8 thoughts on “Il ciberghetto dei nomi a dominio con caratteri non asciiz”

  1. L’inglese o, meglio, quello che ora viene chiamato il “globish” e’ la lingua franca di Internet. Con lui, l’ASCII (quello vero, quello a 7 bit senza accentate e fregni strani) e’ l’alfabeto franco di Internet.
    Puo’ piacere o no, ma se si iniziano ad avere URL con caratteri che ci sono solamente sulle tastiere nazionali, ovviamente i siti verranno visitati solamente da chi ha quelle tastiere; Ok, ci sono le utilitine che ti permettono di cercare il carattere (le uso spesso, ma sfido a trovare un utente che le conosce), ma se un non-asiatico deve visitare il giappone, si fidera’ di piu’ di http://www.visitjapan.com o di http://www.訪問日本.com?

  2. Quando cammini per Mosca o viaggi nella metropolitana, immerso giorno dopo giorno dall’alfabeto cirillico, cominci a renderti conto quanto sia stridente e persino umiliante per la mentalità orgogliosa e perennemente con un sentimento di inferiorità immeritata dei russi l’apparire improvviso, degli indirizzi dei siti web con i caratteri latini.
    Se noi con naturalezza ammettiamo senza minimo imbarazzo di non conoscere i caratteri cirillici, loro invece quelli latini li conoscono tutti. Non possono permettersi di non conoscerli. Non hanno scelta.
    Ai russi, ai cinesi o agli arabi non interessa che gli euro-americani non si trovino a loro agio nella navigazione dei siti con indirizzo scritto in caratteri cirillici, cinesi o arabi. A loro interessa ri-guadagnare il controllo, la dignità e la scelta di una cultura completa e coerente, che possa fiorire anche nei tempi di internet.

  3. ho appena riletto l’articolo e penso sia un po’ sopra le righe, oltre a contenere alcune imprecisioni. La decisione dell’ICANN, se non sbaglio, permetterà la creazione di nuovi TLD che contengono alfabeti non latini, ma l’utilizzo di tali caratteri nei domini di secondo livello è già possibile in alcuni paesi (sicuramente Giappone, credo Grecia e probabilmente altri).
    per quanto riguarda la censura, non penso ci sia bisogno di un nuovo TLD per applicarla: se vogliono, possono già applicarla al .ru (Cina, .cn, docet).
    infine, a proposito del cybersquatting, supponiamo che uno crei il TLD formato dai 3 caratteri in cirillico corrispondenti ai seguenti codici:
    0421 + 041E + 041C
    vi invito a scoprire a cosa corrispondono (vedi link nel mio commento precedente)… 🙂
    ***
    naturalmente, un caso lampante come questo verrebbe rigettato dall’ICANN, ma penso di aver reso l’idea.

  4. puo’ piacerci o meno, ma la lingua mondiale e’ l’inglese e si, ci puo’ essere qualcuno interessato ad indirizzare solo una comunita’ di nativi e con tastiere in cirillico, ma e’ certamente una minoranza, una piccola minoranza ch decide di indirzzarsi ad una piccola comunita’.

  5. Stefano: my point, exactly.
    E’ piu’ o meno la stessa storia dell’encoding dei caratteri nei siti e nelle mail: puoi usare un encoding “non standard”, ma se vuoi essere letto da tutti e se vuoi farlo contemporaneamente devi andare in UTF-8

  6. A me non sembra un grande problema, le url servono per essere ricordate: per questo le abbiamo inventate.
    Se si vuole erogare un servizio in un paese che usa caratteri non latini, rivolto a un pubblico locale composto di persone che in prevalenza non parlano inglese l’uso di url nell’alfabeto locale può essere una buona cosa, forse favorire anche l’inclusione digitale.
    Il primo esempio che mi viene in mente è quello di uno sportello elettronico di una pubblica amministrazione (lasciamo stare la Cina o la Russia e pensiamo all’India)
    Poi noi occidentali non riusciremo a digitare la url, ma questo non è grave, perché cmq è difficile che quel sito ci interessi.
    Su internet tutti possono accedere a (quasi) tutto, ma non è detto che tutto debba essere interessante per tutti.

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