Quanto rendono a Facebook i dati degli utenti (un pensierino per le Telco)

calcolo fatto qui da Felix Stalder

Occasionally there is the idea that the big internet companies, which collect and monetize user data, should pay their users directly, as they are, after all, the original producers of all that data. Jaron Lanier has made this argument, among others.

So, lets make a simple calculation, based on Facebook's latest, better than expected, quarterly numbers.

users: 1,32 billion
revenue: 2,91 billion
profit: 0.791 billion

This is an incredible profit margin. Now, lets assume that Facebook would use half of that profit to pay users for their data.

395'000'000 / 1320'000'000 = .30

So, the average user would earn about 30 cents, per quarter. If it's correct that Facebook users spend 40 minutes per day on the site, then adds up to roughly 60 hours per quarter.

If you divide the 30 cents income by the 60 hours work, the you end up with an hourly-wage of $.005.

ma il calcolo da fare a mio avviso e' quanto profitto rende un'ora di visita di un utente.

790.000.000 milioni / 1.320.000.000 utenti / 60,833 (ore/trimestre) =0,0984 USDcent/ora

7 centesimi di euro all'ora, 1,5 euro al mese, 4,5 euro al trimestre.

ricordiamolo agli amici delle telco che invidiano gli OTT e vorrebbero una fetta (nanoscopica) dei profitti..

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20 thoughts on “Quanto rendono a Facebook i dati degli utenti (un pensierino per le Telco)”

  1. Non e’ che nel risultato della tua divisione si sia perso uno zero e che quindi il profitto per persona/trimestre sia di 0,45 euro (in sostanza profitto/utenti relativi al trimestre).
    O mi son perso qualcosa?

  2. FaceBook nel mese di luglio 2014 ha avuto circa 167.350.000 utenti unici, quindi in media ogni utente concorre mensilmente per 157.55 USD, pari a 121.66 EUR al cambio odierno. Considerato che in media ogni utente passa poco meno di mezz’ora al giorno su FaceBook questo significa che ogni ora “pesa” per 8,11 EUR.
    In una logica di revenue-sharing 50/50 la casalinga di Voghera potrebbe permettersi di pagare un’ora di colf con 2 ore di FB.

  3. Mi era sfuggito che i 167 M fosseeo relativi al solo mercato nordamericano. A questo punto tenendo conto che il Nord America “pesa” 4 volte il resto del mondo ed assumendo la classica distribuzione 20% NA/ 80% RoW potremmo dire che l’americano medio contribuisce mensilmente per circa 1 euro, mentre il resto del mondo contribuisce per 26 centesimi. Direi che nemmeno alla casalinga di Chester’s Mill converrebbe passare tempo su FaceBook anche se la pagassero! 🙂

  4. Lo supponevo qui: http://blog.quintarelli.it/2012/12/un-libro-%C3%A8-un-libro-%C3%A8-un-libro.html#comment-6a00d8341c55f253ef017ee66d9d43970d
    Riguardo all’emendamento relativo alla modifica legislativa nell’ordinamento nazionale faccio rilevare che sarebbe inutile (e fors’anche controproducente per le ragioni espresse nei commenti a questo post: http://blog.quintarelli.it/blog/2013/10/robe-da-matti-sulla-censura-dei-libri-in-usa.html ). Un risultato concreto si potrebbe raggiungere solo con una revisione e contestuale omogeneizzazione delle aliquote di tutti gli Stati UE. E’ l’ennesima conferma che la moneta unica non basta più, bisogna procedere celermente verso gli Stati Uniti d’Europa con legislazioni uniche per la difesa, il fisco e la giustizia.

  5. […] peccato che non sia vincolato alla reintroduzione di diritti ai cittadini associando la riduzione dell’IVA ad una licenza d’uso che consenta di prestare, regalare, rivendere libri digitali usati […] io presentero lunedi un emendamento in tale senso.
    bravo 🙂
    (comunque, per rispondere a Eurolegal, dal 2015 non importa più quali aliquote abbiano le varie nazioni, visto che si pagherà l’Iva corrispondente alla nazione dell’acquirente… il che significa anche che con buona probabilità anche le accuse contro Francia, Germania e Lussemburgo cadranno)

  6. Premessa: sacrosanta e condivisibile la posizione sui DRM, contrario all’IVA agevolata su un fattore limitante come il DRM.
    Secondo me la storia dell’IVA sugli ebook della UE è un po’ come la storia della lunghezza delle banane: ci si concentra sui dettagli per non affrontare i veri problemi. Uno Stato dovrebbe essere libero di decidere di modulare l’IVA e le tasse come vuole, la UE dovrebbe vigilare sul totale del gettito, non sulla sua modulazione.
    Mi direte “ma così uno stato potrebbe fare dumping su una categoria merceologica” vero, ma lo fa su una, sue, poche. Se ogni Stato facesse dumpig su poche categorie diverse tra loro ci guadagnerebbero i cittadini consumatori che andrebbero a prendere le cose dove costano meno. Si crea mercato, concorrenza. LA UE deve solo dare poche regole chiare, non rompere le scatole sui dettagli.
    E’ un regime fiscale completamente diverso, ma ogni Stato USA ha un’IVA diversa dagli altri e in alcuni Stati alcune categorie sono pure esenti (ricordo un cappellino acquistato in Massachussets senza Zio Sam con il negoziante che mi diceva “qui da noi non si tassano i vestiti!”) eppure non mi sembra che ci siano problemi.

  7. premesso che concordo pienamente sulla necessita di ripristinare INTEGRALMENTE i diritti degli acquirenti sulle opere elettroniche annoto che il tema tassazione a livello europeo a mio avviso presenta più di una criticità.
    Mi spiego con una domanda: come è possibile che l’adozione dell’IVA al 4% produca una infrazione mentre un accordo con una multinazionale per tassare i profitti all’1% (mi riferisco al caso junker) non produca alcuna sanzione?
    sono solo io che trovo la faccenda totalmente inaccettabile?

  8. … in ogni caso gli editori non sono interessati ad abbassare il prezzo del loro prodotto ebook perché mette in pericolo quello che resta comunque il loro core business. Tutta la macchina editoriale non è interessata. Forse lo è l’autore, forse. Il consumatore, il lettore non è cosi sensibile all’argomento. Quando vedrò un bestseller in carta con prezzo eBook inferiore del 60% allora vorrà dire che gli editori hanno cambiato idea. Si, maggiore diffusione dell’eBook a basso prezzo potrebbe creare più lettori anche di libri_veri e questo può spiegare che alcuni imprenditori siano favorevoli. Ma in sostanza mi sembra un argomento per cui non spiego tutta questa “politica”…

  9. quoto pienamente Bortolotto: “come è possibile che l’adozione dell’IVA al 4% produca una infrazione mentre un accordo con una multinazionale per tassare i profitti all’1% (mi riferisco al caso junker) non produca alcuna sanzione?”.
    e comunque bisognerebbe ridurre le norme e non aumentarle: non capisco perchè sia necessario fare nuove norme su questo aspetto. La norma che mette il 4% sui prodotti editoriali non prevede che ci sia il 4% di IVA su un servizio di abbonamento ad una biblioteca e quindi non vedo perchè dovrebbe applicarsi ad un servizio di abbonamento alla lettura di un testo in formato digitale. Se invece l’ebook mi viene venduto e diventa mio (al pari di un libro cartaceo) non vedo perchè non dovrebbe già essere incluso nella definizione. La norma attuale mi sembra evidenzi già che non è la forma a determinare la tassazione (una agenda, il bilancio di una azienda vengono infatti esclusi dalla categoria “libri”) e quindi un “libro elettronico” è un libro. Non mi pare vi sia una restrizione esplicita sui materiali e la forma che deve avere un libro per essere identificato come tale.
    Tra l’altro se un ebook venduto sotto forma di licenza di lettura di un contenuto può avere la tassazione al 4% allora anche l’abbonamento ad un sito con aree riservate che includano documenti di notizie o racconti dovrebbe subire la stessa tassazione. L’abbonamento ad una newsletter che mi manda una poesia al giorno dovrebbe nuovamente subire la stessa tassazione: no?

  10. Cercando di capire di più sulle modifiche alla gestione IVA intra-UE forse ho capito il senso della “violazione” secondo l’UE: dal 1° gennaio 2015 nella vendita di servizi e di beni digitali a privati tra paesi UE chi vende deve applicare l’IVA del paese dell’acquirente (e pagarla a quel paese). Per “semplificare” una azienda può registrarsi al MOSS e pagare tutte le “IVA” nel proprio paese che poi le verserà ai rispettivi paesi). In quest’ottica è forse importante che su beni digitali e servizi vi sia una unica IVA, altrimenti diventa il delirio totale: altrimenti per vendere ad un privato di un’altra nazione, oltre alla sua aliquota IVA dovresti conoscere tutti i casi particolari di quel paese….
    Tra l’altro il documento che ho letto dell’agenzia entrate dice che un extra-ue che vende ad un privato UE deve registrarsi almeno in un paese UE e pagare l’IVA del paese dell’acquirente tramite il MOSS di quel paese. Il documento dice che questa non è una novità ma che era già così… che io ricordi non mi è mai successo comprando servizi o beni digitali dagli USA che mi facessero pagare la nostra IVA.

  11. Microsoft che supporta Arduino, Google che vede il futuro nei microcomputer.
    E se ti guardi attorno, dopo Arduino e’ un fiorire di questi microdevice programmabili a basso costo, ce n’e’ uno nuovo la settimana. Onion Omega (https://onion.io/) ha tirato su 260.000 dollari su kickstarter (66 sono miei).
    Sto vedendo in questa classe di device il fermento che mi ricorda quello che succedeva nei primi anni 80 quando ogni mese usciva un computer nuovo.

  12. anche questo è un progetto che merita attenzione.
    https://www.kickstarter.com/projects/1598272670/chip-the-worlds-first-9-computer
    Un nuovo progetto di apparecchiatura su cui sto lavorando usa Android per l’interfaccia utente e schede non custom per far girare la parte UI del sistema.
    Se calcolate che l’apparecchiatura in questione occupa lo spazio di un foglio A4.
    L’idea mi è sembrata ovvia quando sono state date le specifiche di massima del sistema (touch screen per interfaccia utente, ingombro minimo, elettronica facilmente reperibile e sostituibile senza dover riscrivere in mondo intero …).
    Come ha già detto Luigi questi device hanno il fascino dei microcomputers degli anni 80. Forse perchè erano complessivamente più a misura d’uomo ?

  13. Personalmente da un po’ di tempo, per la “Internet o things” vedo molto lanciato un chip (ESP8266), che permette schedine wifi programmabili a 3$ per quantità uno e con un po’ di I/O.
    ad un prezzo cosi’, praticamente e’ un oggetto usa e getta.
    vincente, secondo me, inoltre e’ l’apertura delle specifiche che ha permesso di creare una community di “smanettoni” piuttosto vivace.

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