Circa la vicenda Google-FIEG

Secondo me il nocciolo della questione non e' questo: Google Italia Blog: Come funziona davvero l'esclusione delle notizie da Google News?.

Ho appena scritto all'amico Marco Pancini quanto segue, in una mailing list aperta:

Grazie Marco.

Premetto che non conosco il dettaglio ma solo il sentito dire e, sulla base di  cio', mi pare plausibile che tutto si concluda in nulla. (il fatto che tu sia intervenuto, pero', mi da' da pensare…. 😉

Aldila' dell'albero, mi pare che nell'ultimo anno la foresta sia un crescendo di iniziative regolamentari nei confronti di Google che e' additata come il principale se non l'unico (costante) vincitore.

Google news e' un servizio utilissimo.

Lo dico perche' ne sono tanto convinto che 2-3 anni prima, con Enea, abbiamo fatto www.presstoday.com che, oltre a cio' che c'e' visibile sul sito, ha un sacco di innovazioni interessantissime: il server per intranet, la produzione di pdf con l'originale delle pagine (con le keyword evidenziate nel pdf !), i riassunti automatici x i cellulari, il supporto di tutti i meccanismi di autenticazione, ecc.

Presstoday ha fatto accordi con gli editori: cio' che incassa viene in larga misura retrocesso loro.

Il modello di business prevedeva una parte b2c gratuita agli utenti, ad sponsored (diventava un canale per la pubbblicita' degli editori), una parte b2b per l'appunto con revenue sharing, una parte b2c su mobile con revenue sharing.

Avevamo iniziato in italia per  allargarci a spagna, germania quando e' arrivato Google News che e' totalmente loss-making, offre solo siti gratuiti, non ha funzioni evolute x uso professionale, non genera ricavi per Google (che quindi  non vengono condivisi con gli editori).

Si costruisce in automatico (totalmente ?) un portale di notizie quando, prima di google news, i portali di notizie erano precipuamente il cuore delle iniziative online degli editori.

Poteva esistere un modo di fare alternativo che fosse piu' friendly nei confronti degli editori ?

quando abbiamo ragionato sui modelli di business con Presstoday abbiamo pensato che dovevamo essere amici degli editori, e molto.

D'altro canto se volevamo vendere e incassare per pagare infrastrutture e stipendi, dovevamo farlo.

Da dove incassa Google i soldi con cui ripaga Google News ? Non da Google News, ma, in larga misura, dalla pubblicita' sul motore di ricerca (BTW, se  non erro ho letto da qualche parte che a giugno Google ha l'88,8% delle ricerche fatte in Italia, complimenti!).

Grazie a cio' Google puo' permettersi di non scervellarsi per dover trovare il modo di operare piu' amichevole per l'ecosistema in cui entra. Non occorre essere "sostenibili" o "bene educati", basta essere leciti, anche se cio' invalida modelli di business di altri.

Questo e' un lusso che Presstoday, come altre startup innovative, non poteva permettersi.

Premetto che sono critico della grande distribuzione, preferisco le botteghe.
Cio' detto, in ogni supermercato c'e' qualche prodotto loss-leader che serve ad attirare clienti che comprano anche centinaia di altri prodotti, e' una pratica perfettamente legale e Google News puo' essere considerato un Loss-leader.

Non puo' pero' accadere il viceversa, cioe' che  un grande numero di prodotti (diciamo la meta') sia fornito sottocosto; i margini fatti con gli altri "non scontati" non sarebbero in grado di  compensare le perdite del loss leader.

Questi prodotti "non scontati", infatti, non potrebbero essere venduti a prezzi esorbitanti, c'e' un mercato che calmiera i prezzi; c'e' il supermercato vicino.

Il supermercato Google, a mio avviso, inverte la cosa: ha un solo prodotto non loss-leader e tutti gli altri a prezzi scontati (0).

Come puo' fare cio ? Semplicemente i prezzi (e quindi i margini) sul prodotto non scontato (la pubblicita'), lo consentono.

Ma in un mercato efficiente i prezzi tendono alla remunerazione del capitale investito + uno spread per il rischio (o, se c'e' proprieta' intellettuale, alla remunerazione di questa in un periodo di monopolio legalmente assicurato).

Nel caso di Google, i prezzi del monoprodotto  pubblicita' sono sufficientemente alti a remunerare tutti gli altri loss-leaders, pur non essendovi un monopolio legale a determinarlo.

Mi pare che si possa dire che, se ci fosse mercato efficiente nel monoprodotto pubblicita' online, non vi potrebbero essere margini sufficienti per fare N prodotti loss-leader.

(Presstoday (e tutti quelli come lei), si sarebbero trovati a giocare su un terreno meno inclinato. (e  a competere sulle innovazioni, non sulla superiorita economico-finanziaria)).

ma se fosse vero che il mercato pubblicita' online non e' efficiente, cosa si dovrebbe fare ?

Nota bene che qui mi riferisco al "mercato della pubblicita' online" nella accezione del  buon senso comune. So bene che dal punto di vista Antitrust questo e' tutt'altro che pacifico: esiste tale mercato o legalmente e' solo una parte del mercato complessivo della pubblicita' ?

Supponiamo per un attimo che esista tale mercato, il "test del monopolista ipotetico" non sarebbe ovviamente superato da Google. Un aumento di prezzi non transitorio nella pubblicita' non avrebbe alcun effetto sulle quote di mercato: non ci sono alternative reali per gli inserzionisti online!.

Per carita', nessuno vuole colpevolizzare le grandi aziende che sono state innovative ed hanno saputo conquistarsi enormi appezzamenti nella corsa all'oro. Tanto di cappello!.

Non e' una colpa essere monopolisti, anzi! Sarebbe una colpa se di quel monopolio si abusasse per occupare mercati adiacenti, ridurre la concorrenza, limitare le possibilita' di altri soggetti. In un concetto, usare la dominanza come ulteriore leva competitiva (che gli altri non hanno).

In Italia la base della parita' di diritti e' la Costituzione. In particolare le imprese dominanti hanno una speciale responsabilita'.

Il principio di parita', dice la corte costituzionale (se non erro) deve essere sostanziale, non formale. Ovvero i piccoli, che partono svantaggiati, hanno piu' diritti dei grossi.

Ecco, se il mercato della pubblicita' online fosse un mercato a se' (bisogna valutare la sostituibilita' lato offerta e lato domanda) in Italia ci sarebbero solo nanetti ed usare extraprofitti da posizione dominante per occupare aree di business adiacenti non sarebbe una bella cosa.

Una Autorita' antitrust potrebbe decidere dei provvedimenti per limitare queste pratiche (senza arrivare magari allo spezzatino imposto all'AT&Tche, se non ricordo male, non fu imposto per pratiche anticompetitive ma "deciso" con l'azienda per ossequio al principio di promozione del mercato).

Forse il senso dell'azione della FIEG, altrimenti banale, potrebbe essere questo ?

scrivevo qualche mese fa sul  mio blog e poi su Nova

"Una sfida per Google potrebbe essere, per mantenere la sua egemonia culturale e limitare reazioni avverse, dover trovare un modo di allargare e condividere il proprio successo con una base più ampia di persone"…

…magari limitandosi a fare bene la pubblicita' su ogni property, non usare margini per occupare spazi adiacenti, e distribuendo piu' soldi agli azionisti.

Ciao, s.

P.s
. E se un giorno MS mettesse di default un ad blocker in Internet Explorer ? Penso che potrebbero esistere vari modi per farlo legalmente, ma non sarebbe "educato" nei confronti dell'ecosistema, no ?

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2 thoughts on “Circa la vicenda Google-FIEG”

  1. Devo dire che talvolta i tuoi post sono equivalenti ad una lezione universitaria
    complimenti per l’efficacia e la chiarezza

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