2007.10.04 Prosperetti

L’Italia e le cattedrali nel deserto

DI LUIGI PROSPERETTI
Nonostante le apparenze, il dibattito italiano sulla separazione funzionale della rete di Telecom Italia è molto diverso da quello inglese, che pure ci viene spesso presentato come il suo progenitore. Ma non è così, per almeno due principali motivi.
In primo luogo, in Gran Bretagna, questa misura è stata assunta per diminuire la regolazione, mentre in Italia il risultato sarà esattamente quello opposto: Telecom Italia non controllerà più la propria rete di accesso, e dunque il mercato all’ingrosso, ma sarà comunque regolata, esattamente come oggi, nei mercati al dettaglio. Avremo più regolazione, non meno; l’Autorità delle comunicazioni verrà mano a mano investita di compiti crescenti: dovrà decidere prezzi all’ingrosso, prezzi al dettaglio, supervedere il comportamento della NetCo, e anche i suoi investimenti, sui quali vi saranno frequenti disaccordi tra gli operatori. Non è così che si sviluppa la concorrenza tra infrastrutture, unica strada (America docet) che assicura una concorrenza vivace e non assistita.
In secondo luogo, se in Gran Bretagna, la separazione funzionale è stata vista come uno strumento per favorire la concorrenza, in Italia essa viene propugnata, scopertamente, anche per far resuscitare la mano pubblica nelle telecomunicazioni. Tutti gli interventi dei principali esponenti del governo seguono infatti una linea comune: la banda larga è un bene (anzi, secondo il ministro Gentiloni, deve ormai essere considerato un servizio universale); occorre dunque favorire oggi la sua fornitura in tutto il Paese, come occorrerà favorire domani, sempre in tutto il Paese, lo sviluppo delle Ngn; poiché i privati faranno le reti solo nelle aree dove c’è sufficiente domanda, occorre quindi un intervento della mano pubblica, che guidi gli investimenti che saranno sviluppati dalla NetCo.
Silloge cogente, di sicuro successo in convegni e comizi, ma purtroppo non sostenuta da alcuno studio sui limiti nella domanda di banda larga da parte delle imprese italiane, che evidenziano anzi come siano i limiti interni (piccola dimensione, scarsa strutturazione organizzativa, scarsa conoscenza della lingua inglese eccetera), e non la scarsa disponibilità di infrastrutture, a frenarne se mai la diffusione.
Silloge di successo anche perché nessuno ha il coraggio di spiegare che, per questa strada, i prezzi non potranno che aumentare: come convincere NetCo a fare, altrimenti, da 6 a 10 miliardi di investimenti, buona parte dei quali non remunerativi?
Nelle lucide parole di un appunto della Direzione concorrenza della Commissione, la separazione funzionale «is not only superfluous but also damaging»: nella sua spensierata variante italiana, corre anche il rischio – erede hi-tech delle cattedrali nel deserto – di costare una fortuna ai contribuenti.