Giornali gratis su Agcom : UPDATE

UPDATE: complimenti per la velocità di reazione. Mi segnalano che dalle 920 di stamane è stato aggiunto un controllo della password per limitare l'accesso. E' rimasto accessibile solo poco più di due anni. Adesso vediamo se  qualche altro distratto istituzionale si correggerà e/o se magari l'autorità i farà loro presente la cosa. (elenco non esaustivo, cliccate su ciascuna parola…)

Scrive l'Espresso in edicola oggi:

Come leggere i giornali gratis ? Rivolgersi alla rassegna stampa dell'Agcom.
La rassegna stampa curata da Data Stampa è online visibile a tutti in barba al diritto d'autore.
Ci sono le edizioni del giorno e un archivio di quelle passate da febbraio 2010

Ora, probabilmente la cosa nasce da una leggerezza del fornitore, ma anche il committente, non verificare…

Questo scivolone mostra che gli scenari sono intricati e nessuno può pensare che la cosa non lo riguardi.

Dalla recente relazione al Senato in materia di enforcement del copyright:

l’AGCOM intende focalizzare l’azione di enforcement sulle patologie più significative della violazione del copyright, con priorità quindi per le condotte di violazione sistematica del diritto d’autore rispetto alle violazioni episodiche.

dal febbraio 2010 ….

La sanzione massima prevista dalla bozza di regolamento AGCOM sarebbe di 250.000 euro…

2012.03.23_Agcom_rassegna_stampa_2011.07.08

Questa è la rassegna stampa del 8 luglio 2011, cioè il giorno in cui AGCOM pubblicava lo "schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore".

 

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33 thoughts on “Giornali gratis su Agcom : UPDATE”

  1. E’ sempre sconcertante come le nostre istituzioni si distinguano sempre nel NON fare quello che pretendono facciano i cittadini…
    Volendo, assai off topic ma attuale, un po’ come la riforma dell’articolo 18, vale per tutti tranne che gli statali…

  2. Purtroppo la stessa cosa è stata fatta prima per la rassegna stampa del MEF verso novembre, poi per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a dicembre e ora per l’AGCOM. Non ci sono più pasti gratis. peccato perchè erano ottime da leggere su cellulari in viaggio specialmente in versione testuale. Credo che la decisione di chiuderli sia stata dovuta soprattutto al fatto che erano diventati in tanti i lettori proprio grazie al canale mobile

  3. Caro Quintarelli, senza dubbio la questione delle “rassegne stampa” variamente messe a disposizione online gratuitamente, è delicata ed importante, però la segnalazione de “l’Espresso” temo finirà per determinare soltanto un meccanico rafforzamento delle logiche “walled garden” ed in generale “pay” (come Agom ha messo in atto tempestivamente, post-segnalazione/lamentazione!): il che, per un sostenitore del diritto d’autore e del copyright quale sono io, va bene, anzi benissimo. Mi stupisce che questa stretta… “repressiva” provenga però dalla stessa “fazione”, che, paradossalmente, su altre questioni, spesso teorizza allegramente l’uso “libero e bello” di contenuti audiovisivi di qualità… Due pesi e due misure?! La questione centrale è però altra: nel caso in ispecie, il ruolo di un “service” come Datastampa: qual è il rapporto tra questa società e gli editori di quotidiani periodici? essi beneficiano di un flusso di ricavi, dal servizio che Datastampa vende (ed a caro prezzo, peraltro) ad enti pubblici e società private ?! Io personalmente ed alcuni colleghi utilizziamo spesso queste rassegne stampa assai “free”, anche perché consentono una pre-selezione mirata per aree tematiche, ma tante volte ci siamo domandati quanto spendano, le Pubbliche Amministrazioni italiche, per acquistare da Datastampa il servizio. Qualcuno avrà mai effettuato una ricognizione in materia ?! E’ un bell’argomento, in materia di “nuovi” modelli di business, non credi ?! Buon lavoro e come sempre complimenti per la qualità dei tuoi commenti. Con stima, Angelo Zaccone Teodosi (a.zaccone@isicult.it) / http://www.isicult.it / http://www.italiaudiovisiva.it/blog

  4. non credo di avere capito… la stretta repressiva sarebbe l’aver rimosso alla fonte una divulgazione illecita ? la cosa è disposta da Agcom che non teorizza certo l’uso libero di contenuti di qualita’.
    o forse si riferisce a me per il fatto che ho segnalato l’articolo che c’era sull’espresso stamattina ? anche in questo caso non mi pare di avere _mai_ teorizzato l’uso libero, ecc. anzi.. io sostengo che si debba intervenire sui circuiti di pagamento per togliere il fiato ai pirati.
    Per quanto riguarda i rassegnatori, FIEG ha predisposto una licenza dagli editori ai rassegnatori che prevede il pagamento di una percentuale assai ragionevole come licenza per la remunerazione degli articoli. Non so se datastampa stia retribuendo gli editori, non horagione di ritenere il contrario.

  5. Caro Quintarelli, chiedo venia, debbo aver provocato un “misunderstanding”: la mia voleva essere una battuta, non riferita a te, bensì alla posizione – dal mio punto di vista (quindi: rectius: la mia interpretazione del posizionamento ideologico) – del gruppo “l’Espresso”: che, da un lato, dedica attenzione alla sacrosanta tutela dei diritti degli editori della carta stampata rispetto al web (e – quindi – anche alla necessità di evitare usi impropri delle rassegne stampa telematiche), e, dall’altro, mi sembra sia spesso simpatizzante rispetto ad un uso “libero e bello” dei contenuti di qualità. Mi vanto di essere un discreto analista critico, ma forse sbaglio. Osservavo quindi una qual certa contraddittorietà, o comunque asintonia, nelle tesi de l’Espresso (non nelle tue): da questo deriva la mia battuta su “due pesi e due misure”.
    In relazione ai “rassegnatori”, sarebbe interessante conoscere i fondamentali di questa licenza, e – ti domando – in questi contratti standard è prevista la “divulgazione” anche soltanto parziale delle rassegne?! Ovvero: tutti gli enti pubblici che mettono online parte delle loro rassegne stampe commettono un illecito, e sono quindi pirati (con Agcom che sonnecchia, come spesso, ed essa stessa “pirata”…), o ci sono contratti che consento una parziale messa online “free”? L’argomento è di indubbio interesse, ben oltre il casus in sè. Grazie. Cordialmente. Angelo Zaccone Teodosi (a.zaccone@isicult.it) / http://www.isicult.it / http://www.italiaudiovisiva.it/blog

  6. grazie per avere chiarito. nonostante io rivendichi il diritto di cambiare idea, credo che il mio punto di vista su queste questioni sia abbastanza conseguente nel tempo.
    la risposta e' si. esistono meccanismi facili per fare il proprio business a norma di legge con una retribuzione ragionevole, equa e non discriminatoria degli autori dei contenuti

  7. Rispondo per quoting:
    D. Con la sentenza tedesca c’è una via di mezzo: ti do’ un link ma devi cercare gli altri file.
    R. Mi sembra una soluzione ragionevole per un intermediario che dovrebbe avere i mezzi tecnici e le capacità professionali per farlo.
    D. Poi c’e’ il grande tema di stabilire se chi chiede la rimozione ha il diritto di farlo. Paradossalmente se io, con una fittizia fondazione con tanto di carta intestata e studi legali, decidessi di chiedere la rimozione di tutti i video di un certo autore/editore da youtube, youtube come fa a sapere che effettivamente io ho il diritto di chiederlo ?
    R. Chiaramente dovrai provare preliminarmente la tua titolarità e la tua legittimazione ad agire. In difetto non si entrerà neanche nel merito perchè la domanda verrà rigettata per mancanza di presupposti sostanziali e processuali.
    D. E se qualcuno lo facesse per arrecare un danno a terzi ? ad esempio per far rimuovere per ostilità nei miei confronti un mio video pretendendo di essere il titolare della traccia audio da me usata ? (anche se invece la ho composta io)
    R. Idem. Ed oltre al rigetto della domanda ci sarebbero anche gli estremi per una azione di risarcimento del danno.
    D. Poi c’e’ il grande tema di stabilire se il contenuto a quell’url e’ proprio quello in violazione: se ad esempio avessi una bozza di un mio romanzo dal titolo “alone in the dark” o un filmino domestico sul grande blackout ?
    R. Questo verrà accertato in corso di causa. E sarà motivo per l’accoglimento od il rigetto della domanda nel merito.
    D. Poi c’e’ il grande tema di stabilire se il contenuto è effettivamente una violazione: anche contenuti molto noti possono essere usati se per studio o critica, ad esempio facendo una parodia.
    R. Giusto. Anche questo verrà accertato in corso di causa. E sarà motivo per l’accoglimento od il rigetto della domanda nel merito.
    D. Lasciare che sia l’intermediario a decidere e’ cosa ostica. Se poi quello mi cancella il video sul blackout ed io gli faccio causa ? L’operatore non dovrebbe mai essere parte coinvolta giuridicamente in questa valutazione ma essere un mero esecutore.
    R. Su questo non sono d’accordo: l’intermediario ha sia i mezzi tecnici che quelli giuridici ed economico-finanziari per stabilire se contrastare o meno l’azione che gli viene rivolta. E’ il soggetto più titolato ed informato per farlo, perchè, assumendosi il rischio d’impresa, dovrebbe aver ben calcolato anche i costi di queste evenienze e, con l’esperienza accumulata, dovrebbe saper discernere tra cause fondate e cause infondate.
    D. Negli USA il meccanismo non è poi cosi’ male (ma bisogna ricordare che la’ hanno la common law, comunque). Con il DMCA, se Tizio chiede la rimozione di un file (indicato puntualmente con tanto di URL) giura di essere il titolare edl diritto e che l’uso è illecito. Nell’ipotesi sopra, se il mio filmino fosse indebitamente cancellato perche’ richiesto da Tizio, intanto Tizio sarebbe reo di spergiuro (che è reato e per l’AD di una società non è cosa di poco conto) e poi dovrebbe risarcirmi del danno.
    R. La questione non è così semplice. E la nostra tradizione giuridica (di cui possiamo orgogliosamente esser fieri in tutta Europa e nel mondo) è di gran lunga più garantistica dei diritti delle parti contendenti e dell’intero sistema.
    D. Questo è in estrema sintesi, IMHO, il nocciolo della questione: come costruire un enforcement (in parallelo a quello finanziario per i grandi criminali) che nel meccanismo, nella procedura, offra intrinsecamente delle garanzie che limitino eventuali abusi, tenendo conto delle nostre leggi e del nostro sistema giudiziario. Garanzie che nella bozza di regolamento AGCOM non vi erano…
    R. Nell’ultima versione della bozza di regolamento AGCOM c’erano degli spunti interessanti che, a mio avviso, avrebbero potuto essere presentati anche per sviluppare un produttivo dibattito in sede WIPO (perchè – diciamolo – il vero problema è e resta la condivisione universale delle stesse regole, per evitare interpretazioni ondivaghe).
    D. Poi, c’è tutto il tema di ristabilire alcuni diritti degli utenti che, con il passaggio al digitale, vengono meno (prestito, regalo, mercato secondario)
    R. Questo è un altro argomento da sviluppare concretamente in sede ONU; e che conferma la necessità improcrastinabile di regole certe ed uniche per tutti gli Stati.

  8. 1.- avere i mezzi tecnici per trovare altre violazioni analoghe: minga mass. i siti che vi linkano potrebbero linkare a nomi di fantasia che pero’ hanno lo stesso contenuto. o anche nomi fatte con permutazioni di simboli o lettere accentate che “look similar” alla lettera originaria
    2.- “saper discernere tra cause fondate e cause infondate”. e’ vero che tutto si stabilisce in processo, ma l’idea dell’esenzione di responsabilita’ dell’intermediario e’ che questo non passi il suo tempo in processo, subisca cause che durano anni.. fa altro di mestiere. Il saper discernere e’ complesso. abbiamo in mente tutti la vicenda le corbusier-cassina, per dirne una (ma sono molte) in cui un tribunale ha avuto difficolta’ a stabilire CHI fosse il titolare del diritto. come puo’ farlo un operatore ?
    3.- la nostra civilta’ giuridica e’ garantista, ne convengo. ed ha tempi lunghi che uno degli stakeholder (legittimamente) e’ interessato ad abbreviare fino al tempo reale o quasi. questa e’ cosa inconciliabile.
    4.- ristabilire dei diritti (prestito, regalo, ecc.) si puo ‘tranquillamente fare anche su base locale. di fatto con il sw la ECJ ne ha sancito uno (rivendita licenze usate)

  9. R-1. Non sono un tecnico, ma per quel poco che ho letto ed ho visto, ci sono programmi che consentono di scansionare gli HDs dei server per confrontare data, dimensione del file ed hash. Immagino che Rapidshare et similia abbiano strumenti ben più potenti ed idonei allo scopo.
    R-2. L’ultima versione della bozza di regolamento AGCOM (che avevo commentato qui: http://blog.quintarelli.it/blog/2012/03/il-governo-vorrebbe-dare-tutti-i-poteri-in-materia-di-internet-allagcom.html#comment-6a00d8341c55f253ef0168e9653e6e970c ) prevedeva una fase stragiudiziale che, se gestita in maniera saggia ed opportuna da professionisti esperti della materia, avrebbe risolto il problema all’inizio evitando le lungaggini processuali a cui ti riferisci (e che purtroppo sono la vera palla al piede del sistema-Giustizia in Italia).
    R-3. Ne convengo. Proprio per questo stanno prendendo piede anche in Italia le ADR (e le ODR) ed il procedimento previsto dallo schema della delibera AGCOM era, sotto questo aspetto, una soluzione interessante ed all’avanguardia.
    R-4. Siamo d’accordo, ma non è la giurisprudenza (neanche quella della Corte di Giustizia Europea) che deve sopperire a riforme impellenti che spetterebbero (con oneri ed onori) agli organi preposti a legiferare (nel caso specifico a livello internazionale-globale).

  10. 1.- no, hanno solo piu’ problemi legati alla scala. i sistemi che citi beccano solo file esattamente identici. molto facile aggirarli e nessuna garanzia che becchino contenuti idntici con file diversi. come dire, il rischio per l’operatore c’e’ sempre
    2. 3.- penso che la fase stragiudiziale sia corretta. occorre un bilanciamento anche con privacy e diritti utente.

  11. i nostri antipiracy hanno fatto rimuovere da Rapidshare et similia 170 mila file (singoli brani) nel 2009, 430 mila nel 2010, 690 mila nel 2011 e nel Q1 del 2012 355 mila, solo relativamente ad opere di repertorio italiano, per lo più new release sulle quali c’è la priorità. Oltre a qualche migliaia di video da YT (sul tubo la maggior parte sono monetizzati e il problema è minore). Ho chiesto se vi siano stati problemi e non risulta nessun caso contestato o di falso positivo dal 2009 ad oggi.

  12. Inoltre anche stabilendo che si cancellano tutti i file con lo stesso HASH non potrebbe semplicemente succedere che qualcuno che ha comprato diritti su una certa opera decida di memorizzarla su un servizio di hosting e che sullo stesso servizio venga messo lo stesso file anche da chi invece non aveva diritti? Per combattere la violazione del secondo cancellerebbero anche l’opera del primo, probabilmente arrecando un danno non giustificato.
    Come fa un servizio di hosting a sapere se quello che “depositi” è legale o illegale? Le banche che hanno delle cassette di sicurezza come fanno a sapere se quello che metti dentro alle cassette è tuo o meno e se hai diritti di metterlo lì? Non credo che *chiunque* possa scrivere a tutte le banche per chiedere loro di aprire tutte le cassette e rimuovere eventuali opere che mi sono state rubate.

  13. @Stefano Bagnara: per l’intermediario, che opera con scopo di lucro, sono entrambe condotte perseguite penalmente (vd. art.171 ter L.633/1941 all’URL: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm#171-ter ), per cui è tenuto ad eliminare entrambi i file.
    Nel primo caso che hai rappresentato, se fosse passata la procedura AGCom che avevo indicato nel link del precedente commento, si sarebbe sviluppato nella fase stragiudiziale il contraddittorio a tre (utente licenziatario, intermediario e titolare dei diritti) all’esito del quale, in mancanza di accordo fra le parti, l’intermediario avrebbe dovuto prendere posizione (a favore o contro il proprio utente) per evitare di incorrere in responsabilità. Salvo naturalmente che le condizioni contrattuali del suo servizio lo avessero facultato a rimuovere comunque, a scopo precauzionale, il file controverso (il che è molto diffuso nei TOS scritti bene).
    Il paragone con le cassette di sicurezza non mi sembra molto calzante perchè gli URLs sono a disposizione di tutti (al contrario delle cassette di sicurezza).

  14. Un caso più simile a quello delle cassette di sicurezza: se un file potenzialmente “illegale” sta in uno spazio accessibile sono via username/pwd, in caso di contestazione l’host cancella indiscriminatamente tutte le copie del file presenti, incluso quello ad accesso riservato?

  15. Dipende… per la banca è vero, ma ci sono cassette per cui basta una chiave, che nessuno impedisce di clonare a piacimento. E un URL non è a disposizione di nessuno fino a quando non viene inserito in un DB o non viene condiviso con qualcuno. La sequenza di caratteri che compone una URL è abbastanza equivalente alla chiave che serve per aprire una cassetta di sicurezza.. le probabilità di indovinarne uno casualmente (non avendolo ricevuto da condivisione o trovato il link da qualche parte) sono spesso molto inferiori di quelle di riuscire ad aprire una cassetta senza chiave (ad esempio in un aeroporto).
    E comunque, un URL potrebbe essere anche protetto da login/password (tra l’altro lo schema degli url permette addirittura di specificare login/password, se HTTP, anche nell’url stesso: http://user:pass@sito/path è un URL esattamente come http://sito/path/user/pass o http://sito/path/chiavedisicurezza).
    L’URL è solo un identificativo che può contenere tantissime informazioni, che possono essere pubbliche o meno, che possono essere indicizzate da motori di ricerca o meno.

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