Processo Foodora, mezza vittoria dei rider: “Vanno trattati come dipendenti della logistica con ferie, tredicesima e malattie pagate”

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Foodora, accolto dalla Corte di Appello di Torino il ricorso di cinque ex rider

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Un colpo di scena al processo per i cinque ex fattorini, che erano stati allontanati dall’azienda di food delivery dopo le proteste di piazza per le questioni relative alla paga oraria. I rider avevano chiesto il reintegro e l’assunzione ma su questi punti anche il giudice dell’appello non ha dato loro ragione, così come ha respinto la richiesta di risarcimento per presunte violazioni della privacy attraverso la app dello smartphone con cui venivano assegnati gli incarichi.
Ma la vittoria significativa per gli avvocati Sergio Bonetto e Giulia Druetta riguarda il risarcimento dei pagamenti e dei contribuiti previdenziali non goduti. La Corte ha riconosciuto «il diritto degli appellanti a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all’attività lavorativa da loro effettivamente prestata in favore di Foodora sulla base della retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del quinto livello del contratto collettivo logistica-trasporto merci dedotto quanto percepito». Inoltre, l’azienda tedesca – che è stata poi acquisita dalla spagnola Glovo – dovrà riconoscere ai cinque fattorini un terzo delle spese di lite, che complessivamente tra primo e secondo grado ammontano a poco meno di 30mila euro.”È una prima risposta a questa giungla di aziende che tentano di eludere le leggi per pagare una miseria i lavoratori, trattandoli come schiavi. Il giudice ha equiparato i rider a dei fattorini e quindi anche per loro vale il contratto di lavoro subordinato, con richiamo all’articolo 2 del Jobs Act – afferma l’avvocata Druetta – Non si può fissare una retribuzione minima non tenendo conto delle tutele per i lavoratori: questa è una sentenza ragionevole, anche se ci sono ancora delle cose da discutere, in primis il licenziamento”.La vicenda processuale dei fattorini di Foodora ha suscitato anche reazioni da parte della politica. “Bene la sentenza che dà più tutele ai rider, ignorati dal governo. Adesso approvare presto la legge per il salario minimo legale #Foodora”, ha scritto su twitter Maurizio Martina, candidato alla segreteria Pd. “Si è stabilito un importante principio che, mi auguro, farà scuola”, ha esordito Cesare Damiano, leader dei Laburisti Dem. In aula era presente anche Paolo Furia, segretario regionale del Pd in Piemonte: “Il partito democratico è mancato per troppo tempo da alcuni scenari di conflitto e di tensione in materia di lavoro – ha affermato Furia – Un ragazzo mi ha contestato perché il Pd ‘li ha lasciati soli’ e, da precario trentenne, la contestazione di un coetaneo incazzato mi ha fatto male. Ma è pure vero che non basta un approccio di governo per risolvere i problemi. Ci vuole anche che qualcuno si faccia carico di rappresentare delle istanze. La gig economy è un universo relativamente nuovo che dovrebbe essere al centro delle riflessioni, degli approfondimenti e dell’impegno di una forza politica che voglia restituire dignità al lavoro e rendere più giusta, oltre che più performante, l’economia”.”Finalmente il giudice ha riconosciuto alcune semplici verità: chi è diretto e organizzato da un datore che trae profitto dalla sua fatica, è un lavoratore, a tutti gli effetti subordinato. Altro che lavoretti”. Lo affermano il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali e il capogruppo di Leu alla Regione Piemonte, Marco Grimaldi. “Se per aver protestato – proseguono i due esponenti della sinistra – si perde la possibilità di continuare a lavorare significa che si è stati licenziati. Se ciò è avvenuto a causa delle proprie idee sgradite, si tratta di discriminazione e si ha diritto a essere indennizzati. E questo a prescindere dal fatto che vi sia di fatto un caporalato digitale che fa a meno dei contratti collettivi e paga a cottimo. Un passo alla volta. Ma questo è un passo importante per il riconoscimento dei diritti sacrosanto di persone che nel nome di una falsa modernità di fatto sono e sono stati i nuovi schiavi del terzo millennio”.Un successo, questa sentenza, anche per i sindacati. Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, ha chiesto che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio riconvochi subito il tavolo sui rider “così da costruire definitivamente un accordo collettivo che generalizzi i principi oggi stabiliti a Torino. La sentenza riconosce ai rider le stesse spettanze e tutele del contratto nazionale della logistica come la Cisl, insieme a Cgil e Uil, ha sempre chiesto”. «Un’ottima notizia per una sentenza che valorizza la nostra scelta di aver inquadrato per la prima volta in un contratto nazionale la figura del rider”. “Ora – incalza la Filt Cgil – serve proseguire e concretizzare il percorso di inclusione dei rider nel contratto nazionale della logistica, proteggendo e valorizzando il loro lavoro”.

© Riproduzione riservata
11 gennaio 2019

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