Internet è un bene comune, una dimensione dell’esistenza, un backbone produttivo, l’interfaccia utente del mondo fisico

E' qualche giorno che mi frulla questa riflessione che vorrei condividere..

1) Ho scritto qualche giorno fa che Internet è un bene comune, articolando la motivazione che succintamente riassumo in "Internet è una dimensione dell'esistenza".

2) Internet (=digitalizzazione ed interoperabilità)  impatta anche la produzione, ne diviene il backbone. L'economist ha un bel servizio sulla rivoluzione nella produzione, portata da Internet, che non è solo marketing…

The digitisation of manufacturing will transform the way goods are made—and change the politics of jobs too

Per molti versi è coerente con quanto sostengo nel video che ho registrato per il master del sole 24 ore che trovate qui. Non c'è contrasto con la delocalizzazione, per il trattamento dell'informazione; è indubbio che una parte della produzione fisica ritorna on-shore, a causa di molti effetti tra cui la prossimità dei distretti e le conseguenti economie di skill, ma anche i costi di trasporto e l'aumento dei costi di produzione partecipano nel processo. Lo scenario che mi pare emerga è quello in cui non ci sia uno schema prevalente ma che, a seconda delle attività, del settore e del grado di maturazione delle imprese, ci sia un po' l'uno ed un po' l'altro. (piuttosto non va molto a fondo sul fatto che le relazione lavorative diventino in molti casi più lasche a causa della facilità di scambio dell'informazione e della specializzazione).

io credo che però si vada anche oltre.

3) internet è l'interfaccia utente del mondo fisico.

Un sistema è caratterizzato dalla sua interfaccia utente. Se c'è il clackson nell'auto ma non c'è il pulsante nell'abitacolo, quella funzione per te non esiste.

sempre di più l'interfaccia utente al mondo fisico si dematerializza. E' ovvio per i beni che nascono digitali, lo è meno (anche se è evidente) per servizi e beni materiali.

i tre quarti delle camere d'albergo italiane sono vendute da due siti di prenotazione. le pizze si comprano con coupon ricevuti via mail. il settore di ecommerce che cresce di più è l'abbigliamento.

quando…

Wireless devices capable of holding the full digital representation of our lives, will be in everyone’s pockets in the next 10 years and become the gateway of our transactions and relations, making the immaterial experience another dimension of existence.

se non sarai nell'interfaccia utente, non esisterai.

(si.. ci sono sempre gli effetti di bordo… basta accontentarsi di quelli)

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20 thoughts on “Internet è un bene comune, una dimensione dell’esistenza, un backbone produttivo, l’interfaccia utente del mondo fisico”

  1. Dove si sottoscrive ? sono pienamente d’accordo: i primi e veri connected devices siamo noi ! e infatti “se non sarai nell’interfaccia utente, non esisterai”.
    Ma proprio per questo, occhio all'”impermeabilità digitale”: se non sei digitale (tu, un libro, una canzone, qualunque cosa) l’oblio scenderà su di te molto velocemente e non ci sarà ritorno.
    Quindi bisogna fare qualcosa per salvare ciò che di analogico va salvato e recuperato all’interno dell’inviluppo digitale, e questa missione comincia proprio da voi editori…
    R

  2. Mi piace molto il concetto di Internet as a backbone, non nel senso di opportunità di comunicazione, ma proprio di muro/traliccio/spina dorsale su cui il rampicante-impresa deve appoggiarsi e svilupparsi. Incontro spesso investitori istituzionali, e quando abbiamo finito di contare i km di infrastrutture a banda larga in Italia, gli dico che quello che manca all’appello è un milione di imprese che metta la Rete al centro del processo produttivo…

  3. Stefano Quintarelli hascritto:
    > Roba da matti
    […]
    **roba da ebook a pagamento** la chiamerei io, ecco che accade a rinunciare al **diritto irrevocabile al possesso* sui beni acquistati
    NO AGLI EBOOK A PAGAMENTO (heri, hodie, semper)
    purtroppo la gente usualmente deve farsi male prima di rendersi consapevole di dover fare più attenzione a ciò che fa
    tanto i più bei libri veri sono quelli dell’antichità, e quanto ai pochi moderni degni di essere letti… il loco loro è la carta

  4. Dal poco che ho capito di come girano le cose lì dentro, Michael Murphy ora rischia una defenestrazione abrupta e spietata. Bezos non è famoso per prendere le difese dei suoi impiegati quando le policy idiote arrivano ai piani altri.
    Insomma la cosa più sensata da farsi è parlarne ancora di più, col fine di far superare allo sterco una certa massa critica.

  5. Nè roba da matti, nè roba da ebook a pagamento, semplicemente roba da aspiranti oligopolisti.
    Quando si ha a che fare con contraenti forti (che impongono contratti per adesione) bisogna leggere fino all’ultima sillaba le condizioni generali di contratto. Quelle di Amazon.it sono a questo link: http://www.amazon.it/gp/help/customer/display.html/ref=hp_200571750_sicur_cgdu?ie=UTF8&nodeId=200545940 Quanti leggono e comprendono il significato dell’art.6 (LICENZA PER L’ACCESSO AI SERVIZI AMAZON) o dell’art.20 (TERMINI AGGIUNTIVI PER IL SOFTWARE AMAZON)?
    Se c’è qualche clausola che va oltre il consentito dalla legge, meglio non stipulare il contratto, piuttosto che successivamente imbarcarsi in giudizi tutti in salita. La risposta del contraente forte è la solita: hai liberamente accettato le pattuizioni, ora di che ti lamenti? E se anche vi fosse qualche clausola palesemente nulla, perchè contraria alla disciplina consumeristica o alla direttiva e-commerce, chi si azzarderebbe oggi ad intraprendere un giudizio che in Italia (solo di contributo unificato da pagare allo Stato) costerebbe dieci o cinquanta o cento volte il prezzo dell’ebook? Le associazioni dei consumatori invece di avere la pretesa di invadere il campo di chi il diritto dei più deboli lo difende ogni giorno, dovrebbero, in coerenza con i loro veri scopi istituzionali, intervenire presso le Autorità Antitrust per combattere queste storture che si concretano in tanti piccoli impuniti abusi quotidiani.

  6. Basterebbe fare una legge per cui se dici che VENDI allora non puoi riprenderti nulla e il compratore diventa proprietario.
    Altrimenti devi dire che NOLEGGI, o altro termine da definirsi in modo che il consumatore conosca a grandi linee quello che sta facendo senza leggere 10 pagine di “contratto”: quando vado al supermercato non devo leggere un contratto per ogni prodotto che compro. Non penso sia legale che io metta in commercio un prodotto sugli scaffali dei centri commerciali con scritto sopra “quando prendi questo oggetto accetti le seguenti condizioni, e fra 2 settimane vengo a casa tua a riprendermelo, se mi va”.

  7. @Stefano Bagnara: Di leggi in Italia già ce ne sono troppe e quella che suggerisci sarebbe superflua perchè l’art.1470 c.c. già stabilisce il trasferimento della proprietà di una cosa o di un diritto. Il problema è un altro: se leggi attentamente l’art.6 delle condizioni generali di contratto di Amazon.it noterai che non si parla di vendita di un bene ma di licenza d’uso, per cui tu non acquisti da loro un prodotto (come al supermercato), ma ti viene concessa “una licenza limitata, non esclusiva, non trasferibile e non sublicenziabile per accedere ai Servizi Amazon e farne un uso personale e non commerciale”. E’ errato dunque parlare di “prodotto”, come dicevo in questo commento http://blog.quintarelli.it/blog/2012/09/vendite-libri-fisici-vs-ebook.html#comment-6a00d8341c55f253ef017c31d0be51970b
    trattasi più propriamente di “servizio”. Capìta la differenza (con gli effetti giuridici che da essa derivano), ciascuno potrà regolarsi come crede: preferire un bene, il libro tradizionale, rivendibile e prestabile, o invece un servizio, il libro elettronico, non trasferibile e non sublicenziabile.

  8. Mettiamola così: se domani al supermercato mettono tra gli scaffali mettono delle scatole con sopra il disegno della pasta. Appiccicato sulla scatola c’è un bel libricino di 10 pagine che spiega che dentro la scatola non c’è niente se non una licenza che ti da la possibilità di andare in un luogo X a ritirare la pasta quando vuoi, fino al raggiungimento del KG che hai pagato, e che se poi però cambiano idea e pensano che tu non sappia cucinarla bene possono anche non darti la pasta che hai pagato.
    Io non sono un legale e non so se questo comportamento è legale o meno: in fondo c’è scritto che è un servizio, no?
    Bene: se questo è illegale allora non vedo perchè sul web invece dovrebbe essere legale. Se invece questo è legale allora forse dovrei cominciare a buttarmi in un nuovo business.

  9. @Stefano Bagnara: Se un supermercato fa una cosa del genere (peraltro del tutto legale, perchè potrebbe anche essere una trovata pubblicitaria) dubito che ci siano clienti che comprino quelle scatole. Penso che si dirotterebbero verso altri supermercati per comprare scatole contenenti il “bene”-pasta. Almeno così mi comporterei io.

  10. Secondo me se vendi delle scatole con il disegno della pasta e poi la pasta dentro non c’è qualche bella denuncia te la prendi e comunque ti tocca rimborsare un bel po’ di gente. Attaccarci sopra le “condizioni di servizio” secondo me non ti salva.
    Comunque, ipotizzando che sia legale come dici tu che sicuramente ne sai più di me di queste cose, allora un motivo in più per trovare un metodo che valga sia online che offline per far sì che vendite di prodotti vengano ben distinte da erogazioni di servizi o da licenze d’uso revocabili.
    NON E’ PLAUSIBILE chiedere al consumatore di leggere pagine di condizioni prima di ogni acquisto di ogni singolo bene online.
    In che modo si può risolvere la cosa? A chi va l’onere di informare il consumatore? Dobbiamo invocare la circonvenzione di incapace?
    Credo che anche i monopolisti dovrebbero preoccuparsene, perchè se bruciano un mercato poi sono i primi a rimetterci. Se la gente comincia a pensare che gli ebook sono una fregatura, poi ci vuole un bel po’ di tempo per convincerli del contrario, anche dopo che smetti di dare fregature.

  11. @Stefano Bagnara: E’ chiaro che “se vendi delle scatole con il disegno della pasta e poi la pasta dentro non c’è qualche bella denuncia te la prendi”. Su questo non ci piove. Ma nell’esempio che avevi fatto prima avevi ipotizzato una specie di “caccia al tesoro” con clienti che pur di pagare meno erano disposti ad acquistare scatole “con un bel libricino di 10 pagine che spiega che dentro la scatola non c’è niente se non una licenza che ti da la possibilità di andare in un luogo X a ritirare la pasta quando vuoi, fino al raggiungimento del KG che hai pagato”. Se ci pensi è quello che già accade con i gruppi di acquisto che si recano, su indicazione del distributore, direttamente dai produttori.
    Convengo con te quando affermi che “NON E’ PLAUSIBILE chiedere al consumatore di leggere pagine di condizioni prima di ogni acquisto di ogni singolo bene online” (non me ne volere ma io continuerei a definirlo servizio), tuttavia osservo che ciò avviene quotidianamente anche nella vita reale; pensa all’accensione di un mutuo (online e/o offline), all’accensione di un conto corrente bancario (online e/o offline), alla stipula di un abbonamento con un operatore telefonico (online e/o offline), etc. Gli esempi sarebbero innumerevoli: da un lato c’è un contraente forte che detta le sue regole di 10 pagine, dall’altra il cliente/consumatore che è costretto ad accettarle (in molti casi senza neanche leggerle) e nella totalità dei casi senza poterle rinegoziare (salvo rinunciare alla stipula del contratto).
    Nel mio primo intervento sottolineavo il ruolo istituzionale delle associazioni dei consumatori, che dovrebbero vigilare, prevenire ed intervenire presso le e Autorità Antitrust per chiedere la repressione di tali prassi contrattuali che si concretano, all’atto pratico, in tanti piccoli impuniti soprusi quotidiani. Ma in questo periodo vedo che le associazioni dei consumatori sono più occupate ad invadere il campo del giudiziale, tradizionalmente appannaggio dell’avvocatura (che da sempre è al fianco del cittadino e della parte contraente più debole, a difesa dei suoi diritti nel processo).

  12. E c’è ancora qualcuno che dice che la pirateria non serve? Personalmente non mi preoccupo troppo, prima o dopo amazon e amici dovranno fare qualche passo indietro, se vogliono continuare a vendere. Le persone che hanno perso gli ebook non li ricomprano di certo, e sopratutto non da amazon. Clienti persi per sempre, che si “arrangeranno”.
    E per introdurmi nel vostro discorso, forse la legge dovrebbe ben definire la differenza tra servizio e bene vendibile. Che servizio mai offre amazon? Solo quello del download. Una volta che l’ebook è sul tuo lettore, la loro parte è finita, parlando a livello pratico. Non vedo come sia legale per loro “riprendersi” l’ebook… E dubito che ci sia scritto da qualche parte che gli ebook sono affittati. Magari avranno il diritto di impedirti di scaricarlo di nuovo, non certo di venirmi a casa a formattare il pc, e neppure il kindle, che è venduto e non affittato, al cui interno c’è una memoria venduta e non affittata, che è del cliente e quindi non può essere manomessa in remoto… E quindi? Secondo me stiamo discutendo di niente, cercare di vedere un nesso dietro a vecchi cavilli legali.
    Da tutto questo la gente imparerà solo come sproteggere gli ebook per salvarseli sul pc. Una battaglia persa in partenza, per amazon.

  13. Un mutuo normalmente riguarda una cifra per la quale leggere 10 pagine può essere “relativemente” accettabile. Per un ebook da 0.99€ non è plausibile dover leggere.
    E’ chiaro che se la gente fosse più sensibile alla lunghezza delle condizioni di servizio e diventasse una discriminante per scegliere un servizio piuttosto di un altro (ancora di più che il loro contenuto) allora cambierebbe tutto… ma sappiamo che non avverrà mai “spontaneamente”.
    Comunque qui per me andiamo oltre: un ebook è un prodotto e non un servizio. Se mi vendi un ebook le condizioni devono essere quelle di un prodotto e non di un servizio. Altrimenti devi spiegarlo bene. Se in libreria compro un libro non posso scoprire che ho comprato il servizio di noleggio: noleggio è diverso da acquisto. Se domani qualcuno si mette a dire che vende auto a 2000€ e in realtà i 2000€ sono quelli di un noleggio io credo che stia commettendo una truffa, anche se nelle condizioni di servizio ce l’ha scritto. All’atto pratico di consegna una macchina con la quale tu puoi girare (a parte che poi scopri che dopo un mese la vuole indietro) ma vendita e noleggio sono due cose diverse. Ovvio che non tutte le vendite sono uguali e non tutti i noleggi hanno le stesse condizioni, ma ci sono dei confini invalicabili secondo me e in questo caso Amazon li valica.
    Alla fine al posto di portare i diritto offline anche online finiremo per fare l’opposto e trovarci con le librerie che non ti fanno più andare a casa con il libro ma che quando esci dalla porta se lo riprendono e ti dicono che visto che ha comprato il servizio di lettura puoi tornare quando vuoi a leggerlo lì da loro, purchè gli piaccia come sei vestito.

  14. @Stefano Bagnara: Amazon dice chiaramente che non vende ma concede una licenza limitata, non esclusiva, non trasferibile e non sublicenziabile per accedere ai suoi SERVIZI. Puoi anche continuare a sostenere che un ebook sia un prodotto, ma così non è. Le definizioni, le parole, sono importanti nel mondo del diritto. Se entri in libreria puoi fare una varietà di azioni e stipulare una varietà di contratti. Non è detto che tu debba necessariamente comprare un libro; puoi chiedere di leggerlo gratuitamente sul posto e poi rimetterlo a posto (se il negoziante acconsente avete stipulato un comodato del libro), puoi chiedere di portarlo a casa per leggerlo con calma e restituirlo tra un mese (se il negoziante acconsente, a condizione che tu gli versi una somma minima, avete stipulato una locazione di un libro), puoi chiedere di portarlo a casa per leggerlo con calma e restituirlo tra un mese o, alternativamente, trattenerlo se ti è piaciuto (se il negoziante acconsente, a condizione che tu gli versi una somma minima e, successivamente, se il libro ti è piaciuto, il saldo del prezzo del libro, avete stipulato una vendita con riserva di gradimento). Potrei continuare a fare altri esempi, ma vorrei solo farti capire che le condizioni contrattuali servono proprio a stabilire quali effetti giuridici devono scaturire dalla consegna del libro dalle mani del libraio a quelle del cliente. Anche il tuo esempio dell’auto da 2000€ conferma che sono le condizioni contrattuali a stabilire la natura e gli effetti giuridici. Pensa ad un leasing nel quale il cliente versa 2000€ alla autoconcessionaria ma ha da questa solo la consegna dell’auto (e non la proprietà della stessa). Il contratto è perfettamente valido (non è affatto una truffa) in quanto è interesse dello stesso cliente non affrontare i costi connessi alla proprietà del bene e decidere successivamente se trattenere l’auto (pagando un sovrapprezzo), cambiarla con un nuova auto (sempre in leasing) o restituirla semplicemente non avendo più interesse a (man)tenerla.
    Ti invito a riflettere sul giusto approccio logico-mentale da avere per la risoluzione dei problemi che i nuovi processi tecnologici iniziano a presentare nella realtà di tutti i giorni.

  15. Il messaggio che volevo cercare di far passare è che NESSUNO fa un leasing pensando di aver COMPRATO la macchina. Gli acquirenti conoscono la differenza tra un LEASING e un ACQUISTO. Questa cosa non avviene con gli ebook. Sarà anche chiaro per amazon, ma quando devi comprare c’è un pulsante con scritto COMPRA, non NOLEGGIA. “ebook” per me è il nome di un prodotto e non di un servizio. Chi stabilisce chi ha ragione? Almeno mettiamo neru su bianco se “ebook” è un prodotto o un servizio. Almeno se stabiliamo che è un servizio qualcuno potrà cominciare a vere i “pebook” che sono invece prodotti e che quando li compri nessuno se li può riprendere e che puoi fare quello che vuoi per poterli leggere con qualunque dispositivo tu voglia.

  16. @Stefano Bagnara: Giusto per fare un po’ di chiarezza sulle definizioni: il prodotto è un genus a cui appartengono le species “beni” e “servizi”. Il prodotto è il risultato di una attività di trasformazione di altri beni o servizi. Nel caso dell’ebook io sostengo che vi sia solo trasformazione di servizi: il lavoro intellettuale-umano ed i processi informatici di digitalizzazione. Nella produzione di un ebook non vengono usate materie prime (“beni” in senso proprio) come invece avviene per il libro tradizionale.
    Sul pulsante COMPRA di Amazon posso anche convenire che sia ambiguo e fuorviante, ma ciò è imputabile alla tradizione giuridica di common law che associa nel termine BUY sia l’acquisto di beni che l’acquisto di servizi (non distinguendo la natura dell’oggetto del contratto).
    Noi italiani abbiamo, come diceva Quintarelli in questo post http://blog.quintarelli.it/blog/2012/10/i-garanti-della-privacy-europei-contro-google.html , una tradizione giuridica di civil law bimillenaria (di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi), per cui riusciamo a cogliere le differenze e le sfumature nei concetti e nelle parole. Il problema vero è però un altro: come dicevo nei commenti precedenti Amazon impone ai clienti le sue condizioni (che sono chiare e parlano di licenza). Dice in soldoni: prendere o lasciare (non lascia al cliente/consumatore alcun margine di scelta per la definizione del contratto da stipulare secondo i suoi reali bisogni). A quel punto il cliente/consumatore assennato potrebbe fare qualche passo in più, svoltare l’angolo e rivolgersi alla bottega del libraio con il quale negoziare il modello di contratto più confacente ai suoi reali bisogni (pagandone il giusto prezzo). Tutto qui.

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