Circa la lettera del CEO di Axel-Springer a Google e le prossime decisioni dell’antitrust UE

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Vi anticipo che questo è un post un po' pesantuccio… (ma spero denso e interessante)

Mathias Döpfner, è l'AD di Axel Springer, uno dei principali gruppi "editoriali" europei che ha abbracciato il digitale con grande successo: 42% dei suoi ricavi pari a €2.8bn gli vengono da attività internazionali; i brand tradizionali incidono solo per il 54% dei ricavi. Il 65% dell'EBITDA viene dal digitale (era il 27% due anni fa)

ha scritto questa lettera (pdf) durissima a Eric Schmidt, presidente di Google, che vi invito a leggere.

cito alcuni passaggi, una critica alla lettera di Döpfner e faccio una previsione.

 

in riferimento al caso antitrust europeo il Commissario Almunia (che non è certo assimilabile a Monti vs. Microsoft) aveva rilasciato due mesi fa queste dichiarazioni. Adesso pare che la soluzione per dare maggiore visibilità alla pubblicità dei concorrenti sul motore di ricerca, sia quella di predisporre una nuova area per i risultati sponsorizzati, cosa sulla quale Doepfner scrive:

The Commission is seriously proposing that the infrastructure – dominating search engine Google be allowed to continue to discriminate against its competitors in the placement of search results critical to success. As “ compensation”, however, a new advertising window will be set up at the beginning of the search list, in which those companies who are discriminated against will be able to buy a place on the list. This is not a compromise. This is an officially EU – sanctioned introduction of the business model that in less honorable circles is referred to as protection money – i.e. if you don't want me to kill you, you have to pay me

in effetti…

 

There is a quote from you in this context that concerns me. In 2009 you said: “ If you have something that you don't want anyone to know, maybe you shouldn't be doing it in the first place.” The only sentence that is even more worrying comes from Mark Zuckerberg when he was on the podium of a conference with you and I in the audience. Someone asked what Facebook thinks of the storage of data and the protection of privacy. And Zuckerberg said: “I don't understand your question. If you have nothing to hide you have nothing to fear.” Ever since then I have thought about this sentence again and again. I find it terrible. I know that it was certainly not meant that way. Behind this statement there is a state of mind and an image of humanity that is typically cultivated in totalitarian regimes – not in liberal societies. Such a statement could also have come from the head of East Germany’s Stasi or other secret police in service of a dictatorship. The essence of freedom is precisely the fact that I am not obliged to disclose everything that I am doing, that I have a right to confidentiality and, yes, even to secrets ; that I am able to determine for myself what I wish to disclose about myself.

Scrivevo in questo post "i garanti della privacy europei contro google" (2012)

qui non si tratta di essere "cattivi" o "buoni", ma avere una diversa gerarchia di valori. su certi temi siamo in posizioni assai lontane….

capisco il punto di vista americano e per certi versi lo ammiro. Osservo pero' che loro non hanno avuto la Gestapo e la Stasi. abbiamo radici culturali differenti…

nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE il primo principio è "Art.1 Dignita umana: La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata". Il primo emendamento della costituzione USA garantisce libertà di religione, di parola e stampa.

Rodotà disse:

Bisogna diffidare dell’ argomento di chi sottolinea come il cittadino probo non abbia nulla da temere dalla conoscenza delle informazioni che lo riguardano. “L’ uomo di vetro” è una metafora totalitaria, perché su di essa si basa poi la pretesa dello Stato di conoscere tutto, anche gli aspetti più intimi della vita dei cittadini, trasformando automaticamente in “sospetto” chi chieda salvaguardia della vita privata.

io non vorrei avere come amico che la pensa come Schimdt o Zuckerberg. non gli potrei confidare i miei segreti.

metti che tu vinca all'enalotto e abbia un figlio piccolo, forse non vorresti che si sappia nè che hai vinto nè dove abiti.
metti che tu sia un collaboratore di giustizia
metti che ti stia nascondendo da un ex coniuge violento
metti che tu abbia una predisposizione ad una malattia che possa essere discriminante per un impiego
metti che tu sia una persona nota che riceverebbe troppe chiamate e voglia dormire
metti che certe pratiche siano biasimate dalla comunita' dove vivi e magari punite con l'esclusione
metti che un tuo figlio e' troppo smart e verrebbe respinto dal gruppo
ecc ecc ecc.

Le distribuzioni statistiche in natura non sono uniformi; per ogni fenomeno c'e' chi sta al di fuori della "normalita" e la mancanza di privacy puo' trasformarsi in esclusione, discriminazione o peggio.

L'argomento di Shmidt e' capzioso perche' sottintende una "normalita" mentre la tutela e' proprio per chi "normale" non lo e' (per fato o scelta).

Mi piacerebbe conoscere il numero di telefono e l'indirizzo di casa di Schmidt, supponendo che lui sia trasparente, ma forse, seguendo il suo argomento, per non doverli nascondere, non usa il telefono e non ha una casa fissa.

Di sicuro lui ha i miei.

 

perchè la base è proprio questa: non siamo tutti sullo stesso piano.

E non si tratta solo di Schimdt, ma anche di Page:

He dreams of a place without data – protection laws and without democratic accountability. „There's many, many exciting and important things you could do that you just can't do because they're illegal“, Page said back in 2013, continuing „ …we should have some safe places where we can try out some new things and figure out what is the effect on society, what's the effect on people, without having to deploy kind of into the normal world.“

non proveremmo mai una sostanza senza un protocollo di sperimentazione e controlli rigorosi, che arrivano all'uomo solo come ultimo stadio, dopo numerose verifiche.

però potremmo provare – secondo Page – cose "innovative" su dei pezzi di società.

pero'.. pero'… già nell'antico testamento c'era scritto che "ne uccide più la lingua che la spada" (libro del siracide, cap 28, vers. 18) e chiunque abiti la rete da un po' sa come una vita possa essere rovinata da un uso distorto (di tutti i media, rete inclusa)

chissà se le proverebbe sui suoi figli (di uno dei quali non si sa nemmeno il nome…)…

non tutti siamo sullo stesso piano.

 

Döpfner dice che google potrebbe dimostrare un po' di buona volontà

By not saving IP addresses, automatically deleting cookies after each session , and only saving customer behavior when specifically requested to do so by customers. And by explaining and demonstrating what it intends to do with its floating group headquarters and development labs.

l'invasività di google nella nostra privacy e' aumentata nel tempo

le prime privacy policies di Google (giugno 1999) dicevano

Upon your first visit to Google, Google sends a “cookie” to your computer. A cookie is a file that identifies you as a unique user. It can also store personal preferences and user data. A cookie can tell us, “This is the same individual who visited Google two days ago” but it cannot tell us, “This person is Joe Smith” or even, “This person lives in the United States.”
Google uses cookies to track user trends and patterns, in order to better understand our user base and to improve the quality of our service. Google may also choose to use cookies to store user preferences.

fino al 2001, quando sono cambiate dicendo che tenevano informazioni personali fornite dagli utenti

nel 2004 hanno iniziato la strategia degli account, che pero' erano separati per servizio

nel 2012 hanno poi fatto il grande salto ed unificato tutti gli account su cui scrivevo

Tre piccole osservazioni:

  1. Non c'e' scritto per quanto tempo le tengono (e sul traffico telefonico/SMS [per adesso non applicabile in italia], non so giudicare se sono compliant alle norme sulla data retention telefonica.
  2. I limiti dei consensi forniti a varie società del gruppo Google per usi differenti, a seconda del servizio, ora vengono ignorati perche' tutti i dati vengono presi e messi assieme (ma uno che ha dato il consenso a Picasa per le foto non lo ha dato a Orkut.. (io ti ho dato per A, adesso tu pigli i dati e li metti assieme a B))
  3. Non consentono la cancellazione. Ovvero, se cancelli le informazioni, loro le possono tenere … "unless we have to keep that information for legitimate business"(oltre a non cancellarle dai backup

 

re. il terzo punto, più di recente scrivevo relativamente ai dati raccolti dall'NSA

ora, tutti vogliamo un bene dell'anima a Obama e ci fidiamo ciecamente di lui come garante.

ma se, ad esempio in seguito ad una crisi, tra 15 anni arrivasse un dittatoruncolo ?

e se tra 30 anni (che so, per una guerra) si determinassero le condizioni per cui le mie figlie saranno discriminate perchè io avevo scritto che quel grande paese che amo che sono gli USA, in questo caso sta sbagliando ?

perchè, nessun ebreo, solo pochi anni prima della seconda guerra mondiale, avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo.

e nessun ucraino avrebbe potuto immaginare un anno fa quello che sta accadendo adesso.

 

il punto 2, in particolare, per me è delicato.

immaginiamo che google compri una società che fa analisi mediche.

il consenso che ho prestato alla società di analisi mediche, lo avrei dato se sapevo che poteva finire a google ? o le avrei fatte in una società che prometteva di anonimizzarli prima di una cessione di ramo d'azienda ?

i dati dei miei spostmenti con waze, glieli avrei dati se avessi saputo che google li avrebbe poi incrociati con il resto dei miei dati ?

IMHO le autorità della privacy dovrebbero esprimersi sulla non integrabilità dei dati risultanti da acquisizioni, ordinandone la consegna agli utenti e la cancellazione da parte delle aziende. (anzi, magari lo farei ancora adesso, per le fusioni già fatte, non credo ci sia la prescrizione…)

 

 

Döpfner prospetta, come ipotesi di soluzione al problema competitivo, che

But Google could – for its own long – term benefit – set a good example. The company could create transparency, not only by providing search results according to clear quantitative criteria, but also by disclosing all the changes to algorithms.

il fatto è che non esiste la search neutrality. scrivevo qualche anno fa:

per me le parole "search neutrality" sono un ossimoro.
un motore di ricerca di mestiere seleziona e presenta in un ordine stabilito da un algoritmo.

se l'algoritmo fosse pubblico, i contenuti online sarebbero tutti prodotti matematicamente per massimizzare la probabilita' di finire nella prima pagina, il sistema si annichilerebbe.

mo' se favorisce uno dei propri servizi, un servizio  della stessa societa', c'è un tema di antitrust.

ma come saperlo ? come sapere se un servizio di google e' artatamente presente in prima pagina per un vantaggio unfair, se l'algoritmo non può essere pubblicato  ? [perchè altrimenti il motore di ricerca non funzionerebbe piu' perche' tutti i contenuti sarebbero prodotti per finire in prima pagina dove tutti ovviamente non possono stare]

ha certamente ragione quel dirigente di Dailymotion che accusa Google di favorire i risultati di youtube nella ricerca

ma ciò è "giusto" ? è il criterio "giusto" per dare il risultato migliore all'utente ? o è un abuso di google a proprio vantaggio ?

 

il punto è questo: non è decidibile con l'attuale struttura del mercato.

e allora bisogna cambiare la struttura del mercato.

3 anni fa scrivevo:

chi fa il gatekeeper, puo' anche fare il contenuto ?

IMHO, sarebbe meglio di no. Scrissi un post molto tempo fa al riguardo.

anche la finanza è regolamentata in modo simile modo (non con grande successo, ma immginiamoci se non lo fosse!) con le pareti cinesi: chi fa studi (e da le opinoini sugli investimenti, su dove andare a mettere i tuoi quattrini) non deve comunicare con chi degli investimenti beneficia.

ovvero chi fa gli interessi dalla domanda e chi fa gli interessi dell'offerta devono essere separati.

non vedo altra soluzione ad una separazione tra il business della search ed il resto

 

e ancora (2009):

… None of the investigations take aim at Google’s core advertising business. And unlike other technology giants in years past, Google has not been accused of anticompetitive tactics.

Nessuno ha mirato al cuore, ancora.
Non e' vero che AT&T e' stata smembrata per pratiche anticompetitive.
Nel 1984 AT&T si e' smembrata come effetto di una causa antitrust non per abuso ma perche' era troppo grossa, in ragione del principio alla base dello Sherman Act:

“If we will not endure a king as a political power we should not endure a king over the production, transportation, and sale of any of the necessaries of life,”

"Se non facciamo perdurare un re come potere politico, non dovremmo fa perdurare un re sulla produzione, trasporto e vendita di alcuna delle necessità della vita" e nel 1982 e' stato ritenuto che la telefonia era una delle necessità della vita.

But the investigations and carping from competitors and critics have Google fighting to dispel the notion that it has a lock on its market… “They describe where they are in a market under a kind of a fairy-tale spun gloss that doesn’t reflect their dominance of key sectors,” said Jeff Chester, executive director of the Center for Digital Democracy.
“Google search is an absolute must-have for every marketer in the world.”

Google cerca di dissipare l'idea che ha un controllo sul suo mercato.. "si descrivono come se fossero in una fiaba", dice il direttore  del centro per la democrazia digitale. "Google e' obbligatorio per ogni marketer del mondo".

 … some experts say that the steady stream of headlines about antitrust investigations could tarnish Google’s image with consumers, who by and large still view the company, and its growing list of free and innovative online services, positively.

"il costante flusso di notizie circa investigazioni dell'antitrust potrebbe danneggiare l'immagine di Google nei consumatori che vedono ancora l'azienda in luce positiva grazie alla lunga lista di servizi gratuiti ed innovativi."

perchè gratuito ? per colonizzare

anche questo è del 2009:

di una cosa possiamo essere certi, al futuro della monetizzazione online Google ci pensa, eccome.

E finche' non appare uno strumento di micropagamenti interoperabili o fino ad un eventuale intervento dell'Antitrust, puo' dormire sonni tranquilli.

BTW, finchè non c'è alcun modo per fare micropagamenti online interoperabili e capillari, la pubblicità è l'unico modo massivo di monetizzare e certamente non è interesse di google che questo cambi. Nei cellulari, appena si è verificato con l'app store di apple, ha lanciato android che ha conquistato il meccanismo di micropagamenti della maggioranza degli utenti del mondo (e anche qui c'è un tema antitrust, ma ne parliamo un'altra volta)

Google ha l'immagine dell'aperto e gratuito, o quantomeno flat. Nella sostanza mantiene degli elementi di lockin fortissimo degli utenti per assicurarsi l'audience e un sistema di billing sofisticatissimo ed assolutamente non forfettario per garantirsi i ricavi, in una forte posizione di monopolio, con dei margini altissimi (molto superiori alla normale remunerazione dei capitali in un mercato competitivo).

Essere monopolisti non è un reato, non e' illegale. Anzi, se il monopolista si comporta bene, nell'interesse degli utenti (secondo alcune dottrine), e'  addirittura molto positivo.

Il fatto che sfrutti la sua rendita monopolistica per controllare settori chiave di innovazione in mercati adiacenti a quello dei motori di ricerca non si puo' ritenere un abuso, anzi, offre cioccolata gratuita, spesso di buona qualità, agli utenti.

When asked about marketing Wave during the launch Q&A, the Google reps said “We really haven’t thought about that too much.” What about advertising? “We haven’t thought about that yet.” What about competition? “It’s not something we really thought a lot about.” So what have the Googlers thought about?

E il marketing ? non ci abbiamo pensato. Promozione ? non ci abbiamo pensato. Concorrenza ? non ci abbiamo pensato.

E giustamente, non serve che ci pensino, anzi, non devono. Chiunque altro dovrebbe fare i conti con i dollari ma Google no, per la ragione di cui sopra. Anzi, riempire uno spazio serve ad evitare che si possa creare qualcosa che potenzialmente disturbi, come forse potrebbe succedere con Facebook.

 

ma non solo.

perchè google è passata negli anni dal "identificare che si tratta dello stesso utente" ad "avere un unico profilo per tutti i servizi" ? (anche quelli con margine di contribuzione bassissimo, anche quelli che sono un costo puro)

penso che sia perchè un motore di ricerca "puro" ha un problema, ovvero che la concorrenza, un altro motore di ricerca, è a distanza di un click.

allora serve avere delle occasioni per far tornare spesso l'utente a ridigitare nell'indirizzo il mio dominio, ad integrare tutto, ed allora ecco la mail e poi, per fare effetto rete, ecco i documenti condivisi (**). un acquario in cui far nuotare l'utente ma dove la fonte di ossigeno è una sola.

in pratica, nel "sistema google" viene sfruttato magistralmente l'unico mercato dove è monopolista assoluto mondiale per colonizzare mercati adiacenti (mi chiedo perchè Zoho documents non abbia mai intentato una causa antitrust – in europa) (*)

 

I regolatori (non solo europei) hanno storicamente posto grande attenzione verso gli operatori di tlc e hanno  largamente ignorato gli operatori Over The Top (OTT) di Internet (e l'idea che i secondi paghino i primi è una sciocchezza, come scritto altrove) , forse a causa della velocità e della non comprensione del business, in particolare in italia, dove viene guardato con leggerezza e grande superficialità da quasi tutti i leader italici non capendone l'estensione e le reali implicazioni per tutta l'economia.

 

(questo è del 2011)

Pensiamoci un attimo….

  • Uno degli obiettivi che si sono dati i regolatori è accelerare la number portability fino  a poterla fare nello stesso giorno. L'obiettivo è assicurare la massima "migrabilità" di un  utente da un fornitore all'atro.
  • Elementi centrali della strategia delle internet companies sono effetti rete e lockin degli utenti.

E' chiaro che c'e' una asimmetria regolamentare.

 

forse questa lettera di Döpfner è un tipping point

avviene in un momento in cui ci deve essere un cambiamento del commissario europeo per la concorrenza ed una decisione dell'antitrust europea si google.

non credo che Almunia deciderà prima della nuova commissione, ma penso che appena insediato il nuovo commissario, questi si trovera' da affrontare un tema spinoso ma fondamentale per il futuro, con tutta l'industria europea che nel frattempo si sarà schierata da una parte procompetitiva.

vedremo se avrà la stessa determinazione che ebbe Monti.

 

qui sotto ci sono alcuni update, approfondimenti relativi a mail che ho ricevuto. vi invito a leggerli, se volete.

(*) update: uno degli effetti dell'economia dell'informazione e' che costruire un sistema costa molto, poi il costo incrementale per utente è praticamente nullo. se, grazie alla tua potenza finanziaria nel momento dell'investimento, consideri poi l'investimento stesso come un sunk cost, ti puoi permettere di non prezzare la pubblicità sulla base dei costi variabili sostenuti ma lasciare che il prezzo venga fatto tatalmente dal cliente con un meccanismo di aste senza prezzo base di partenza!

questo implica che il potere di fissazione di prezzo per la pubblicità passa dal media (che doveva remunerare costi variabili e quindi aveva una base di negoziazione) all'inserzionista. passa da essere legato ai costi di produzione ad essere legato esclusivamente ai margini dell'inserzionista. una cosa che ha un effetto leva imponente (negativo) sui sistemi che includono gli atomi e non solo bit, trascinando verso il basso i ricavi di tutta l'industria pubblicitaria che si basa su costi (anche in minima parte) variabili.

(**) update 2: per chiarire circa i documenti condivisi: l'architettura dei documenti condivisi di Google prevede che tutti gli utenti siano utenti registrati di google e che lavorino contemporaneamente collegata alla cloud di server di google. E' come il formato "doc", ma on steroids: se domani devo co-redarre un documento, su che piattaforma lo faro' ? su Google, che ha esteso la sua dominanza dalla search alla mail ai documenti e quindi tutti sono registrati, o su un'altra piattaforma cui pochissime persone sono gia' registrate ? e una volta che il documento è creato, sono sicuro che tutti i relativi contributori torneranno li', piu' e piu' volte.

non è l'unica architettura possibile!

scrivevo (2010)

Io amo Internet, quella dei protocolli, del rough consensus and running code, non quella dei servizi centralizzati o comunque proprietari.

…Immaginiamo la mail che nasca ora: non c'e' nessuno che usa la mail. Parte mailbook.com e offre la mail. la fa aperta ed interoperabile ? no; dice (legittimamente) "venite tutti da me perche' offro la mail"

Internet non poteva nascere fuori dalle università: il privato cerca di massimizzare il proprio interesse, di raggiungere autnomamente la massa critica perchè una volta che ce l'hai, hai conquistato il mondo.

Le università, invece, fanno la mail aperta ed interoperabile e fanno raggiungere al sistema intero la massa critica.

certo, nelle telco non è così, perchè le norme stabiliscono l'interoperabilità, perchè fin da molti decenni fa pensiamo che l'interoperabilita' e la pluralità dell'offerta sia un valore per la società

e' pensabile avere un sistema di docs interoperabile non su un unico server di una unica organizzazione ? la risposta è si.

e Google lo stava facendo, era Google Wave che prevedeva appunto un protocollo e dei server che interoperavano con utenti locali ad ogni server che collaboravano alla redazione di documenti

ma questo non avrebbe generato lockin. sta di fatto che Google ha ammazzato il progetto.

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22 thoughts on “Circa la lettera del CEO di Axel-Springer a Google e le prossime decisioni dell’antitrust UE”

  1. Giorni fa stavo facendo una dimostrazione pratica ai miei genitori 75enni della rete ed in particolare del video sulla rete.
    Mi sono sorpreso nel vederli a loro agio con i video della sezione “top rated” di youtube: I 3 tenori, Pavarotti, Bob marley. Anche la sezione “Animali” della versione italiana. Gli sembrava di vedere “paperissima”. Erano interessati ai contenuti, davano per scontato il contenitore (grazie anche all’uso del telecomando invece che della tastiera) ed apprezzavano che si potesse “cercare” qualcosa da vedere o seguire persorsi basati sulla correlazione fra i video.
    Ero molto soddisfatto, fino a quando mi sono lasciato sfuggire la parola “youtube”.
    A quel punto mia madre si è rabbuiata, mi ha fissato con uno sguardo serio che non vedevo da 20 anni e ha detto : “a me non piace youtube, è pericoloso”, mentre mio padre annuiva.
    Mi sono lasciato prendere un pò la mano e mi sono scagliato in una filippica contro i giornalisti che potete immaginare, col risultato di rompere definitivamente la magia che si era creata.
    Anche se il primo impulso è quello di reagire con rabbia e di rinunciare a convincere chi non ha convenienza a convincersi, sottoscrivo in pieno la lettera a Vespa, nei contenuti e nel tono; è l’unico modo per cercare di cambiare le cose.

  2. Stefano, concordo con quanto avete scritto e sul fatto che questa lettera andava firmata da persone di una certa “caratura” per dargli rilevanza agli occhi di certi personaggi (anche se sembra di dare avallo al fatto di essere in un paese dove se non sei qualcuno non ti si fila nessuno …).
    Nello stesso tempo trovo la lettera troppo soft e troppo prolissa: soft in quanto secondo me meritava un approccio piu’ “energico”, prolissa in quanto si mettono insieme tante cose e si perde un po’ il nocciolo del problema in mezzo a tanti altri problemi (pur veri).
    Detto questo comunque avete, per quello che vale, tutto il mio appoggio.

  3. per fare un esempio concreto: Solženicyn fu un eroe di guerra sul Dnepr … verso fine guerra (aveva 27 anni!) fu trovata una singola lettera critica sul regime da lui scritta a un amico a diciotto anni e successe quel che sappiamo. Il vento cambia e non sappiamo cosa può succedere!

  4. Articolo che avrebbe potuto essere scritto solo da chi conosce la rete dagli albori (con riflessioni che, personalmente, condivido appieno). Inserito già fra i bookmarks. Ben ritrovato, Quintarelli, mi mancavano i suoi posts di approfondimento.

  5. Condivido dalla prima all’ultima parola.
    Mi permetto di aggiungere un ulteriore fronte su cui il “sistema Google” si rivelerà assolutamente pernicioso nei prossimi anni: quello dell’hardware connesso in rete, secondo una malintesa interpretazione della Internet of Things. Ho trattato brevemente il tema in questo articolo: http://www.chefuturo.it/2014/03/perche-solo-la-cultura-open-source-dei-fablab-puo-salvarci-da-auto-e-frigo-intelligenti/ Penso sia molto pertinente, e per questo lo segnalo a Stefano Quintarelli e ai suoi lettori.
    Cito infine il mondo dei dispositivi cosiddetti wearable, a cominciare dai noti Google Glass: l’idea che la persona con cui stai parlando ti stia riprendendo e magari trasmettendo le tue immagini perché siano incrociate con altri dati che ti riguardano è obiettivamente spiacevole, per non dire preoccupante, e ha un diretto effetto sui contenuti e le modalità di quella che altrimenti sarebbe una normalissima conversazione a quattr’occhi. Ho provato questa sensazione di recente, parlando con un portatore di Google Glass a margine di una conferenza…

  6. essendo io un noto ignorante di storia europea (essendo cresciuto in sudamerica) non conoscevo questo evento. ovvero non sapevo che fu imprigionato a causa di una lettera.
    grazie davvero.

  7. bravissimo.
    bisogna pensare a entrambe le cose. in particolare quando non saprai che lo fanno. ovvero fare in modo che non si possa non sapere e che si possa anonimizzare.
    grazie per la riflessione.

  8. Mauro Meanti

    Stefano – essendo tu “nel” sistema, perche’ secondo te c’e’ cosi’ poca sensibilita’ politica sul tema, da noi?

  9. siamo 4 virus in mezzo ad un sacco di anticorpi… 😉
    in italia, in particolare, abbiamo una situazione economica complessa figlia di dinamiche del passato. siamo il paese piu’ vecchio del mondo; nel 2050 il 19% della popolazione avrà piu’ di 80 anni. abbiamo una economia fortemente corporativa, ecc. ecc.
    risultato, piu’ che ministero dello sviluppo economico dovremmo chiamarlo ministero per le emergenze economiche.
    ci sono troppe emergenze e contingenze da affrontare per poter alzare lo sguardo e pensare al futuro, come avevano fatto in germania 15 anni fa con la Zukunftskommission di erwin teufel.
    inoltre, il sistema decisionale e’ fatto in modo tale da dare potere di veto a qualunque gruppo organizzato di dimensione sufficiente per cui introdurre mutazioni profonde e’ praticamente impossibile. (quando un paio di governi fa iniziarono ad essere varati provvedimenti incisivi, il governo cadde)
    su questo tema specifico, vedrai, paesi piu’ lungimiranti di noi si muoveranno a livello europeo. non che qui non ci sia deficit di analisi e di proposta. c’e’ deficit di attenzione ed applicabilita’.

  10. La diagnosi è perfetta e la prognosi azzeccatissima.
    Manca però la cura e il medico che la sa applicare!
    Non hai scritto cioè COSA FARE e soprattutto CHI LO DEVE FARE.
    Su questi due punti Mathias Döpfner è stato più chiaro.
    Anzitutto ha puntato il dito su Almunia. E in chiusura ha avvertito Schmidt che prima o poi arriverà un politico capace di imporre uno scorporo.
    Secondo me è ora di evangelizzare il breakup di #G.
    Ciao
    Dario

  11. La cito: “per me le parole “search neutrality” sono un ossimoro.
    un motore di ricerca di mestiere seleziona e presenta in un ordine stabilito da un algoritmo.
    se l’algoritmo fosse pubblico, i contenuti online sarebbero tutti prodotti matematicamente per massimizzare la probabilita’ di finire nella prima pagina, il sistema si annichilerebbe.
    mo’ se favorisce uno dei propri servizi, un servizio della stessa società, c’è un tema di antitrust.
    ma come saperlo? come sapere se un servizio di google e’ artatamente presente in prima pagina per un vantaggio unfair, se l’algoritmo non può essere pubblicato?”
    Il mio semplice punto di vista: quando vidi nascere dal di dentro le più grosse multinazionali dell’informatica (a furia di acquisizioni), prima che queste divenissero realtà qualcuno, che si chiamava antitrust, ne doveva dare l’ultimo ok! Ora perché secondo lei una qualunque antitrust sia essa Americana e/o Europea, o forse auspicabilmente insieme, non possono imporre a Google o Bing o chiunque altro, un analisi degli algoritmi periodica e secretata, senza rilevare alcun segreto industriale?

  12. Fondamentalmente potrei condividere, ma ci vedo un pizzico di quella cultura del ho-tutti-i-diritti che ormai è dominante. Mi spiego: voglio scrivere tutto ciò che mi riguarda dappertutto, non mi voglio preoccupare di proteggere le informazioni delicate (per pigrizia o ignoranza), la password è il nome di mio figlio MA la mia privacy è un mio diritto. In pratica lascio l’auto aperta, con le chiavi dentro, la borsetta sul sedile, ma ho il diritto di ritrovare tutto quando torno. Giusto, ma forse non proprio giusto.

  13. Ho letto con attenzione la lettera aperta di Doepfner, ha molti aspetti positivi ma anche alcune criticità, io credo.
    Questi due punti critici:
    “This means that we are not talking about the Internet here, but only about the role that Google plays within it.”
    Questa frase, che spesso si sente ripetere in una o nell’altra forma, andrebbe meditata meglio.
    Perché non si parla di Internet ma di una specifica azienda (o di un gruppo ristretto di aziende)?
    Quel è, realmente, oggi, la differenza tra Internet e quel gruppo ristretto di aziende?
    Credo che non si debba dare per scontata né la risposta né l’atteggiamento. Parlare di una o poche aziende, per quanto enormi esse siano, è comunque limitante: ne esistono altre, meno grandi e meno note, ma nel loro aggregato la dimensione è significativa e lo è ancora di più il trend di sviluppo di un settore industriale, quello della gestione e commercializzazione di dati personali, che sta sempre più sostenendo un’intera economia.
    “But it would above all be a betrayal of the consumer, who will no longer be able to find what is most important and best for
    him but what is most profitable for Google – at the end a betrayal of the basic idea behind Google.”
    Questo è già in larga parte così, è dibattuto e ci sono ricerche. Inoltre, io temo un inevitabile fallimento quando si ricorre ad argomenti di principio vagamente etici come “il tradimento dei consumatori” o categorie come “best for him”.
    I consumatori sono plasmati dal contesto, è un oggetto ambiguo il “best for him”. Ad esempio, è noto da decenni la tendenza spontanea delle persone all’omologazione con coloro che condividono tratti comuni (homophily, in italiano omofilia erroneamente associata solo agli omosessuali).
    Google e gli altri la favoriscono. Allo stesso tempo, è noto da decenni che l’eccesso di omofilia e di omologazione ha effetti tendenzialmente negativi sia a livello micro che macro, ma non esiste una politica chiara su come, quando e in che misura contrastarla.
    Questa argomentazione mi ricorda i discorsi sulla Net Neutrality che inevitabilmente è stata erosa per motivi di business a dispetto delle motivazioni di principio.
    Mi pare che il ragionamento di Doepfner sia carente dal lato dell’analisi del business e dei motivi economici fondamentali. Non basta dire che prima o poi un monopolio crolla. Dipende da quanto tempo ci mette e cosa viene dopo, spesso il risultato è che il processo di formazione monopolistica/oligopolistica rimane intatto e a un monopolio ne succede rapidamente un’altro, magari ancora più forte grazie alla tecnologia.
    ciao
    m

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