Ancora sul lavorare da casa

Link: La soluzione di tanti problemi: il telelavoro | me | myself | andI.

La Sun Microsystems (storia ripresa anche da USAToday.com) ha fatto due calcoli:

  • A casa un dipendente utilizza in media per lavorare 64 watt, contro i 130 usati in ufficio.
  • Il fenomeno del “pendolarismo” è      responsabile del 98% della produzione di CO2 di ogni singolo dipendente.
  • Lavorare da casa 2 giorni e mezzo la settimana fa risparmiare 2
    settimane e mezzo di tempo normalmente utilizzato solo nel tragitto
    lavortivo.
  • Le stesse ore di lavoro, svolte      però da casa, portano ad un risparmio di circa 5400 kilowatt/h all’anno

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7 thoughts on “Ancora sul lavorare da casa”

  1. sarà… ma lavorare da soli in pantofole e pigiama o tenuta da casa, con tutte le distrazioni e i disturbi della casa non è una cosa che mi alletta molto. a casa manca l’ambiente di lavoro, che spesso invoglia. 🙂 bisognerebbe avere anche dei dati sulla produttività media da casa.

  2. eheh… fa sorridere come ogni tanto qualche nome altisonante tipo sun se ne esce con una press release per annunciare delle ovvieta’.
    Riguardo il commento qui sopra, da telelavoratore posso dire che il lato negativo e’ che a volte c’e’ il rischio di sentirsi un po’ “abbandonati” e se non si ha nessuno con cui fare la pausa caffe’ la giornata diventa lunga. Comunque anche questo e’ un problema risolvibile.
    A mio parere, al telelavoratore occorre darsi immediatamente una disciplina, di orari, di vestiario, eccetera, anche se si e’ in casa da soli.
    Circa le distrazioni, dipende da quanto e’ affollata la casa in questione e da quanto ci si riesce o si voglia “isolarsi”. Prima di questa esperienza, lavoravo in un rumoroso open space con telefoni che squillavano, gente maleducata, viavai continuo, eccetera.
    Poi tutto dipende anche da che tipo di lavoro si vuole “trasferire” a casa. Quando si parla di telelavoro con “l’uomo della strada”, egli si raffigura, nel migliore dei casi, una telefonista della SIP o qualche sorta di call center. E siccome molti “uomini della strada” quando non sono in strada fanno gli imprenditori, questo la dice lunga sulla sensibilita’ italica all’argomento.
    Dopo due anni di telelavoro mi sono fatto una teoria sul perche’ non decolla qui da noi: la ragione e’ che richiede maggiore “impegno” da parte dell’azienda. “Impegno” nel senso che le Human Resources dovranno regolamentare e tutelare opportunamente tale attivita’, e non vedo in giro gli “skill” in grado di farlo, ma soprattutto a manager e coordinatori e’ richiesto uno sforzo “extra” per coordinare (appunto) le attivita’ dei telelavoratori. Programmare incontri o telefonate o web-ex periodiche, controllare lo stato dei progetti/attivita’, rimanere in contatto coi colleghi, organizzare training, eventi, eccetera. Insomma, tutte le cose che il “capufficio” dovrebbe fare normalmente, complicate dalla lontananza fisica. Io parlo per il settore IT, dove spesso i coordinatori o project manager sono semplicemente dei (bravi) tecnici che si sono ritrovati a fare il “capetto” un po’ per caso, senza avere le basi “teoriche” e gli strumenti per l’attivita’ di coordinatore. Nella mia precedente ditta, per trovare il mio capo dovevo cercarlo alla macchinetta del caffe’ o agli angoli del palazzo in “pausa sigaretta”: se fossi stato telelavoratore allora, la mia produttivita’ sarebbe sicuramente scesa. Oggi il mio collega piu’ prossimo e’ a un’ora di aereo e non e’ nemmeno italiano, ma la qualita’ del mio lavoro e’ immensamente migliore, proprio grazie al fatto che ho un capo che sa fare il suo lavoro.
    Circa la produttivita’, poi, sono dell’opinione che nel 90% dei casi aumenti sensibilmente (eheh bisognerebbe anche avere dei dati sulla produttivita’ media in ufficio… 🙂 ). Ho sempre creduto che per far raggiungere dei risultati alle persone gli si debba far sentire sia la liberta’ di organizzare il lavoro come meglio credono (se ne hanno le capacita’), sia la responsabilita’ di “consegnare” entro il termine richiesto. Il telelavoro permette di “barattare” un’ora dal barbiere ogni tanto con una gran quantita’ di lavoro “extra” (e di miglior qualita’) effettuato in momenti meno “stressa(n)ti” dell’orario di ufficio. E qui si torna al principio: autodisciplina da parte del telelavoratore, fiducia e organizzazione da parte del coordinatore.
    Per quanto riguarda i mezzi tecnici, direi che persino qua da noi non ci sono *grandi* ostacoli, a parte i (non pochi) posti ancora esclusi dall’ADSL.
    Riguardo il post originale di medianima, solo un appunto: la defiscalizzazione. Detassare e “defiscalizzare” sono le parole magiche del mercato del lavoro in Italia. Per carita’, niente da eccepire sulla sensatezza della proposta, ma questa della detassazione e’ uno di quei tormentoni per cui alla fine e’ sempre colpa dello Stato e delle tasse troppo alte, e le imprese hanno un alibi per non muoversi di un millimetro. A mio parere, puntare con deciisone sul telelavoro dovrebbe essere una scelta fatta per altre ragioni, non per la detassazione: l’azienda (soprattutto quella grande) potrebbe risparmiare sulla mensa, ottimizzare gli spazi creando ambienti piu’ confortevoli per chi resta in ufficio, risparmiare sui locali, sui parcheggi, sui bus navetta, sui rimborsi chilometrici, senza contare che non dovendo “pendolare” si riduce la probabilita’ che i lavoratori abbiano incidenti (se guidano), si ammalino (se uno si prende l’influenza sul metro), arrivino in ritardo (se i treni hanno problemi) eccetera eccetera eccetera.
    Certo che se invece e’ proprio il responsabile delle Risorse Umane il primo a andare in ufficio per sfuggire alla moglie bisbetica e poter giocare a solitario in santa pace… 🙂
    oops mi sono accorto di aver scritto un poema. E’ meglio che torni a lavorare!

  3. Giovanni Bajo

    Io ho provato a lavorare da casa come “fornitore”, e mi sono comportato in modo così poco professionale che mi vergogno quasi di me stesso; troppe distrazioni, scadenze non rispettate, balle raccontate. Ho semplicemente deciso che non mi riesce farlo (e penso di non essere l’unico che ha questo problema…).
    Ho anche gestito più volte persone in telelavoro, e nonostante tutta la tecnologia del caso (videoconferenze, lavagne virtuali, ecc.), si è sempre rivelata una gran perdita di tempo, da tantissimi punti di vista (es: le ore spese in chat in IM senza accorgersi del tempo che passava quando sarebbe bastata una chiacchierata di persona). Se a questo aggiungiamo gli ovvi problemi di comunicazione e la “minore professionalità” media di chi lavora da casa, mi trovo oggi ad essere un assoluto oppositore del telelavoro.
    Ho solo un amico che lavora da 5 anni in telelavoro, e a suo parere con successo. Ha una stanza adibita ad ufficio in casa, alle 9:00 entra e si chiude dentro, esce alle 13:00 per pranzo, rientra alle 14:00 e riesce alle 18:00:. Mai una interruzione, mai la TV accesa in salotto, ecc. Devo dire che ammiro come riesce ad essere professionale in questo, ma mi rimane il forte dubbio se le ore che passa su MSN con i suoi colleghi remoti siano ben spese e quanti fraintendimenti abbiano causato.
    Conclusione: anche se sulla carta sono tutti problemi risolvibili, il costo di imparare a gestire il telelavoro (da una parte e dall’altra) è molto alto, e sicuramente superiore a quello che può pensare chi non ha mai provato a farlo.

  4. Giovanni Bajo

    Aggiungo solo che non sono d’accordo che il telelavoro è l’unico modo per responsabilizzare sugli obiettivi i lavoratori e dare loro flessibilità (come sostiente “ilgioia”). Dove lavoro adesso, ci sono orari pienamente flessibili (e intendo: ufficio aperto 24/7), organizzazione responsabilizzata del lavoro e sensibilizzazione a tempi ed obiettivi. Non capisco perché l’unico modo per permettere a chiunque di staccare un’ora dal barbiere (riprendendo l’esempio) debba essere il telelavoro.

  5. Diciamo che alcune volte l’equazione telelavoro=panacea mi sebra un po’ tirata…alcune volte l’analisi e’ un po’ banale…
    Diciamo che in Italia si potrebbe teleavorare di piu’ e che si dovrebbe superare la solita solfa del “stai 8 ore al lavoro cosi controllo che lavori”
    Ma che il telelavoro possa essere la soluzione per tutto ne dubito

  6. vorrei chiarire a Giovanni che non ho detto (o almeno non intendevo assolutamente dire) che “il telelavoro è l’unico modo per responsabilizzare sugli obiettivi i lavoratori e dare loro flessibilità”. Lungi da me.
    Io dico solo che per essere produttivi bisogna responsabilizzare i lavoratori – IMHO. E questo si puo’ fare sia in ufficio che da casa, come sostiene Giovanni.
    Meno che mai sostengo che “il telelavoro possa essere la soluzione per tutto”. Dico solo che e’ una scelta *possibile*, mentre invece c’e’ gente a cui non passa nemmeno per la testa.
    Come dicevano i Ramones: “I believe in miracles ’cause I’m one”. 😉
    PS: devo proprio cambiare nick. “ilgioa” = IL GIOA = Gioanola, il mio cognome. Ma tutti pensano alla “gioia”, mannaggia.

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