10 thoughts on “Chiariglione a palle incatenate su come vengono dati i fondi innovazione alle aziende”

  1. Chiariglione ha molte ragioni nella sua spietata disamina di come realmente funzionino i processi di innovazione “promossi” dalla “Pubblica autorità” nel nostro paese. Inefficienza endemica e tempi geologici generano un cinismo diffuso e un gioco delle parti in cui il danaro pubblico viene speso per fingere di fare innovazione.
    Ma non ha ragione quando mette in burletta la possibilità per un ruolo diverso nel nostro paese. A questo proposito sarà bene ricordare che:
    » L’ Italia è ancora la 5° economia manifatturiera del mondo
    » Secondo i dati UNCTAD e’ il secondo esportatore al mondo nelle industrie creative
    » Ci sono migliaia di aziende che fanno innovazione nel manufacturing e alcune di esse sono leader a livello internazionale. E che cosa producono?
    » Macchine per fare il caffè, per fare i gelati… Tutta la filiera dell’ agroalimentare
    » I mobili, l’ arredamento, l’ abbigliamento, le scarpe.. siamo leader perfino nel settore della carta igienica di lusso!
    » Strumenti musicali, oreficeria, le cose belle che ci circondano nella vita quotidiana..
    » …legate al vivere, al mangiare, al vestire, al viaggiare al produrre.
    Insomma, l’ Italia conserva una struttura industriale importante, ma diversa e non coerente coi modelli della globalizzazione. E rispetto all’ Innovazione, come osservava recentemente il Prof. Giorgio De Michelis:
    “L’ ITALIA E’ LEADER NELL’ INNOVAZIONE CHE NON COSTA NIENTE!”
    Se questo sia sufficiente a salvarci nonostante la patetica inefficienza delle politiche pubbliche per l’ innovazione non so. Ma non è un buon motivo per trascurare le ragioni e le occasioni della nostra diversità

  2. good point .
    lui conclude dicendo che ci sono due opzioni: o ci si adatta ad essere efficienti adattandosi ai tempi tecnologici o restano i mandolini.
    detto in altri termini, se non vogliamo restare al mandolino bisogna essere efficienti ed adattarsi ai tempi tecnologici
    non sei d’accordo ?

  3. @Giuliano
    conosco benissimo come i settori che hai nominato in che modo arrivino alle innovazioni per dare risultati che sappiamo: con niente. Solo deducendo dalla loro esperienza.
    A ragione il Prof de Michelis
    Pochissimi fanno davvero ricerca.
    E’ da vent’anni che produco documentari tecnico-scientifici, faccio vedere loro la luna, ma il 90% continua a guardare il dito…. non so per quanto questa cosa potrà andare avanti.
    Lo dimostra il fatto che aziende sentite 5 anni prima, ora sono o chiuse o acquistate o peggio.
    Con tutti i problemi che abbiamo all’occupazione…..

  4. No, non sono d’ accordo col porre il problema del rapporto tra innovazione e competitività del nostro Paese in termini così grossolani. E’ ovvio che i filoni trainanti del made in Italy hanno bisogno di una continua iniezione di nuove tecnologie – e di tecnologie digitali in particolare- per garantire quella continua innovazione di prodotto che è necessaria per non venire spazzati via dalla Cina e dai Paesi Emergenti.
    Non è affatto scontato invece che l’ unico modo per poter essere competitivi sia quello di una competizione giocata tutta sull’efficienza e sulle economie di scala. Questo intendo quando dico che “l’ Italia conserva una struttura industriale importante, ma diversa e non coerente coi modelli della globalizzazione “. Siamo proprio sicuri che un modello che ci ha consentito di ” essere leader nell’ innovazione che non costa nulla ” non abbia in sè il potenziale per affermare un nuovo tipo di competitività sul mercato internazionale per le aziende migliori del nostro paese ,diverso da quello della “competitività omogeneizzante” e a dispetto del fallimento delle politiche pubbliche?
    Il mondo è piatto solo per i sempliciotti come Thomas Friedman: fortunatamente la realtà è molto più complessa e sfidante!

  5. mah, io non sono in disaccordo con te e non sono in disaccordo con
    Leonardo. sono in disaccordo con il tuo disaccordo con lui (scusa la
    cacofonia).
    a colpi di machete…:
    1) per linnovazione che non costa nulla, siamo bravi e non occorrono
    soldi. (tu)
    2) per linnovazione che costa, diamo soldi (malamente) alletichetta
    innovazione che, in realta, non ne produce. (leonardo)
    mi sembrano condivisibili.
    e pensabile andare avanti solo a colpi di (1) e continuare a sprecare
    (2) ?
    questo procedere e in grado di assicurare un ruolo futuro nel secolo
    digitale ?
    dalle mie esperienze in giro per il mondo, ho dei seri dubbi.
    in altri paesi i finanziamenti sono erogati 50% alassegnazione. questo
    da fiato alle aziende che possono pagare e non risparmiare allosso.
    (per non parlare dei pagamenti della PA, che costringe a non pagare e
    risparmiare)
    non pagare e risparmiare si ripercuote in giro per la rete del valoer
    ce un effetto detrmineto complessivo.
    qualche giorno fa ho incontrato due ragazzi che hanno idee di prodotti
    innovativi e lavorano presso una multinazionale del lusso in area IT,
    come stagisti, dalle 9 alle 21, per 550 euro al mese piu un posto letto
    in un appartamento da due camere dove sono ospitati in 6.

  6. @ Roberto(Sorry @ Giuliano)
    Non parlavo di variazioni minimali della propria tacnologia
    (aumento dell’efficienza)
    ma di soluzioni davvero innovative, frutto di pura ricerca (che è molto costosa)
    Le aziende migliori sono pochine, per sodisfare la domanda di lavoro che c’è.
    Le tecnologie digitali possono velocizzare i tempi, ma da sole non bastano…. ci vuole qualcosa che qualcuno chiama “l’impulso creativo” di cui era dotatissimo il ns Leonardo da Vinci e la capacità di cambiare punto di vista (visione del terzo)….

  7. Tanto per capirci, alla fine di questo giro di considerazioni:
    – il dato di fatto è che l’ innovazione fatta finora dalle aziende italiane è stata fatta in casa ( non costa nulla allo stato, se la pagano da sè!), senza significativi impatti dalle politiche pubbliche
    – ” per lì innovazione che costa, diamo soldi (malamente) alletichetta
    innovazione che, in realta, non ne produce. (leonardo)”: e qui ho detto all’ inizio che sono d’ accordo pure io.
    – “è pensabile andare avanti solo a colpi di (1) e continuare a sprecare
    (2) ? questo procedere è in grado di assicurare un ruolo futuro nel secolo
    digitale ?”
    Probabilmente no, e comunque lo spreco di fondi pubblici è politicamente ed eticamente inaccettabile. Ma possimo far dipendere i tempi dell’ innovazione dai tempi della riforma della nostra politica? E che facciamo nel breve termine? Corriamo con quello che abbiamo: un mix originale di creatività fatta in casa, di animal spirit del capitalismo e (sperabilmente) di capacità di rendere il made in Italy sostenibile iniettandovi tecnologie digitali. Considerando che grazie al cielo i processi di innovazione sono trasversali rispetto alle frontiere nazionali, e il finanziamento dell’ innovazione non deve necessariamente dipendere solo dall’inefficienza della nostra politica di settore.
    questo procedere è in grado di assicurare un ruolo futuro nel secolo
    digitale ?

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