4 thoughts on ““Open” secondo Google”

  1. Documento apprezzabile, grazie del link.
    Credo che il limite principale del ragionamento di Google, soprattutto per quanto riguarda la “open information” , è che per loro tutto ruota intorno ai prodotti ed ai servizi. Se tutto è open – trasparente – dice Google, possiamo fornire migliori servizi, anzi anche gli altri player, i nostri competitor, possono e tutto l’ecosistema ne trae beneficio. Questo può essere anche vero ma la “dimensione umana” online, così come quella offline ovviamente, non si esaurisce nei “prodotti o servizi” di cui si usufruisce. Questa è materia per psicologi, cosa che io non sono, ma è evidente che nel ragionamento di Google non rientrano, ad esempio, tutti quei comportamenti irrazionali e fuori dalla idea di se che ognuno vuole dare agli altri, ma che al tempo stesso non possono essere eliminati, a partire dai gusti sessuali, le idee politiche, le paure e via dicendo. Quando si è online si “vive” a tutto tondo come quando si è offline e francamente pensare che si possa accettare che una “macchinetta” registri tutto quello che facciamo, comprese le frasi scritte e poi cancellate su un post del Quinta, in nome di una trasparenza finalizzata a fornire migliori servizi mi pare quantomeno semplicistico.

  2. Beh, non aspettiamoci che un “company manifesto” sia anche oggettivo…
    questo passaggio e’ comicita’ pura:
    The search and advertising markets are already highly competitive with very low switching costs, so users and advertisers already have plenty of choice and are not locked in.
    ed e’ il pretesto per dire anche che, nel loro caso, e’ giusto per il loro prodotto vero, per quello che vendono:
    Not to mention the fact that opening up these systems would allow people to “game” our algorithms to manipulate search and ads quality rankings, reducing our quality for everyone.
    Open e’ bello, ma per i sistemi degli altri…

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