nano celle) e non (o non soltanto) a come arrivare con un filo od una fibra in casa dell’utente.

Leave a Reply to mauro Cancel Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *