NSA pornografica

porn

 

websense viene usaato dalle aziende per analizza e filtrare i contenuti al fine di evitare malwaare e diverse classi di contenuti (tra cui quelli a sfondo sessuale). Un po' come gli antivirus, i meccanismi di classificazione dei contenuti vengono mantenuti ed aggiornati dalla casa madre.

questo mio post sulla NSA che spiava 9 cittadini su 10 non sospettati di nulla – *assolutamente* innocuo, inequivocabilmente non a sfondo sessuale, leggere per credere – che in larga misura riprende un post della rai, è stato censurato da websense in quanto ritenuto pornografico.

… a pensar male…

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12 thoughts on “NSA pornografica”

  1. In ufficio da noi (filtro con Cyberoam) si accede senza problemi.
    Temo che il blocco nasca in automatico dalle parole “ragazze in bikini” all’inizio del post 🙂

  2. giorgio giunchi

    Consolati del tuo peregrinar: a me e Claudio Allocchio un intelligentissimo programma
    scritto suppongo da un bipede implume del terzo pianeta a partire dal sole
    mandava nel tritacarne corrispondenza nel corpo della quale c’ era scritta la
    magica parolina spam.

  3. Volevo segnalartelo, meno male che ho controllato prima.
    Possibile che non si possa fare qualcosa? Stando alle cronache ci sono state prese di posizioni di parlamentari per argomenti ben piu’ futili.

  4. Cosa vi indigna, che vengano raccolti i dati o che il traffico sia in chiaro?
    Per il primo punto si può sempre partire dall’assioma che “qualsiasi dato personale praticamente leggibile e potenzialmente utile sarà letto e utilizzato”, per il secondo… in effetti costerebbe poco rimediare.

  5. Ammettere un assioma del genere mi sembra una stupidata. Come dire che che fra la possibilità e l’atto non deve intercorrere una valutazione. (no, non economica. Etica.)
    E sì, è una palese violazione della normativa europea sulla protezione dei dati personali perché è palese sia l’eccedenza della raccolta rispetto a qualsiasi finalità sia la potenziale sensibilità delle informazioni. Dalle letture è possibile inferire (magari sbagliando, ma cosa vuoi che gli importi a quei bifolchi) informazioni sulle preferenze di tipo politico, sessuale e religioso del lettore. E la raccolta illecita di informazioni del genere costituisce un reato penale. Per questo genere di cose ogni nazione della UE ha apposta un garante. E le sanzioni sono notevoli. mi piacerebbe vederle applicare.

  6. Anche l’algoritmo di allocazione della merce negli scaffali di una grossa catena distributiva può mettere in ginocchio una azienda 😉
    Sarebbe interessante sapere se unilibro ha avuto una consulenza SEO e se ha fatto operazioni SEO nella sua storia: ci sono operazioni che possono portare a penalizzazioni. E chi siamo noi per dire a google come ordinare i risultati visto che google li ordina per compiacere i suoi utenti che sembrano essere contenti di come vengono ordinati?
    Se negli autosuggest viene messo “ibs” al posto di “unilibro” di solito significa che google fa una “espansione” della ricerca e se sostituisce una parola con un altra è di solito perchè la ritiene un sinonimo più usato. Quella dell’autosuggest è proprio un metodo con il quale i SEO verificano le espansioni delle ricerche. Potrebbe aver rilevato una struttura molto simile e contenuti molto simili e aver quindi “innescato” l’algoritmo che identifica siti che duplicano i contenuti.
    Nella serp di cui mostrano lo screenshot si vede chiaramente che la prima pagina unilibro non ha il titolo del libro come title: questo significa che o non esisteva una pagina con il titolo del libro (e quindi non ci sarebbe da stupirsi se google ha preferito mostrare ibs) o che la pagina esisteva ma per qualche motivo google non l’avesse indicizzata…
    Vedo dura risolvere questo genere di questione in tribunale: un algoritmo di ranking sarà sempre parziale, come anche solo un ordinamento alfabetico favorisce chi comincia per A rispetto a chi comincia per Z… Se l’algoritmo decide che IBS è più autorevole di Unilibro secondo me può farlo.. se è un errore dell’algoritmo allora ci sarà qualcuno che lo sta studiando e che proverà ad abusarne fino a quando Google non ci metterà una pezza. Se un algoritmo mette A prima di B può farlo volontariamente o grazie ad un bug, ma di fatto cambia poco.. se il suo compito è ordinare e non ci sono leggi che stabiliscono come deve ordinare non vedo come chiunque possa lamentarsi di come ordina, a meno che non venga fuori che Google ha preso soldi da IBS per ottenere questo comportamento (e lo dubito).
    O forse l’ascesa di unilibro ai vertici delle SERP era conseguenza di una SEO troppo spinta e con i vari aggiornamenti dell’algoritmo Google ha messo una pezza all’algoritmo riequilibrando le cose… Ogni volta che google cambia l’algoritmo ci sono siti che vanno su e altri che vanno giù.. ogni volta che un utente su internet fa un commento, un tweet, aggiorna un contenuto o altro, le SERP di alcune parole possono cambiare…

  7. #include di quello che ha scritto Stefano Bagnara qui sopra, che condivido in pieno.
    Non e’ cosi’ che si cercano i titoli all’interno dei siti con Google.
    A me sembra che gli avvocati abbiano fatto in modo di “far venire il risultato” come quando a scuola sapevi il risultato dell’equazione e facevi di tutto per arrivarci.
    E comunque accusare un motore di ricerca di non dare “il giusto spazio” ad un’iniziativa commerciale e’ una storia di arroganza che sento da anni un po’ figlia del concetto veterosocialista secondo cui dovremmo essere tutti “alla pari” in ogni cosa

  8. È fastidiosa (nonché pericolosa) questa tendenza a identificare Google come un servizio pubblico e come sola incarnazione di Intrnet. Google può benissimo decidere di far uscire solo i risultati che piacciono alla figlia del CEO. È un’azienda che deve rendere conto ai suoi azionisti, cosa che fa egregiamente. Non ha nessuna responsabilità verso chi indicizza. L’Europa sta cercando di colmare il divario tecnologico immenso che ormai la separa dagli USA a colpi di regolamenti invece di proporre un’alternativa concorrenziale.
    Amazon fa la spedizione gratuita? Vietiamo! (in Francia). Google ha un utile servizio di News? Vietiamo! (in Spagna). Google racconta i fatti online? Oblio! (un po’ ovunque ma l’Italia ci tiene molto ai suoi smemorati). Questo attegiamento non solo non serve a niente, ma ostacola lo sviluppo in modo drammatico e porta a giustificare una rete non neutrale per “difendere” i consumatori. La verità è che l’elefantismo europeo ha già colpito duro, non è un caso se tutte queste aziende nascono oltre oceano, non mancano certo i geni in Europa (Tim Berner-Lee, Linus Torvalds). Ma per potersi sviluppare devono combattere il mostro dei regolamenti e finiscono col soccombere. L’Europa deve imparare cos’è la libertà e lasciare da parte la follia regolatoria tipica di chi è terrorizzato dalle novità.

  9. Non voglio passare per quello che difende Google e quindi ribadisco che:
    1) secondo me è fondamentale che Google indichi se per il posizionamento di un certo risultato ha preso soldi o meno (ads) e se lo fa anche per il ranking organico la considero una truffa nei confronti degli utenti che sono indotti a pensare che non sia così.
    2) secondo me il raggio di azione di Google VA LIMITATO ma le azioni fatte o ipotizzate dall’europa fino ad ora sono risibili e penso che sarebbero dannose per tutti (per gli utenti e per altre aziende che vivono su internet e che si troveranno schiave di norme pensate per google ma applicate a loro) se messe in pratica.
    (quindi in questa causa secondo me Unilibro perde senza ombra di dubbio e non vedo alternative plausibili)
    La mia convinzione è che si debba definire un mercato dei dati personali: allo stesso modo in cui se fai più di X fatturato in una nazione devi registrarti fiscalmente in quella nazione forse bisognerebbe stabilire che se gestisci dati personali di più di X utenti in una determinata nazione (sarebbe meglio Europa, ma cos’è l’Europa oggi??) allora devi stabilire una sede legale nel paese e tenere fisicamente i dati di quegli utenti in quel paese. In questo modo l’italia potrebbe decidere cosa deve fare Facebook Italia, Google Italia e Apple Italia (o meglio se tutto questo lo applichiamo come Europa, che avrebbe anche il potere per farlo senza farsi emarginare).
    Il maggior controllo porterebbe maggiori entrate economiche che potrebbero essere sfruttate per incentivare la concorrenza (finanziamento dei concorrenti o di attività per sensibilizzare la scelta critica da parte dell’utente finale).
    Sinceramente non credo che sarebbe un grosso costo per Apple, Facebook, Google (Whatsapp probabilmente) e gli altri “big” dei dati personali tenere le robe degli europei in europa, sotto il controllo di una loro controllata che abbia sede in europa, che sia responsabile di quello che si fa con quei dati e che debba seguire le leggi europee e noi ne guadagneremmo in sovranità. Anche perchè spesso queste aziende hanno il loro picco di monopolio proprio in Europa, inspiegabilmente.
    Le big companies del web hanno un potere gigantesco e credo che l’europa dovrebbe prendere in considerazione che il fatto che abbiano sedi negli USA e debbano seguire la sola legge USA può essere una minaccia per la stabilità economica e politica del nostro continente europeo. Ho l’impressione che l’Europa sia il mercato che spende di più su internet (con un recente sorpasso dei big Asiatici) e allo stesso tempo quello che ne influenza meno le direzioni.

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