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Nulla di radicalmente nuovo.
Anzi, no, a ben leggere, di nuovo c’e’ una possibile evidenza che la IPRED, entrata in vigore in Svezia, non ha funzionato e che il problema non e’ se un “rimedio” adesso puo’ funzionare, ma quanto sarà facile
aggirarlo…
Il report inizia con una dichiarazione non nuova..
farne le spese è chi la musica la crea… mentre a beneficiare di questi
Robin Hood al contrario sono ricchi service provider i cui profitti
gonfiati riflettono perfettamente il crollo di fatturato dell’industria
musicale.”
Bono, singer-songwriter, sul New York Times, Gennaio 2010
Facesse Bono il nome di un “ricco service provider” (uno solo!) i cui profitti si siano gonfiati e che non collabori con l’industria musicale.
Io non ne conosco nemmeno uno. Sfido chiunque…
La pirateria sta ammazzando l’industria, non si investe sugli artisti locali, il “tre botte e via” e’ la strada giusta, gli ISP devono essere responsabilizzati, in Corea l’hanno fatto e le cose vanno benissimo, riprendono vendite ed investimenti sugli artisti locali:
In virtù anche di questo clima più favorevole, i servizi musicali legali e i rivenditori tradizionali di dischi stanno registrando incoraggianti tassi di crescita nel loro giro d’affari.
Simultaneamente, le case discografiche segnalano un aumento degli investimenti nel repertorio locale che a sua volta sta stimolando la ripresa del mercato.
Su una cosa cosi’ importante mi sarei aspettato di vedere _numeri_ dai report finanziari e non dati qualitativi da un sondaggio…
Allora sono andato a cercare l’associazione locale Coreana iscritta ad IFPI e .. non esiste.
Allora sono andato a cercare le aziende Coreane iscritte ad IFPI … sono Warner, Universal, Emi e Sony BMG. Purtroppo nessuna di queste pubblica dati per paese.
Avendo del tempo si potrebbe fare quattro ricerche su dichiarazioni e comunicati su quotidani coreani..
Poi la Svezia:
il loro fatturato nel settore. Entrato in funzione nell’ottobre del 2008, Spotify, in particolare, ha raggiunto in un solo anno il 17% della popolazione svedese.
Non sono stati solo i fattori endogeni al mercato, tuttavia, a produrre questi risultati. Nel corso del 2009 la Svezia ha rafforzato gli strumenti legali di tutela, ed enorme rilevanza mediatica hanno ottenuto sia l’applicazione della nuova legge IPRED antipirateria che la sentenza di condanna emessa contro il maggiore tracker illegale nel mondo di file BitTorrent, The Pirate Bay.
La nuova legge IPRED è entrata in vigore il 1° aprile del 2009. Basata sulla direttiva di enforcement dell’Unione Europea, ha riconosciuto ai titolari dei copyright la facoltà di ottenere dai service provider nome e indirizzo di chi viola i loro diritti. Ci sono prove concrete del fatto che in breve tempo la legge ha modificato il comportamento dei consumatori di musica: una ricerca di GfK risalente al mese di giugno rilevava che, in seguito all’introduzione della
legge IPRED, il 60% dei file-sharer illegali aveva interrotto o ridotto la sua attività. Da allora, tuttavia, sembra che in Svezia il tasso di pirateria abbia ricominciato a salire, evidenziando la necessità di un rispetto rigoroso delle leggi e della cooperazione degli internet provider.
Leggendo fonti svedesi (The Local) in Svezia IFPI dice che la crescita non e’ stata del 10 ma del 18% ! (sara’ che lo 0 sui computer assomiglia all’8 ?)
…e la pirateria e’ arrivata a livelli record a fine anno. File sharing in Sweden
nears record high – The Local.
The
entertainment industry was satisfied and hoped for a boost in record
sales. And according to the International Federation of the Phonographic
Industry (IFPI), music sales increased by 18 percent over the first
nine months of 2009.But after the feverish downloading at the end of March and the abrupt
decline in April, file sharing has steadily recovered. Several weeks
ago, Internet traffic passed the previous all-time high, reported in
March.
Conoscendo gli svedesi, che non sono certamente fedeli allo stereotipo della macchietta napoletana, non dimostra forse che IPRED non e’ servito ?
Il problema non e’ se un “rimedio” funziona, ma quanto sarà facile aggirarlo…
Come Napster: chiuso quello, il problema e’ risolto ! (si diceva)
Bittorrent ? Roba da geek… (si diceva)
Premesso che penso che chi vende dvd piratati dovrebbe essere colpito, se ci fosse una offerta di video legali a prezzo ragionevole con buona qualita’ disponibili quando l’utente vuole fruirli, si disincentiverebbe la pirateria.
E penso che piu’ che ai ricavi bisogni guardare ai margini, e penso anche che una piratata non coincide con una mancata vendita. E che si,
forse c’e’ una riduzione complessiva della musica e forse e’ fisiologica; e penso anche che il fatturato dell’intrattenimento e’ in forte crescita e che al suo interno ci sono spostamenti di valore tra segmenti. E che aziende dell’intrattenimento che fanno musica e videogame, tanto male non se la spassano, almeno a leggere l’amministratore delegato di Vivendi., padrone, tra l’altro, di Universal Music Group.
Condivido in pieno. Per quanto riguarda l’aneddoto del papà che scopre il figlio a scaricare, si tratta di Edgar Bronfman, CEO di Warner Music.
P.S. Tempo fa scrivesti un intervento invitando i lettori a calcolare il costo reale, per l’operatore mobile, di una telefonata. Mi manderesti per favore la soluzione all’indirizzo e-mail che ho inserito nel form?
Thanks
Stefano, invidio da morire il tuo scrivere, come dire…’politically correct’. Questo post mi ricorda tanto le cose che scrivo io. Solo che io non riesco ad essere così neutrale come te. Forse sono fortunato ad avere un blog letto da soli 4 gatti, o forse sono incosciente nei miei post, ma io sono uno di quelli…’maligni’ come dici tu. Il link non riesco a mandartelo nel commento, però l’articolo che parla di Edgar Bronfman si trova sul Punto Informatico (7 dicembre 2006). Riguardo ai costi dei CD audio, avevo fatto una ricerca in Rete tempo fa e alla fine ho trovato delle informazioni. Secondo quanto ho trovato io, indicativamente, il 30% dei costi va alla distribuzione (che se avvenisse in Rete praticamente si azzererebbe), il 39% alla casa discografica, un 8% all’autore/artista/esecutore, il 15% per la stampa. Calcolando che le case discografice dovrebbero promuovere *buona* musica ed invece promuovono musica *commerciale* al fine esclusivo di fatturare, il cerchio si chiude. Chi promuove buona musica IMHO sono le piccole etichette, e le etichette indipendenti, che non arrivano ad un 30% del mercato discografico (e che hanno introiti minori delle varie SonyBMG, EMI, Warner e Universal).
vi ringrazio per la qualità dei commenti
La notizia sul figlio del CEO di Warner e’ stata riportata un po’ da tutti.
Punto informatico la riporta citando anche altre fonti.
http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1800443&r=PI
Tra i service provider che si sono arricchiti nonostante la noiosa e ultraripetitiva musica commerciale di sottofondo ipotizzerei le parrucchiere, i supermercati, i taxi, gli organizzatori di feste patronali o di matrimoniali. Insomma basta non cercare nel mondo delle TLC.