Piccolo cane grandissima coda (aka ho visto la luce..)

Google ha depositato una memoria alla FCC riguardante i regimi di remunerazione dello scambio di traffico tra operatori.

Nel doc allegato ha confrontato l’andamento del traffico voce con quello del traffico dati sostenendo che non si deve condizionare il secondo a causa del primo perchè sebbene all’inizio il cane fosse la voce e la piccolissima coda era il traffico dati, adesso la coda è enormemente più grande del cane (interessanti i grafici allegati qui).

Ciò sarebbe del tutto corretto se non fosse la voce a sussidiare economicamente i dati.(in misura inferiore sul fisso (2:1 circa), in misura assai rilevante nel wireless (1 ordine di grandezza)).

La coda è grande, ma il portafogli sta nel cane. Certo, si potrebbe ribilanciare e ricollegare i prezzi ai costi, sarebbe bene farlo, ma siamo disposti a degli aumenti generalizzati ?)

Un passaggio del documento invece mi ha dato da pensare:

We explained that, pursuant to Sections 251(a) and 256 of the Communications Act, as amended, telecommunications carriers have an obligation “to interconnect directly or indirectly with the facilities and equipment of other telecommunications carriers,” as well as “to ensure the ability of users and information providers to seamlessly and transparently transmit and receive information between and across telecommunications networks.”

Per i grandi di Internet, guai a parlare di riclassificazione di Internet da applicazione (Title 1) a Title 2 (“broadcast services” che includono TV e TLC).

Adesso credo che ho visto la luce..

Non lo avevo capito quando avevo scritto questo pezzo circa la riclassificazione e Youtube (che ancora considero un ragionamento fondato). non avevo proprio capito.

Se vogliamo e’ ununa riflessione ulteriore sul ragionamento sulla net neutrality che facevo qui  e di cui ho parlato per un paio d’ore qualche sera fa con P. (BTW, notizie positive x la net neutrality, a breve..))

Pensiamoci un attimo….

  • Uno degli obiettivi che si sono dati i regolatori è accelerare la number portability fino  a poterla fare nello stesso giorno. L’obiettivo è assicurare la massima “migrabilità” di un  utente da un fornitore all’atro.
  • Elementi centrali della strategia delle internet companies sono effetti rete e lockin degli utenti.

E’ chiaro che c’e’ una asimmetria regolamentare.

Quando parlavo di Diaspora e della diatriba tra Google e Facebook per la portabilità dei profili utente, scrivevo:

Io amo Internet, quella dei protocolli, del rough consensus and running
code, non quella dei servizi centralizzati o comunque proprietari.
Ecco, forse Diaspora poteva nascere come RFC (e magari avere fortuna
migliore di altre iniziative simili).  Mi pare che il ruolo delle
università in Internet sia un po’ scemato.

Immaginiamo la mail
che nasca ora: non c’e’ nessuno che usa la mail. Parte mailbook.com e
offre la mail. la fa aperta ed interoperabile ? no; dice
(legittimamente) “venite tutti da me perche’ offro la mail” Internet
non poteva nascere fuori dalle università: il privato cerca di
massimizzare il proprio interesse, di raggiungere autnomamente la massa
critica perchè una volta che ce l’hai, hai conquistato il mondo.

ecco, forse su questo “(legittimamente)” c’e’ da lavorare.

il lockin è elemento centrale della strategia online.

Mi chiedo, quando questo diventa dominanza ? e abusivo ?

Quel poco che ho superficialmente imparato di antitrust pensa agli
utenti come clienti e punisce gli abusi di pratiche che sfruttano il lockin.

ma qui (OTT) gli utenti sono il “prodotto” che il gestore vende agli inserzionisti.

e il lockin è centrale perchè consente di acquisire una posizione dominante sul prodotto da vendere.

pensiamo un attimo ad eBay. Quanto ha innovato negli ultimi 5 anni ? c’e’ un marketplace alternativo, di fatto ? questo è bene o male per l’innovazione ?

non sono un avvocato e non ne so abbastanza e mi-vi chiedo: si possono pensare dei meccanismi di regolamentazione asimmetrica per
cui, quando raggiungi un certo livello di soglia, vieni notificato come avente significativo potere di mercato (per effetto del lockin e degli effetti rete) e
non puoi piu’ fare lockin e sei obbligato a garantire la portabilità del
profilo (analogo alla portabilità del numero per gli operatori telco) e
ad interoperare secondo standard ? (come gli operatori telefonici ?)

non è che se i servizi internet, oggi “OTT” fossero classificati come Title 1, potrebbero essere obbligati a cosine tipo, appunto, la portabilità del profilo e l’interoperabilità ? (aka non essere più verticalmente integrati)

(forse ho solo mangiato pesante…)

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5 thoughts on “Piccolo cane grandissima coda (aka ho visto la luce..)”

  1. In teoria, potrebbero. In pratica, perché questo accada, devono succedere tante cose a partire dalla definizione di una governance planetaria del web (perché non penserai che si possa fare nazione per nazione, vero?!). E’ la globalizzazione, bellezza!

  2. Stefano hai messo assieme molti temi pesanti … ma non credo che tu abbia mangiato pesante … anzi dal “mio” punto di vista dovresti fare qualche passo in più:
    partendo da “La coda è grande, ma il portafogli sta nel cane. Certo, si potrebbe ribilanciare e ricollegare i prezzi ai costi, sarebbe bene farlo, ma siamo disposti a degli aumenti generalizzati ?)”
    la mia visione è che PRIMA di qualsiasi considerazione dobbiamo ricordarci SEMPRE della “natura particolare” dei costi alla base del servizio del trasporto dell’informazione che, come noto, sono FISSI e quindi NON PROGRESSIVI (alias COSTO MARGINALE NULLO alias funzioni costo a gradino)
    detto in altri termini non è possibile produrre SOLO la quantità che verrà venduta ma la quantità prodotta dipende SOLO dal processo produttivo e NON dalla domanda, utilizzando una terminologia elettronica potremmo dire che siamo in presenza di “quantità producibile” “quantizzata”
    Questa caratteristica HA CONSENTITO in passato all’operatore voce di “regalare” (o far finta di regalare) la capacità residua non utilizzata, quindi visto che con la voce l’operatore copriva già i costi e già ci guadagnava pure, poteva fare un extra profitto vendendo la capacità residua (comunque inutilizzata) per i dati.
    da come la dici tu sembrerebbe che ora il problema sia:
    1) il prezzo di vendita della parte dati non copre i suoi costi,
    2) l’incremento del volume del traffico dati non sta più utilizzando capacità residua che resterebbe inutilizzata e pertanto sta sottraendo capacità traffico alla voce (e la voce a differenza del servizio dati ha tariffe che coprono i propri costi)
    ne consegue che l’origine delle perdite (o del diminuito margine) dell’operatore voce sia la combinazione delle condizioni 1 e 2 (da cui sembrerebbe che dovremmo cambiare i prezzi dei dati per riequilibrare il bilancio)
    ma analizzando bene, nessuna delle due affermazioni è vera, e per capirlo dobbiamo ricordarci di come sono fatti i costi delle strutture di trasporto delle informazioni e ricordarci che i fattori produttivi della voce sono divenuti IDENTICI ai fattori produttivi dei dati (o meglio la voce è un prodotto derivato del trasporto dati) in altri termini non solo abbiamo “economie di scala” ma (contemporaneamente) siamo in presenza di “economie di scopo”
    la natura del problema VERO per gli operatori voce è quindi la concorrenza sul trasporto dati.
    Al momento attuale i prezzi del trasporto dati sul “long distance” sono in discesa costante!!
    da cui possiamo ricavare due fatti inequivocabili:
    a) i prezzi di vendita del trasporto dati sul long distance coprono SICURAMENTE i costi altrimenti nessun operatore li proporrebbe
    b) la capacità produttiva supera la domanda altrimenti i prezzi non sarebbero in discesa.
    sgomberato il campo dalle mistificazioni sul trasporto dati “long distance” e sulla sua “scarsità” che alcuni rappresentanti delle TELCO/OLO cercano di accreditare presso gli utenti e gli enti governativi passiamo ad analizzare il “local loop” (alias ultimo miglio)
    ancora una volta dobbiamo focalizzare l’attenzione sulla struttura dei costi per comprendere se ci stanno prendendo in giro o se dicono la verità.
    i fatti sono che:
    tutte le parti passive del local loop sono del tipo (o tutto o niente) perchè:
    – i cavidotti sono strutture passive che coinvolgono un insieme di utenti (o tutti o nessuno, non si fa un cavidotto per ogni utente ma mano che si acquisisce l’utente ma si fa un cavidotto per servire una zona, indipendentemente da quanti utenti aderiranno al servizio)
    – i mezzi trasmissivi (fibra) per servire una utenza tanto nel caso xPON quanto nel caso PtP (alias P2P) hanno un costo che è indipendente dal fatto che poi vengano utilizzati per far passare 2bit/s per un minuto piuttosto che 10Tb/s h24.
    – l’edificio di “prima commutazione” quello dove convergono i cavidotti collegati con le unità immobiliari deve essere comunque e fin dall’inizio dimensionato per il massimo numero di utenti aderenti.
    La parte passiva del local loop pesa oltre il 70-80% uno dei tanti che conferma tale dato è assolutamente corretto è http://www.corrierecomunicazioni.it/news/83493/anfov_per_spingere_le_ngn_condivisione_cavidotti_fondamentale (Anfov)
    siamo di fronte quindi ad un elemento che strutturalmente (per natura) ha un costo a gradino (elevato) indipendente dal numero di aderenti (quantità).
    In una struttura con i costi a gradino il “minimo costo per unità utilizzata” si ha solo se l’utilizzo della struttura è il massimo possibile, se ad esempio il cavidotto è utilizzato da tutti i potenziali aderenti il costo per aderente del cavidotto è il minimo.
    Ora se analizziamo la situazione in termini di utilità “collettiva” e cioè non pensiamo solo in termini dell’utile dell’operatore è naturale cercare un modo per massimizzare il numero di utilizzatori della struttura in modo da avere il minimo costo unitario ( e conseguente prezzo di vendita) e l’utilità collettiva in un mercato funzionante (concorrenziale) è realizzato appunto dalla concorrenza che garantisce per un bene/servizio il minimo prezzo di vendita.
    Perché tiro in ballo la collettività? perché per ammissione pubblica e plurima degli stessi opera
    tori di TLC (Telco) abbiamo che essi “non possono realizzare investimenti con ritorno maggiore di 3 anni” e tali opere necessitano di un tempo di ritorno più lungo sia perché si tratta di investimenti ingenti sia perché si tratta di opere con una vita lunghissima (50 anni) e quindi tali investimenti devono essere realizzati solo dallo Stato, ora però io mi domando perché la collettività debba per mezzo dello Stato finanziare la NGAN e non possa PERO’ prenderne anche la proprietà.
    La domanda è ineludibile soprattutto se si pensa che gli operatori voce (Telco), nonostante stiano operando con strutture ampiamente ammortizzate dichiarino l’incapacità di ottenere profitti adeguati e quindi a questo punto perché non domandarsi se non vi sia un altro modo più efficiente di gestire i costi delle infrastrutture di TLC?
    Gli operatori stessi invocano nuovi modelli di business e di investimento in fatti abbiamo da una parte
    http://www.corrierecomunicazioni.it/news/83455/asstel_e_sindacati_lasciare_libere_le_telco_nella_gestione_delle_reti dove Parisi chiede di lasciare gli operatori liberi di trovare nuovi modelli di business (ovviamente tutti tranne quelli che vendono al proprieta del local loop all’utente finale) e dall’altra http://www.corrierecomunicazioni.it/news/83472/gambardella_etno_per_le_nga_favorire_gli_investimenti_privati dove Gambardella invoca l’intervento dei privati (ovviamente purchè siano pochi privati e non l’insieme di tutti gli utilizzatori di local loop)
    in somma l’ipotesi della proprietà del local loop all’utente finale (concetto noto come “customer ownership local loop”) è visto dalle Telco come l’aglio dai vampiri.
    Una considerazione mi sorge spontanea: gli OTT (a parte i volumi) sono utenti della rete di trasporto come tutti gli altri giusto? infatti non fanno trasporto, e quindi perché secondo le Telco gli OTT dovrebbero partecipare alla NGN mentre ignorano “sistematicamente” la possibilità che ciascuno degli utenti possa avere la proprietà del proprio local loop? forse perché la proprietà distribuita del “local loop” priverebbe i trasportatori (le Telco) di un “walled garden” cosa che non accadrebbe se avessero l’aiuto di pochi utenti speciali (Google, Facebook, etc.).
    Tali utenti speciali infatti prima o poi (se già non l’hanno fatto) svilupperanno un grande interesse per la tutela dei “propri” “walled garden”, detto in altri termini persa la speranza (per le Telco) di ampliare i propri “walled garden” con i servizi e cioè compreso che esse non saranno mai in grado di scalzare i suddetti OTT allora cercano di mantenere i propri “walled garden” invocando (reclamando) le risorse finanziari degli OTT che a quanto pare stanno accettando il gioco proprio perché forse anch’essi, tutto sommato, hanno da guadagnare dal controllo della rete di raccolta (local loop) in quanto un local loop a proprietà concentrata e molto più funzionale alla protezione dei loro walled garden di uno a proprietà diffusa
    P.S. anch’io ho visto la luce quando anni fa ho capito come cambiava radicalmente il mercato delle TLC se si adottava il principio della “customer ownership local loop” peccato che non ne siano ancora al corrente la stragrande maggioranza degli utenti !!!

  3. L’idea è molto interessante anche se definire quale sia il punto giusto di interoperabilità e portabilità e quale sia il limite tra posizione dominante e non dominante è sempre molto difficile e si rischia di rendere molto più “sporco” il gioco.

  4. Luca Giammattei

    No, non hai mangiato pesante, anzi, io da un pajo d’anni lo vado predicando (nel mi immensamente piccolo). Il mio ragionamento partiva invero dagli app store, mi sono sempre sorpreso di come IBM, HP, Nokia, Microsoft et similia non si siano alleati contro Apple&Google per stabilire che possano esistere degli app store “indipendenti”, ancorche’ rispondenti a standard predefiniti. Il ragionamento alla fine e’ lo stesso, nel momento in cui diventi troppo grosso devi essere “obbligato” ad operare per procedure standard ed ad aprirti, altrimenti si richia la formazione di nuovi monopoli “di fatto”, ammazza mercati.

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